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Capcom: indizi su RE3 Remake | Continua la sua rinascita

Che Capcom abbia intenzione di regalare ai fan un’altra gioia con il remake di Resident Evil 3, anche se sviluppato probabilmente da un altro team, è ormai il segreto di Pulcinella. Gli indizi vengono disseminati dalla stessa software house giapponese, come l’immagine pubblicata su Twitter in cui vediamo Claire, in una fase di RE2 Remake intenta a fissare una parete del tutto distrutta.

Sappiamo benissimo chi è stato ad abbattere la parete, e no, non è stato Mr. X, il Tyrant che ci insegue proprio nel secondo capitolo, perché non ancora apparso in quel punto dell’avventura, ma il suo collega, il Nemesis. Il villain stalker del terzo capitolo “appare” dunque in veste di easter egg che potrebbe preannunciare il ritorno del capitolo con protagonista Jill Valentine.

E se tre indizi fanno una prova, possiamo affermare che di indizi ce ne sono già a sufficienza per dare per definitiva la rinascita di Capcom.

Perché parliamo di rinascita? Be’, i veterani dei titoli Capcom lo sanno bene: il developer nipponico ha trascorso un periodo no facendolo passare anche a noi, a causa di scelte scellerate, sì, termine un po’ forte, ma tali rimangono, legate alla proprie serie di punta, in primis proprio Resident Evil.

Capcom: gli anni d’oro e la rivalità con Konami

Chi scrive è cresciuto con i videogiochi Capcom che hanno dettato legge negli anni ’90 e agli inizi degli anni 2000. All’epoca gli zombie di Resident Evil e i dinosauri di Dino Crisis riempivano i pomeriggi di milioni di giocatori lasciando poco spazio ai dubbi: Capcom era tra i leader incontrastati del settore.

La sensazione di essere di fronte a una sorta di re Mida che trasformava in oro tutto ciò che toccasse fu amplificata quando gli action poterono annoverare tra le loro fila altre due gemme dal valore inestimabile: Devil May Cry e Onimusha. Ovunque ci girassimo, trovavamo titoli Capcom da spolpare e le delusioni non erano contemplate.

Nel genere del survival horror, Capcom poi dovette affrontare la concorrenza di un altra software house giapponese, quella Konami che ci ha regalato la serie di Silent Hill. Lo dico francamente: ho sempre preferito Silent Hill a Resident Evil perché quel tipo di trasposizione dell’orrore era più vicina al mio io. I miei amori giovanili, insomma, vertevano in quelle due direzioni.

Konami non solo diede i natali a Silent Hill, fu anche divulgatrice di una delle serie più influenti della storia dei videogiochi, Metal Gear Solid, era leader del calcio su console con Pro Evolution Soccer, titolo che massacrava Fifa un giorno sì e l’altro pure, aveva Castlevania nel suo curriculum e ci deliziava con prelibatezze uniche come Shadow of Memories.

Quella rivalità faceva bene a tutti, al settore e ai giocatori e non è un parere personale, i fatti parlano chiaro.

Come non è un parere personale il fatto che Konami abbia avuto un tracollo davvero indecoroso, tanto da essere arrivata a uscire quasi completamente dal giro per puntare sui pachinko, come vengono chiamate le slot machine in terra d’Oriente.  Ecco, la stessa Capcom ci stava cascando e stava per buttare alle ortiche anni e anni di onorata carriera.

Capcom, che stavi combinando?

Non vogliamo prendercela con Capcom per aver abbandonato le serie di Onimusha e Dino Crisis, d’altronde la fine di una saga può anche essere fisiologica. Abbiamo iniziato l’articolo parlando del remake di Resident Evil 3, ebbene, è proprio sulla serie zombesca per eccellenza che la casa di sviluppo stava per accartocciarsi e tradire se stessa e i suoi fan.

Se Resident Evil 4 aveva messo tutti d’accordo: amanti dell’horror e fan dell’azione nuda e cruda, i capitoli successivi avevano fatto sorgere il dubbio che agli sviluppatori fosse venuta una strana crisi mistica o, semplicemente, volessero accalappiare un numero maggiore di giocatori non avvezzi a enigmi e backtracking, ma solo al rumore assordante dei mortai.

Resident Evil 5 è ancora accettabile, anche se Chris deve smetterla di doparsi, ma il sesto capitolo, nonostante le ottime vendite (e ritorniamo all’accalappiamento di cui sopra) è forse il punto più basso toccato… ah, no, ci sono anche Operation Raccoon City e Umbrella Corps con una spruzzata di Revelations.

Le esequie di Capcom stavano per avere luogo, poi…

… un moto d’orgoglio

Abbiamo parlato nel primo paragrafo di indizi che fanno una prova. Capcom sta rinascendo? Sì, gli indizi sono ormai tanti (la remaster di Onimusha Warlords quasi non la conto perché a parte l’appello alla nostalgia, c’è poco altro, di diverso avviso sarei stato con un remake – ma chi ci dice che non sia il preludio al remake di Onimusha 2?).

Il primo indizio è Resident Evil 7 che non è stato apprezzato da tutti. Non è un RE, la prima persona non va bene… sì, tutto molto condivisibile, più o meno, ma così facendo si distoglie l’attenzione dal vero punto fondamentale della questione: Capcom ha capito di aver ridotto quasi in cenere una saga storica e ha deciso di rimboccarsi le maniche. Resident Evil 7 è un survival horror coi fiocchi e non possiamo non tenerne conto.

Il secondo indizio è il remake di Resident Evil 2, il miglior rifacimento di sempre, probabilmente. Vedi, Capcom, che non hai perso il tocco? Allora usalo!

Il terzo indizio è Devil May Cry 5, action che verrà ricordato a lungo come un titolo di punta del 2019. Leggendo la recensione capirete il perché.

Eccoli, tre indizi che fanno una prova. Capcom sta rinascendo e vuole riprendersi il posto che le spetta.

This post was published on 19 Aprile 2019 11:10

Michele Longobardi

Laureato in Lettere moderne, scopro la passione per il giornalismo quasi per caso. I videogiochi sono il mio più grande amore e così decido di coniugare le due cose. Il giornalismo videoludico diventa la mia forma finale. Per me i videogiochi sono una forma d'arte e guai a dirmi il contrario. Appassionato di tutto ciò da cui sgorga sangue: cinema horror (registi preferiti Argento e Romero), letteratura gialla e dell'orrore (autori preferiti Christie, Poe e Lovecraft) e ovviamente i videogiochi del genere (Silent Hill e Resident Evil sopra ogni cosa). Il mio videogioco preferito di sempre è Fahrenheit che ho finito un numero non precisato di volte, da lì scaturisce la mia ammirazione per tutti i lavori di David Cage. La mia "carriera" videoludica è segnata da un marchio da cui non sono mai riuscito a staccarmi: PlayStation! In circa 20 anni di gaming, ho completato più di 800 titoli.

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