Nel corso della giornata di oggi l’ente che lavora ai metodi di classificazione utilizzati per il PEGI ha annunciato l’arrivo di un nuovo simbolo che andrà ad indicare i videogiochi con le microtransazioni al loro interno. Questo simbolo sarà il primo ad apparire fisicamente sulle varie copertine che verranno poi vendute al pubblico all’interno del classico mercato retail dei negozi fisici.
Vediamo insieme il perché di questo passo e perché è davvero importante.
Il potenziamento del PEGI contro gli acquisti compulsivi.
Ad annunciare questo piccolo cambiamento è stato Simon Little, managing Director di PEGI che ha parlato di come sia importante far capire ai genitori la presenza di microtransazioni all’interno dei titoli in questione, in modo da fare un importante primo passo nel tentativo di sensibilizzare il consumatore.
“Siamo a conoscenza del fatto che i genitori siano in grado di utilizzare una serie di differenti metodologie per controllare le spese e gli acquisti dei propri figli. Per questo motivo crediamo che apporre un simbolo sulle copertine di determinati videogiochi sia un importante primo passo per trasformare le prime esperienze online dei piccoli consumatori in viaggi sicuri e privi di rischi legati al consumo di denaro. Questo ovviamente non preclude la necessità di dialogo tra genitore e figlio; questo permette di creare un ambiente in cui entrambe le parti possono sentirsi a loro agio per sviluppare un rapporto sano tra medium e fruitore dello stesso.”
Il nuovo simbolo del PEGI apparirà entro la fine dell’anno e sarà applicato a qualsiasi titolo possieda al suo interno microtransazioni di qualsiasi tipo, siano esse estetiche o importanti ai fini del gameplay. Al momento non abbiamo ancora una rappresentazione grafica per il nuovo simbolo.
“Questa nuova simbologia servirà anche ad aiutare quei genitori che non hanno molta familiarità con il medium videoludico e che per la prima volta potranno comprendere in anticipo la tipologia di contenuti presenti all’interno del titolo prima dell’acquisto. Sono informazioni basilari ovviamente ma che prima di questo momento spesso non erano nemmeno esplicitate”.
Una decisione sensata da parte del PEGI.
Nel corso degli ultimi anni come consumatori abbiamo sicuramente assistito ad una crescita esponenziale dei titoli che, al loro interno, presentano microtransazioni e varie tipologie di acquisti con soldi reali. Secondo un recente sondaggio svolto da IPSOS solo due genitori su cinque sono al corrente del fatto che i propri figli possono spendere soldi reali all’interno dei videogiochi con cui si divertono.
Sempre secondo lo stesso sondaggio otto genitori su dieci sono favorevoli a tale tipo di spesa, previo un qualche tipo di accordo: il 60% dei bambini chiede il permesso ai loro genitori, il 31% dei bambini si attiene ad un limite di spesa, il 25% dei genitori controlla direttamente i saldi delle carte di credito e il 28% utilizza le funzioni di parental control messe in piedi da vari servizi e dalle varie console. (NDR: le percentuali superano ampiamente il 100% perché alcuni genitori utilizzano più di un metodo per controllare i propri figli)
Come ben sappiamo titoli come Fortnite hanno fatto ricavi indescrivibili attraverso le microtransazioni presenti all’interno del titolo e più recentemente abbiamo avuto dei casi di titoli dove giocatori si sono ritrovati a spendere centinaia e centinaia di dollari nel corso di una semplice annata, nonostante il titolo fosse un free to play.
Molte aziende considerano le microtransazioni come una spiacevole consuetudine, altre volte non tengono conto dei soldi spesi alla fine della fiera, altre volte ci ritroviamo con giochi che vanno cambiati in modo radicale al fine di essere ribilanciati per un gameplay privo di microtransazioni.
Voi cosa ne pensate delle microtransazioni? Aggiunte innocenti (come potrebbero essere magari quelle all’interno di Devil May Cry 5) o elemento di disturbo malfunzionante (come in Fallout 76) ?
Fatecelo sapere nei commenti!