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Streamer di Twitch bannata per un cosplay “offensivo”

La community del gaming è stata spesso oggetto e soggetto di numerose controversie, da pro-players dalla lingua lunga e dal basso senso civico fino a discriminazioni vere e proprie nei confronti di minoranze o addirittura persone dell’altro sesso. 

L’ultimo caso a fare scalpore che riguarda il nostro medium è quello di una streamer lituana, Karina “Karupups” Martsinkevich, sospesa temporaneamente da Twitch per aver realizzato un cosplay ritenuto “offensivo” dalla politica e regole del sito di streaming più grande del mondo.

Ma quali sono i ragionamenti dietro a questi tipi di ban, e in che modo Twitch ha successo o fallisce nel moderare questi tipi di comportamenti sulla sua piattaforma? Cerchiamo di esplorare meglio l’accaduto e capire quanto sia grave il problema del razzismo all’interno delle chat e tra i content creator del sito.

 

Blackface o semplice cosplay?

 

Al momento del ban, Karupups stava tenendo una sua stream sulla stanza “Just Chatting” mentre preparava il suo ultimo cosplay e dialogava con i fan e spettatori. Il cosplay in questione era Lifeline, uno dei personaggi selezionabili nel videogioco Apex Legends 

Il personaggio in questione è una giovane ragazza di colore, e per questo motivo Karupups, dopo essersi tinta i capelli e preparato il vestito, ha iniziato a truccarsi il volto con un fondotinta scuro che ricalcasse il colore della pelle di Lifeline.

In men che non si dica Twitch è riuscito a buttar giù la stream della ragazza ancor prima che finisse il trucco, ed ha sospeso il suo account per trenta giorni ricevendo il famoso primo “strike” al canale.

 

 

Karupups ha in seguito ricevuto la comunicazione che il suo canale è stato sospeso “per aver avuto una condotta irrispettosa nei confronti di persone o gruppo di persone“. Ciò è probabilmente avvenuto perché i moderatori di Twitch hanno associato il trucco della ragazza al Blackface, la pratica tipicamente retrograde ed apertamente razzista utilizzata nel teatro del XIX secolo e perfino nel cinema del XX secolo.

Il Blackface appartiene ad un’era in cui la società era apertamente razzista nei confronti delle minoranze, a causa di studi e modalità di pensiero che ritenevano i bianchi esseri superiori, ed era una forma espressiva applicata un po’ ovunque, sia nelle caricature che nel mondo artistico. Non c’è da stupirsi, quindi, che i moderatori di un sito appena vedano qualcosa di remotamente simile al Blackface abbraccino il banhammer.

 

 

Subito dopo l’accaduto, Karupups ha comunicato tramite social network le sue intenzioni iniziali e si è scusata pubblicamente:

Volevo solamente assomigliare di più a Lifeline di Apex…non aveva l’intenzione di essere uno scherzo di cattivo gusto per nessuno. Era solamente un cosplay di un personaggio di un videogioco. Non volevo esser offensiva nei confronti di nessuno, e se così è stato mi scuso per il comportamento nella mia stream. 

 

Un problema generale ed una soluzione marginale

 

L’accanimento della chat di Twitch nei confronti di Terence Miller, uno dei pochi giocatori professionisti all’interno di Hearthstone

 

Ogni giorno Twitch raggiunge vette di oltre un milione di spettatori in contemporanea suddivisi in altrettante trasmissioni. Potete immaginare dunque l’enorme titolo di sospensioni e ban definitivi che i moderatori attuano costantemente.

Come per il caso di Karupups, però, una buona percentuale di questi utenti sono stati probabilmente bannati a causa di footage o dichiarazioni estrapolate fuori contesto che violano i Termini di Servizio e le Linee Guida della Community di Twitch. Proprio per questi casi molto comuni vi è una forma di ricorso a cui gli utenti possono attenersi per annullare il proprio strike ingiustificato.

Il problema di fondo è che questa moderazione avviene esclusivamente per i canali e gli streamers mentre le chat, soprattutto quelle dei canali più grandi, sono libere di esprimersi oppure sono moderate da bot e affiliati al content creator.

E spesso sono proprio le chat di Twitch a nascondere le tendenze, le mentalità e le sub-culture più tossiche ed abbiette.

 

 

Chiunque può concordare che un’eccessiva moderazione e limitazione della libertà d’espressione in un sito come Twitch può portare a pesanti penalità e perdite di views. Le stream senza interazione sono spesso poco seguite, ed i big della piattaforma questo lo sanno.

