Playstation Classic, la mini console di Sony, non sta partendo col piede giusto. Dopo l’annuncio di una console in formato mini, c’è sempre molta curiosità. Nintendo sta operando da un po’ in questa nuova frontiera del marketing, ora tocca a Sony riportare in auge una vecchia gloria come la PS1. Tuttavia, ai giocatori non stanno piacendo alcune mosse dell’azienda giapponese. In primo luogo, la decisione di limitare a 20 la lista di giochi disponibili, senza lasciare la possibilità ai fan di ampliare il parco titoli, ha fatto arrabbiare più di un giocatore di vecchia data.
In queste ore, sta arrivando un’altra batosta che potrebbe non fare benissimo alle vendite di Playstation Classic. Secondo una prova effettuata da Kotaku, la mini console targata Sony non emula i giochi in essa inseriti con un software creato ex novo e sviluppato dall’azienda stessa, come ci si aspetterebbe, ma lo fa utilizzando l’emulatore open source PCSX, che la maggior parte dei giocatori di PC conosce già benissimo. Si tratta di un emulatore non ufficiale che in moltissimi usano per giocare ai titoli PS1 su PC.
Cosa significa tutto ciò? Che l’emulazione complessiva potrebbe non essere “autentica” e genuina, ma non solo, significa anche che Sony sta sfruttando il lavoro di coloro che svilupparono l’emulatore. Molti pensano che le grandi aziende siano ostili agli emulatori e invece questo caso ci dimostra che questi sono essenziali, in quanto possono effettivamente essere utilizzati per vendere queste nuove riedizioni di console. Un’altra credenza è quella che vuole gli emulatori come uno strumento da pirati, in realtà, riscoprire i vecchi classici è importantissimo per non lasciarli morire . La questione è: è giusto che Sony utilizzi un emulatore open source piuttosto che inserirne uno tutto suo?
Ironia della sorte, Sony aveva tentato in passato di citare in giudizio un team che stava sviluppando un emulatore per la prima console Playstation. Questo software si chiamava Bleem.
Per molti potrebbe non essere un problema, però, come abbiamo già accennato, questa storia crea un bel mix esplosivo con quella della lista non aggiornabile e con un prezzo di lancio non proprio abbordabile. Alcuni giocatori, infatti, si stanno lamentando anche di questo: per 100 euro si aspettavano maggior impegno da parte della società e non un riciclo.
Un’altra domanda che sorge spontanea è: Sony deve pagare il gruppo che ha sviluppato PCSX? A quanto pare no, come viene spiegato su Twitter da Frank Cifaldi, archivista e sviluppatore di videogiochi.
A Sony è bastato aderire ai requisiti di licenza per utilizzarlo, incluso il codice sorgente fornito sul sito web del team che ha creato l’emulatore. Voi cosa pensate della vicenda?
This post was published on 9 Novembre 2018 14:57
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