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Red Dead Redemption 2: Rockstar spiega perché non ha ingaggiato attori famosi

Perché in Red Dead Redemption 2 non ci sono attori famosi a prestare voce e volti ai personaggi principali e non? Rockstar non ha sempre rigettato l’ipotesi di inserire attori rinomati nei propri titoli, ad esempio, in GTA: Vice City il cast è molto ricco.

Tommy Vercetti, il protagonista, è stato doppiato da Ray Liotta, tanto per cominciare. Burt Reynolds interpretava il losco magnate immobiliare Avery Carrington; Gary Busey era Phil Cassidy; Danny Trejo era Umberto Robina; e anche Danny Dyer ha interpretato il ruolo del rocker britannico Kent Paul.

Da allora, però, Rockstar ha utilizzato attori meno conosciuti per i suoi giochi. Il co-fondatore di Rockstar, Dan Houser, sostiene che questo è dovuto al fatto che gli attori famosi hanno ego che tendono a intralciare il processo di creazione e perché risulta più immersivo usare le voci con cui i giocatori non hanno familiarità.

Dan Houser ha raccontato al portale Vulture alcuni aneddoti. In uno di questi ha dichiarato che, mentre dirigeva una scena per Vice City con l’attore Burt Reynolds, i due hanno avuto una discussione, con Reynolds che ha iniziato a gridare in faccia proprio a Dan.

Non voglio parlare male dei morti, ma non dirigiamo più attori dal nome famoso a causa del loro ego e, soprattutto, perché crediamo di avere un migliore senso di immersione usando attori di talento le cui voci non si riconoscono.

Un’altra volta, Houser stava dirigendo il rapper Chuck D di Public Enemy durante la sua esibizione in GTA: San Andreas, ma la coppia finì per litigare malamente, tanto da costringere Houser a chiamare un altro game director per continuare la scena.

Abbiamo sempre avuto una buona esperienza con le pop star. Ma non le abbiamo usate significativamente per molto tempo.

Insomma, che dire, il rapporto tra Dan Houser e le personalità famose non è idilliaco e così in Red Dead Redemption 2 volti e voci verranno prestate da attori meno celebri, ma meno scontrosi.

This post was published on 15 Ottobre 2018 13:40

Michele Longobardi

Laureato in Lettere moderne, scopro la passione per il giornalismo quasi per caso. I videogiochi sono il mio più grande amore e così decido di coniugare le due cose. Il giornalismo videoludico diventa la mia forma finale. Per me i videogiochi sono una forma d'arte e guai a dirmi il contrario. Appassionato di tutto ciò da cui sgorga sangue: cinema horror (registi preferiti Argento e Romero), letteratura gialla e dell'orrore (autori preferiti Christie, Poe e Lovecraft) e ovviamente i videogiochi del genere (Silent Hill e Resident Evil sopra ogni cosa). Il mio videogioco preferito di sempre è Fahrenheit che ho finito un numero non precisato di volte, da lì scaturisce la mia ammirazione per tutti i lavori di David Cage. La mia "carriera" videoludica è segnata da un marchio da cui non sono mai riuscito a staccarmi: PlayStation! In circa 20 anni di gaming, ho completato più di 800 titoli.

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