Dopo circa tre anni dai primi leak al riguardo, sono stati pubblicati ulteriori screenshot di una plausibile mappa di Left 4 Dead 3, il seguito del fortunatissimo sparatutto cooperativo di Valve e Turtle Rock che venne cancellato intorno al 2017.
Left 4 Dead 3 però è solo l’ennesimo esempio del cambio di politica di Valve, che è passata dall’essere una delle software house più all’avanguardia ed innovatrici del settore a gestire la più grande piattaforma di digital content videoludico del mondo. Come si è arrivati a questo, e c’è una qualche speranza che l’azienda di Gabe Newell torni a sfornare capolavori, o rimarrà per sempre l’obiettivo di simpatici memi e scherzi con al centro il numero 3?
Anno 2013. Valve è sulla cresta dell’onda col successo di Steam e del nuovo capitolo di Counter-Strike che mostra i muscoli con la nuova versione del Source Engine, ma per l’azienda tutto ciò non è abbastanza. Inizia così lo sviluppo di un nuovo motore proprietario, il cosiddetto Source Engine 2, e contemporaneamente parte anche l’incipit di quello che sarebbe potuto diventare Left 4 Dead 3.
Il progetto era ambizioso: Left 4 Dead 3 avrebbe preso luogo in diverse parti del mondo, introducendo quattro nuovi protagonisti e riportando altri quattro dei vecchi personaggi dei due precedenti capitoli. Oltre a ciò, Valve stava sviluppando un vero e proprio sistema di classi e progressione dei personaggi non del tutto dissimile da quello di Team Fortress 2, con il quale dare maggior brio alle campagne.
Altra grandissima feature che avrebbe dovuto portare avanti le vendite del titolo sarebbe stata una completa implementazione della VR, con giocatori capaci di connettere i propri visori e giocare a Left 4 Dead 3 in qualunque momento in realtà virtuale, senza alcun limite o modifica al gameplay.
È stato appurato che numerosi screenshot degli anni passati ed i leak attuali sono collegati, per l’appunto, ad un misterioso file presente in una tech demo virtuale del Source Engine pubblicata da Valve nel 2016, ed alcune mappe, texture ed i pochissimi modelli al suo interno sarebbero legati a Leaft 4 Dead 3.
A quanto pare, l’intero progetto non solo di Left 4 Dead 3, ma dello sviluppo del Source 2.0 ha richiesto molte più risorse del previsto, e dopo molti anni di development hell Valve ha deciso di abbandonare completamente il progetto intorno al 2017, per via di complicazioni nello sviluppo del motore grafico. Con ogni probabilità, l’incapacità di creare un nuovo engine innovativo come il Source di Half-Life ha segnato la fine della branca di Valve dedicata allo sviluppo di videogiochi.
L’ultimo videogioco sviluppato interamente all’interno di Valve è stato Artifact, il gioco di carte collezionabili ambientato all’interno dell’universo di Dota 2 che purtroppo non sta riscuotendo molto successo. Prima di Artifact, bisogna tornare indietro proprio nel 2013 per scovare gli ultimi titoli della software house, ovvero l’anno dell’inizio del disastroso progetto Source 2.0.
Probabilmente fu da quest’anno in poi, quando Internet capì che non esistevano fonti e prove certe dello sviluppo del terzo capitolo o terzo episodio dell’attesissimo Half-Life 3, o di Portal, Team Fortress o appunto Left 4 Dead, che la corrente dei meme sull’incapacità di Gabe Newell di contare dopo il 2 prese finalmente piede a livello globale.
Ma oltre all’origine del meme più inflazionato della storia del medium videoludico, quella di Half-Life 3 sembra esser una realtà semplicemente non produttiva e conveniente per Valve. Il colosso ha già capito agli inizi della decade scorsa che il digital download sarebbe stato il futuro, ed ha preferito puntare quasi tutte le sue carte su questa strada finché poteva.
L’incredibile monopolio che Valve ha sugli store digitali di videogiochi che solamente adesso sta venendo sfidato da realtà come Epic Games deriva proprio dalla decisione della compagnia di virare sulla distribuzione o al massimo pubblicazione, anziché lo sviluppo in prima persona.
Ciò però non significa che Valve ha per sempre appeso il chiodo dello sviluppo alla parete. La costante minaccia e crescita dei competitors potrebbe spingere l’azienda di Bellevue a riconsiderare i propri passi, e gettarsi nuovamente nella creazione di videogiochi. Inoltre, l’interesse che Gabe aveva per la realtà virtuale potrebbe spingerlo a crearvi software appositi, sebbene tutta Valve è del parere che il VR è ben lontano da diventare una “realtà” comune a tutte le masse in quanto ancora proibitiva in termini di costi e utilizzo.
Vedere le prove di un fallimento così grande di Valve fa riflettere, e forse è ancora un po’ troppo presto per sperare nel ritorno della software house che ha contribuito a creare il medium videoludico per come lo conosciamo oggi, ma non è neanche del tutto scontato che sia impossibile. Restate con noi per ulteriori aggiornamenti.
This post was published on 20 Aprile 2019 0:34
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