Non giriamoci troppo intorno: se state leggendo queste righe è per la stessa ragione per cui noi le abbiamo scritte, ovvero perché amiamo i videogame. In tutto questo non c’è niente di male, niente che possa nuocere a noi stessi o al prossimo. Ma si sa che l’esagerazione, in qualsiasi campo, non porta mai niente di buono. Ed ovviamente il nostro media preferito non fa eccezione. Già da un po’ si parlava di gaming disorder, ovvero una vera e propria conseguenza dell’abuso di videogiochi e dispositivi elettronici più in generale. Poche ore fa, la World Health Organization (WHO), da noi conosciuta come OMS, ha stabilito che siamo di fronte ad una “sindrome clinicamente diagnosticabile e clinicamente significativa“.
A meno che non abbiate vissuto in una caverna negli ultimi mesi, avrete sicuramente notato quanto si sia parlato degli effetti negativi dei videogiochi sui loro consumatori abituali. Hanno cominciato Belgio ed Hawaii, affermando che le loot box siano equiparabili al gioco d’azzardo, e pare sia addirittura in programma una legge ad hoc per limitarne l’uso indiscriminato. Si è poi passato ad un caso squisitamente nostrano, in cui un ragazzino di 14 anni è stato sottratto alla sua famiglia dagli assistenti sociali. Motivo della questione? Non frequentava più la lezioni scolastiche trascorrere le sue giornate giocando ai videogame. Poco importa se ci fossero anche altre motivazioni alla base del malessere: ciò che è stato riportato in prima pagina è che il ragazzo era “malato di Playstation“.
Tuttavia, mettendo un attimo da parte l’opinionismo della peggior specie, prendiamo atto che il “disturbo da videogame” è stato ufficialmente inserito nella bozza della prossima revisione del Compendio Internazionale delle Malattie. Va da sé che, come spesso accade in situazioni del genere, le definizioni date ai nuovi malesseri sono sempre piuttosto ampie. A questo punto, la domanda sorge spontanea: come si fa a distinguere un “malato di videogame” da un semplice appassionato? Qual è la sottile linea che separa lo svago dal gaming disorder?
Proprio per trovare una risposta al quesito, Games Industry ha intervistato un portavoce dell’OMS. Il gaming disorder rientra nei comportamenti tipici della dipendenza? Di seguito riportiamo uno stralcio di quanto risposto dall’OMS.
“Vi sono prove crescenti e ben documentate della rilevanza clinica di queste condizioni e della crescente domanda di trattamento in diverse parti del mondo.
L’uso di internet, computer, smartphone e altri dispositivi elettronici è notevolmente aumentato negli ultimi decenni. Mentre l’aumento è associato a chiari vantaggi per gli utenti – ad esempio, nello scambio di informazioni in tempo reale – sono stati documentati anche problemi di salute derivanti da un uso eccessivo di tali device. In un certo numero di paesi, il problema è diventato un problema significativo per la salute pubblica.”
La risposta a questa domanda dovrebbe essere semplice: l’uso eccessivo. Ma come si stabilisce, da un punto di vista clinico, tale uso eccessivo? Se gioco per 4/5 ore al giorno, magari facendo le 2 di notte, rientro tra i semplici gamer o sono un “soggetto a rischio“? L’OMS non ha tuttora fornito una risposta soddisfacente, se non quella di fornire una lista di problemi o sintomi fisici che possono essere riconducibili tanto al gaming disorder tanto alla ludopatia. Uno stile di vita sedentario, un’alterazione di vista e udito, problemi muscoloscheletrici, fino ad arrivare ad infortuni ed infezioni di vario genere. Dal punto di vista psicosociale, invece, possiamo trovare problemi come il cyberbullismo, uno sviluppo sociale ostacolato, la deprivazione del sonno, comportamenti aggressivi, fino ad arrivare alla depressione ed al suicidio.
L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha affermato che la voce sul gaming disorder comprende solo una descrizione clinica, ma non c’è nulla su un’eventuale prevenzione e/o trattamenti di cura. Lo scopo del Compendo Internazionale delle Malattie sarebbe quello di individuare le tendenze globali della salute, aiutando i medici ed i ricercatori a categorizzare le condizioni che si trovano ad analizzare.
“L’inclusione di un disturbo nell’ICD è una considerazione che i paesi prendono in considerazione quando prendono decisioni sulla fornitura di assistenza sanitaria e l’assegnazione di risorse per la prevenzione, il trattamento e la riabilitazione.”
Questo è quanto aggiunto dal portavoce dell’OMS. Vale anche la pena di ricordare che l’attuale versione beta del compendio ICD-11 è una bozza, e che può cambiare su base giornaliera. La revisione finale non verrà pubblicata fino a fine anno.
La decisione dell’OMS di classificare il gaming disorder come malattia ha stimolato il dibattito nel settore. C’è da registrare, a questo proposito, una risposta da parte della Entertainment Software Association (ESA). L’ESA ha affermato che la frase “l’uso inappropriato causa veri problemi di salute mentale” sia eccessiva, e ha esortato l’OMS a rimuoverla.
Tuttavia, la frase dell’OMS non è priva di valore. Ci sono numerose storie di morti legate ad ampie sessioni di gioco negli internet café asiatici negli ultimi dieci anni, che presumibilmente fanno parte della “prova ben documentata” su cui l’OMS ha basato questa descrizione clinica.
Nel frattempo l’ascesa di meccaniche free-to-play, e delle tanto vituperate loot box, è stata accomunata ai sistemi di gioco d’azzardo, tanto da suscitare un acceso dibattito in tutto il settore. Non è difficile che tali meccanismi possano esacerbare le tendenze di dipendenza in alcuni individui.
Restate sintonizzati per ulteriori news in merito. Se volete approfondire l’argomento, cliccate il nostro editoriale sulla questione.
This post was published on 9 Gennaio 2018 17:31
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