Proprio per questo conviene loro evitare approcci troppo drastici sulla limitazione della chat, in modo che le migliaia di fans che li seguono possano esprimersi come vogliano senza venir puniti.

A causa di questo comportamento, le chat dei più grandi canali di Twitch sono il luogo di nascita di alcuni dei memi e delle inside jokes più esplicativi del problema del razzismo: abbiamo ad esempio il TriHard meme, l’emoticon simbolo della chat di Twitch che dimostra quanto un semplice adesivo raffigurante uno streamer possa venir inteso come un insulto ed una presa in giro nei confronti dei content creators o pro-players di colore. 

Altri casi simili è lo spamming dell’emoticon del cestino di pollo fritto ogni volta che in una stream di Dota 2 qualcuno sceglie come personaggio Monkey King, implicando una connessione tra lo stereotipo della persona di colore che ama il pollo fritto ed una scimmia.

 

xQcow, noto streamer e pro player di Overwatch, è stato sospeso numerose volte dalle competizioni per atteggiamenti e commenti razzisti

 

Twitch non ha i mezzi per agire concretamente su queste gigantesche pool di individui che si divertono con scherzi e memi che trapassano le regole della trasmissione. Se agisse col pugno di ferro influenzando o costringendo gli streamers ad una moderazione più aggressiva, finirebbe per allontanare molti spettatori o addirittura fare il gioco di questi troll, che come è già successo si lamenterebbero di esser stati cacciati per aver postato una semplice ed innocente emoticon.

Tutto ciò va anche a danneggiare la scena competitiva degli esports, che sfrutta Twitch ed altre piattaforme per organizzare e trasmettere i propri eventi e che sono continuamente tartassati da questo genere di disagi.

Giornalisti e presentatori hanno spesso espresso il proprio parere dicendo come non si possa considerare un’emoticon razzista o offensiva, e di come tutti i problemi nati da queste situazioni abbiano origine dalla visione del mondo bigotta delle vittime.

 

 

 

Sarebbe meglio agire ancor più preventivamente, rischiando di andare a danneggiare il mondo dello spettacolo di Twitch, oppure è giusto lasciare una libertà di azione così ampia nelle chat e permettere la proliferazione di simili idee e trends?

 

 

This post was published on 16 Aprile 2019 17:03

Riccardo Liberati

Classe 1997, cresciuto immerso dai libri, cartoni e videogiochi, ho sempre desiderato e provato fin dalla tenera età a creare storie fantasiose che rendessero un po' più brillante la mia vita monotona. Ho trascorso l'infanzia in solitaria, giocando a quanti più titoli possibili, spaziando dai vecchi J-RPG di Square Enix fino ai più violenti sparatutto su PC, non disdegnando nel frattempo RTS, platform e giochi di corse automobilistiche. Alle superiori riesco finalmente ad aprirmi e a trovare dei compagni con i miei stessi gusti e sogni, e capisco che non amo tanto i videogiochi, quanto la cultura ed i messaggi dietro di essi, gli stessi che ho sempre trovato nei libri, film e qualsiasi altro tipo di medium artistico. Inizio a lottare per questo concetto scrivendo all'impazzata ed accrescendo la mia cultura ancor di più, sia attraverso la scuola che attraverso gli incontri e le persone d'ogni giorno. Questo bel sogno finisce con l'arrivo all'università, periodo peggio di qualsiasi film horror che abbia mai visto e che mi costringe a mollare tutto e rifugiarmi nella mia Fortezza della Solitudine per tre anni, perdendo interesse e linfa vitale per qualsiasi cosa. Nel frattempo ho lavorato in numerosi settori, dall'aiuto vendita al libraio al tutor privato, e nel 2018 inizio a scrivere per Player.it, il mio primo incarico ufficiale come giornalista videoludico e che mi ha formato moltissimo sia nell'ambito dei videogiochi che in quello della scrittura basilare. Oggi ho ripreso a studiare grazie alla scelta repentina ed irrazionale di iscrivermi alla Scuola Holden di Torino, luogo da cui vi scrivo, abbandonando casa per la prima volta ed il luogo natale di ogni mio piccolo successo e grande fallimento. La mia speranza? Quella di poter riuscire a trovare una strada ben delineata, facendo quello che mi piace fare senza dovermi sottomettere a nessuno

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