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NieR: Automata raggiunge le 3.5 Milioni di copie vendute

Square Enix ha appena dichiarato che NieR: Automata, lo spettacolare ed atipico action RPG sviluppato da Platinum Games e Yoko Taro, ha raggiunto le 3.5 milioni di copie vendute in formato fisico ed in digital delivery. 

Se si pensa che questo progetto sia nato dalla mente di un game director depresso, un producer stanco di Dragon Quest e un game designer di una compagnia allo sbando, un traguardo ragguardevole come quello di 3.5 milioni di copie sembra davvero impossibile.

L’importanza che NieR: Automata ha avuto per l’industria dei videogiochi è sottovalutata da molti, ma solamente perché non si conosce tutta la storia dietro la sua produzione.

 

Il brutto anatroccolo che diventa un meraviglioso cigno

 

 

Quella della produzione di NieR: Automata è infatti una storia miracolosa, oltre che meravigliosa: Yoko Taro è uno sfortunato director dalle idee geniali ma incapaci di svilupparle a dovere, ed i suoi videogiochi sono delle opere tanto affascinanti nei temi trattati e nella trama quanto rozzi nell’esecuzione e nel gameplay.

Il suo ultimo lavoro, NieR, è un action RPG uscito nel 2010 ma che sembra provenire da una generazione vecchia di dieci anni, eppure è riuscito ad ottenere un discreto successo tra i fan più accaniti. 

Un producer di Square Enix ed amico di Taro, Yosuke Saito, era ormai stanco di lavorare e produrre dei titoli tripla A privi di spessore ed incapaci di involverlo interamente in un progetto.

Nel frattempo, un game designer di Platinum Games, Taura Takahita, sta cercando di risollevare le sorti del suo studio di sviluppo dopo un paio di titoli su licenza che non hanno ottenuto il successo sperato. 

In tutto questo vi è Square Enix che, con il suo sguardo perspicace e ricolmo d’esperienza, riesce a vedere i fili rossi che collegano queste tre persone. 

Il publisher nipponico assolda quindi Taro e la compagnia di Takahita, ed impone a Saito di spingerli a creare un gioco che abbia tutte le qualità di story telling e game design dei precedenti giochi dell’eccentrico director ma con l’eleganza e la pulizia del gameplay action che hanno reso famosi i Platinum Games. 

Nasce NieR: Automata, un titolo nato per essere un guilty pleasure per pochi, ma che invece si è tramutato in un’opera dall’impatto economico e qualitativo incredibile. Il resto è storia.

 

L’Importanza di NieR per l’intera industria videoludica

 

 

In soli due mesi dalla sua data di lancio, il 23 Febbraio 2017, il gioco ha venduto un milione di copie worldwide, un successo pazzesco e mai visto da Taro per un suo videogioco. Dopo un anno ha raggiunto la quota di 2.5 milioni di copie, e a Giugno del 2018 era arrivato a 3 milioni di copie.

L’incredibile successo di NieR: Automata è sì meritato, ma l’incredibile importanza che ha avuto per l’industria videoludica, specie in Giappone, è sottovalutato.

Questo perché NieR: Automata è, a tutti gli effetti, un gioco tripla A con l’incredibile cura e passione che solo un creativo indipendente come Taro può mettere all’interno di un videogioco.

È l’emblema di come un’industria frettolosa e spesso stantia come quella delle grandi produzioni videoludiche possa regalare perle dall’immenso valore poetico e sentimentale, se si danno i giusti strumenti ai giusti autori.

NieR: Automata ha segnato anche l’inizio di un anno d’oro per tutto il Giappone, il 2017, che grazie anche al lancio di Nintendo Switch e al rilascio di capolavori come The Legend of Zelda: Breath of the Wild e Super Mario Odyssey, hanno inaugurato quello che viene definito da molti come una sorta di “Rinascimento Orientale” per il videogioco.

