A quasi un mese di distanza dalla bufera delle microtransazioni che ha colpito in pieno EA, il fuoco delle polemiche non accenna a diminuire di intensità. Nonostante sia trascorso tanto tempo dall’esplosione del “caso lootbox“, la questione sembra essere ancora aperta. Chris Lee, il membro della Camera dei Rappresentanti dello Stato delle Hawaii, salito agli onori delle cronache per aver preso una posizione nettamente contraria a Electronic Arts ed a tutto il fenomeno, è tornato alla carica. Attraverso un nuovo video, il politico ha approfondito la questione, affermando che è in programma una legge contro il dilagare della microtransazioni.
Come i nostri lettori sicuramente ricorderanno, lo scorso 22 Novembre abbiamo fatto la conoscenza di Chris Lee. Il politico, membro della Camera dei Rappresentanti dello Stato delle Hawaii, è stato uno dei più fieri oppositori delle lootbox, soprattutto per tutelare i minori. Il democratico non aveva usato mezzi termini nel suo discorso, arrivando a definire Star Wars: Battlefront II un “casinò online a tema Star Wars“. Inutile dire che le dichiarazioni di Lee fecero in breve il giro del mondo e del web. Ma il politico non si fermò a questo: annunciò anche la necessità di una legge che proibisse la vendita di questo genere di giochi ai minorenni, proteggendoli dalle “pratiche predatorie” di questi publisher. Secondo Chris Lee, in parole povere, non ci sarebbe alcuna differenza tra le lootbox e le scommesse online.
Il politico, a quasi 20 giorni di distanza dal suo precedente intervento, è tornato a farsi sentire attraverso un nuovo video. Con questo suo secondo intervento, Lee ha deciso di spiegare meglio che cosa ha in mente. In prima battuta, il Rappresentante delle Hawaii vorrebbe porre in essere una legge con cui si arrivi a proibire la vendita di simili giochi a chiunque sia minorenne. In prima battuta, Chris Lee vorrebbe che la restrizione alla pratica di vendere ad un utente una “percentuale di ottenimento” di un oggetto, piuttosto che l’oggetto stesso, venisse estesa non solo ai giochi in formato retail, ma anche ai giochi distribuiti in digital delivery da piattaforme come Steam e GOG. Come forse non molti sanno, le norme ERSB non sono obbligatorie per gli store digitali.
Un altro punto toccato da Chris Lee riguarda proprio questo problema. Provate a porvi una semplice domanda: nel momento in cui comprate delle lootbox, che percentuali avete di ottenere l’oggetto che cercate? Ovviamente nessuno di noi ha la risposta. Probabilmente sarebbe un quesito da porre ai publisher. Tuttavia, Lee teme che esista un algoritmo che calcoli, in base a quanto voi spendiate in microtransazioni, la percentuale di ottenimento degli oggetti più rari e forti. In pratica: più spendete, meno facilmente otterrete gli oggetti che desiderate e, quindi, sarete portati ad allargare nuovamente i cordoni della borsa. Nonostante il politico ammetta che si tratta di informazioni di terza mano e non verificate, questo non sminuisce una questione su cui è necessario fare chiarezza.
“Una volta che l’algoritmo identifica un giocatore che probabilmente continuerà a spendere soldi per ottenere quell’oggetto di cui tutti sono alla ricerca… allora vengono abbassate le probabilità di ottenerla, per far sì che si continui a spendere ancora di più. Tutto questo è assolutamente immorale e ingiusto.”
Proprio per questa ragione, Chris Lee è alla ricerca della norma che possa in qualche modo costringere le software house a fare chiarezza sulla vicenda, rivelando quelle che sono le percentuali di drop di determinati oggetti. Qualcosa di simile è accaduto in Cina, e non è detto che non possa verificarsi altrove, soprattutto se i cittadini dovessero rivolgersi ai propri governanti chiedendo di agire. A tal proposito, il politico ha addirittura creato un template di una lettera di protesta. Di seguito ve ne riportiamo un estratto.
“I meccanismi delle lootbox sono spesso disegnati per assomigliare letteralmente a quelli delle slot machine, e sono resi disponibili a chiunque attraverso i giochi sui telefoni cellulari, su console come Xbox, Playstation e sui computer di casa. Questo potrebbe spiegare perché l’American Psychological Association abbia identificato l'”Internet Gaming Disorde” come una diagnosi emergente che merita ulteriori studi nel Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali (DSM-5).
A differenza dei giochi di carnevale, dei giochi di carte o altri acquisti di sorta, i videogiochi richiedono una partecipazione attiva e lunga, durante la quale i consumatori sono esposti a tecniche di manipolazione psicologica che possono risultare in una reale dipendenza e danno. La scalabilità e la facilità di accesso a questi giochi rendono fondamentale affrontare queste preoccupazioni. I casinò sono stati a lungo criticati per aver costruito un modello di business sullo sfruttamento delle vulnerabilità psicologiche in molte persone. Questi modelli di business vengono ora replicati dall’industria del gioco online per fare lo stesso, direttamente sui telefoni e nelle case di innumerevoli famiglie in tutto il paese.”
Nonostante siano stati in molti a chiedere all’industria videoludica di regolarsi da sola, senza l’intervento del governo, Chris Lee ha respinto questa ipotesi.
“Gli sviluppatori di giochi, nell’industria di settore, sono rappresentati dal loro gruppo commerciale, la Entertainment Software Association (ESA). Nel 1994 l’ESA ha creato l’Entertainment Software Ratings Board (ESRB) per fornire valutazioni dei videogame ai consumatori. Non sorprende che l’ESA e l’ESRB abbiano preso posizione difendendo i lucrosi flussi di reddito generati da questi meccanismi predatori, sostenendo che le lootbox non rientrino nella definizione attuale di gioco d’azzardo.”
Attualmente, va da sé, le dichiarazioni di Chris Lee sono soltanto ad una dichiarazione di intenti, almeno per il momento. Siamo sicuri, però, che tutto questo sarà seguito da fatti. Il politico ed il suo team sicuramente perseguiranno in tutti i modi il loro obiettivo, e la sensazione è che sentiremo ancora parlare della vicenda. Secondo Lee, è lo Stato che deve decidere quali siano le lootbox “buone” e quali, invece, siano quelle “cattive”. L’unica cosa incerta, in questo caso, è come prendere la notizia. È bene o un male che il Governo metta bocca sulla natura di un media? Scrivetecelo la vostra opinione nelle risposte.
Restate sintonizzati per ulteriori news in merito.
This post was published on 7 Dicembre 2017 19:26
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