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Call of Duty e swatting: il mondo è impazzito?

Qualche anno fa i videogiochi venivano nominati in televisione e sui giornali non specializzati solo per raccontarne le sfumature oscure: dipendenza, istigazione alla violenza e tante altre belle cosine che servivano a dileggiare i videogame e a rappresentarli come una minaccia mondiale.

Negli ultimi tempi, questa crociata sembra assistere a una tregua, anzi, ci sono casi in cui i media hanno prestato attenzione ai videogiochi in maniera positiva e distensiva: basti pensare allo speciale mandato in onda da Rai 2 qualche settimana fa. Un lavoro eccellente in tal senso stanno facendo gli eSports che stanno riuscendo a far ricredere molti scettici.

La strada è ancora molto lunga però e accadono eventi che rischiano di minare questa pace. Ciò che è successo ieri negli Stati Uniti d’America (quasi scontata la location) ha riacceso un feroce dibattito sulla violenza nei videogiochi e di come questa possa influenzare le più o meno giovani menti. La cosa che fa imbestialire è che sono i videogiochi ad andarci di mezzo, quando è palese che il problema risieda nelle teste bacate di certi individui non adatti al vivere civile, non perché videogiocatori ma perché grandissimi esempi di inettitudine e stupidità.

Invia la SWAT a casa dell’altro giocatore: ci scappa il morto

Andiamo al fatto: ieri un uomo è stato ucciso da un agente della SWAT a causa di una chiamata che avvertiva il reparto speciale della sicurezza che in una casa ci fosse in atto un sequestro di persona. Come ci entrano nella faccenda i videogiochi? Semplice, tutto nasce da una “discussione” nata tra due giocatori di Call of Duty che stavano giocando online. Uno dei due ha mandato la SWAT (swatting) a casa dell’altro non sapendo che l’indirizzo gli fosse stato dato sbagliato apposta.

Un passo indietro: che cos’è lo swatting? Lo swatting è una pratica molto pericolosa e infantile. Chi fa swatting invia unità d’emergenza a casa di qualcun altro per fargli uno scherzo, per trollarlo o perché arrabbiato in seguito a un litigio. Non è una pratica propria dei videogiochi, ma a volte può capitare che i giocatori online si leghino al dito un’amara sconfitta e decidano di fare questo brutto scherzetto.

I reparti d’emergenza come la SWAT non entrano nelle case di presunti terroristi bussando delicatamente, ma spesso lo fanno con le armi spianate e ci può scappare il morto. Così è sucesso a un povero ragazzo di 28 anni di Wichita, nel Kansas, che con quella discussione non c’entrava nulla. A quel ragazzo neanche piacevano i videogiochi.

Secondo quanto riferito, i due giocatori di CoD hanno avuto una discussione su una scommessa e hanno minacciato di “swattarsi” reciprocamente. Uno dei due è passato ai fatti, ma l’altro non gli ha fornito i suoi veri dati, ma l’indirizzo di un vicino di casa. “Ti aspetto al 1033 di McCormick street”, queste le parole precise, tradotte.

La SWAT non è certo tenera quando interviene dopo una segnalazione. Si tratta di un’unità speciale della polizia dedicata a compiti ad alto rischio, tra cui operazioni anti-terrorismo.

Quando la SWAT è arrivata nei pressi dell’abitazione del malcapitato, egli ha reagito incredulo e un suo gesto è stato frainteso innescando la reazione di un agente che ha aperto il fuoco. La vittima è stata identificata come Andrew Finch di 28 anni. Il padre ha aperto anche una pagina GoFundMe per pagare i costi del funerale e spera di raccogliere $ 15.000.

Il ragazzo che ha fatto swatting è stato arrestato a South Los Angeles e identificato come Tyler Raj Barris. Non era la prima volta che il 25enne disturbava la polizia per sciocchezze. Questa volta, però, c’è di mezzo un morto. Il giovane era attivo su Twitter col nickname Swautistic (poi cambiato in GoredTutor36), ma subito dopo l’accaduto era sparito dai social. Questo non ha impedito la sua identificazione.

Il player professionista di CoD Chris ‘Parasite’ Duarte ha scritto un tweet in cui mostra il suo disgusto per ciò che è avvenuto:

Altri casi di swatting

Ci sono stati altri casi di swatting nella storia e come abbiamo detto non è prerogativa dei videogiochi. Negli Stati Uniti ne succedono in media 400 all’anno. Un caso che ha a che vedere con i videogame è avvenuto il 27 agosto 2014.

Lo youtuber Jordan Mathewson stava trasmettendo in streaming un gameplay di Counter-Strike: Global Offensive. Uno spettatore chiamò il 911 per segnalare la presenza di ostaggi in un edificio. Si trattava degli uffici della “The Creatures LLC”, la compagnia di gaming dove Mathewson stava trasmettendo. La SWAT ha fatto irruzione, ha gettato per terra il povero Mathewson e ha perquisito la casa mentre tutto veniva ripreso dalla telecamera in diretta.

Un altro caso riguarda un bambino di 13 anni che nel 2015 riuscì a far intervenire la SWAT a casa di un giocatore di Minecraft nel New Jersey per motivi non del tutto chiari. Fu la terza volta anche se le altre due non ebbero nulla a che vedere coi videogame.

Casi come questi gettano nel fango i videogiochi, poiché i media alla ricerca di scoop e bersagli facili si focalizzano sul fatto che le due persone coinvolte (a cui poi si è aggiunta una terza ignara) fossero videogiocatori. In realtà, persone con un grado così basso di senso del giudizio sarebbero pericolose anche se fossero appassionate di numismatica.

This post was published on 30 Dicembre 2017 20:07

Michele Longobardi

Laureato in Lettere moderne, scopro la passione per il giornalismo quasi per caso. I videogiochi sono il mio più grande amore e così decido di coniugare le due cose. Il giornalismo videoludico diventa la mia forma finale. Per me i videogiochi sono una forma d'arte e guai a dirmi il contrario. Appassionato di tutto ciò da cui sgorga sangue: cinema horror (registi preferiti Argento e Romero), letteratura gialla e dell'orrore (autori preferiti Christie, Poe e Lovecraft) e ovviamente i videogiochi del genere (Silent Hill e Resident Evil sopra ogni cosa). Il mio videogioco preferito di sempre è Fahrenheit che ho finito un numero non precisato di volte, da lì scaturisce la mia ammirazione per tutti i lavori di David Cage. La mia "carriera" videoludica è segnata da un marchio da cui non sono mai riuscito a staccarmi: PlayStation! In circa 20 anni di gaming, ho completato più di 800 titoli.

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