Delle 3.5 milioni di copie vendute, un milione di queste sono state distribuite nel solo mercato asiatico, dimostrando l’incrollabile sostegno che i fan orientali hanno sempre avuto per l’eccentrico direttore, ma anche la capacità di conquistare i cuori dei videogiocatori che hanno creduto nel progetto.

 

Il futuro di Square Enix e del Franchise

 

 

Il merito di questo incredibile traguardo dev’essere cercato anche in Square Enix: la compagnia non solo ha organizzato un’incredibile campagna marketing nei mesi precedenti al rilascio, ma ha supportato anche il titolo con DLC, collaborazioni con altri videogiochi, progetti correlati e soprattutto porting di alta qualità.

La “Become as Gods Edition”, il porting di NieR: Automata per Xbox One uscito a Giugno di quest’anno, ha permesso ad esempio anche ai possessori dell’ammiraglia Microsoft di godere dell’incredibile capolavoro di Yoko Taro in una veste grafica migliorata.

Tutto ciò ha permesso al titolo di raggiungere quanti più videogiocatori possibili, ed ora l’idea di Square Enix parrebbe quella di trasformare NieR in un vero e proprio franchise. 

L’idea di un seguito o di un remake del primo capitolo ha sfiorato molte volte Square, ma a patto che l’IP venga maneggiata esclusivamente dal team di sviluppo di Automata. 

NieR: Automata è stato più un miracolo che un progetto, e questo non fa altro che aumentarne l’importanza e far risplendere ancor di più la bellezza del titolo. Le probabilità che Yoko Taro riesca a trovare passione ed energie per lavorare di nuovo ad un capolavoro simile sono pressoché nulle. 

Ma se quest’opera ha insegnato qualcosa ai propri videogiocatori, è la capacità di continuare ad andare avanti anche a costo di ripetere gli stessi sbagli. La speranza che il destino possa un giorno cambiare e creare un miracolo non deve mai affievolirsi.

 

 

 

This post was published on 5 Dicembre 2018 16:02

Riccardo Liberati

Classe 1997, cresciuto immerso dai libri, cartoni e videogiochi, ho sempre desiderato e provato fin dalla tenera età a creare storie fantasiose che rendessero un po' più brillante la mia vita monotona. Ho trascorso l'infanzia in solitaria, giocando a quanti più titoli possibili, spaziando dai vecchi J-RPG di Square Enix fino ai più violenti sparatutto su PC, non disdegnando nel frattempo RTS, platform e giochi di corse automobilistiche. Alle superiori riesco finalmente ad aprirmi e a trovare dei compagni con i miei stessi gusti e sogni, e capisco che non amo tanto i videogiochi, quanto la cultura ed i messaggi dietro di essi, gli stessi che ho sempre trovato nei libri, film e qualsiasi altro tipo di medium artistico. Inizio a lottare per questo concetto scrivendo all'impazzata ed accrescendo la mia cultura ancor di più, sia attraverso la scuola che attraverso gli incontri e le persone d'ogni giorno. Questo bel sogno finisce con l'arrivo all'università, periodo peggio di qualsiasi film horror che abbia mai visto e che mi costringe a mollare tutto e rifugiarmi nella mia Fortezza della Solitudine per tre anni, perdendo interesse e linfa vitale per qualsiasi cosa. Nel frattempo ho lavorato in numerosi settori, dall'aiuto vendita al libraio al tutor privato, e nel 2018 inizio a scrivere per Player.it, il mio primo incarico ufficiale come giornalista videoludico e che mi ha formato moltissimo sia nell'ambito dei videogiochi che in quello della scrittura basilare. Oggi ho ripreso a studiare grazie alla scelta repentina ed irrazionale di iscrivermi alla Scuola Holden di Torino, luogo da cui vi scrivo, abbandonando casa per la prima volta ed il luogo natale di ogni mio piccolo successo e grande fallimento. La mia speranza? Quella di poter riuscire a trovare una strada ben delineata, facendo quello che mi piace fare senza dovermi sottomettere a nessuno

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