In occasione della Milan Games Week 2017 abbiamo avuto l’onore di incontrare Massimo Guarini di Ovonosico e abbiamo potuto parlare dell’ultima fatica dello studio italiano, Last Day of June, e non solo, osservando più da vicino e in profondità il mondo dei videogioco con un occhio di riguardo al nostro paese.
Intervista a cura di Samuele Zaboi
Games.it: Last Day of June è l’ultima fatica dello studio Ovosonico, orgoglio italiano del mondo videoludico. Come è nata l’idea di Last Day of June? Puoi raccontarci un aneddoto sulla genesi di questo gioco?
Massimo Guarini: Tutto è nato dalla musica di Steven Wilson, sono stato colpito dalle atmosfere delle sue composizioni da solista e poi, naturalmente, anche dai suoi video. Ho adorato quella sua dolcezza, mista ad atmosfere dark, che insieme trovano il connubio perfetto. Ho ascoltato molto altri brani e pezzi della sua carriera da solista e da lì ho avuto l’idea di espandere la sua musica al livello di un’esperienza interattiva. Ho voluto trattare un tema forte ma che allo stesso tempo potesse essere, almeno inizialmente, più generico. Nella mia testa dalla musica si formavano immagini, prendevano vita le scene, le camera e le inquadrature. Tutto è partito dalla musica.
Games.it: Parlando di musica, quanto è importante il ruolo della musica in un videogioco e, in particolare modo, in Last Day of June?
Massimo Guarini: Per me, e io stesso sono un musicista, veste un ruolo importantissimo. In realtà si tratta però di un processo personale, dipende dall’autore di un videogioco. Ognuno ha una propria sensibilità musicale e c’è chi invece non ne ha proprio. Alcuni autori costruiscono il gioco, il gameplay, e poi chiamano un compositore per avere la musica. Ovosonico è diverso, la pensiamo diversamente. La musica nasce con il gioco, ha un potere incredibile. Credo che la musica sia uno dei protagonisti di un videogioco. Personalmente io parto spesso dalla musica, per me è un pennello che mi aiuta a dipingere un videogioco in tutti i suoi aspetti.
Games.it: Last Day of June è un titolo che può essere definito, a torto o a ragione, emotional game. Sei concorde con questa definizione? È la prova che i videogiochi possono essere considerati una vera forma d’arte, a pari con la musica e il cinema, capaci di emozionare?
Massimo Guarini: Personalmente non ho alcun problema con questo tipo di definizione. Ciò che mi dà maggiormente fastidio sono le etichette legate al gameplay. First person shooter, platform game, sono tutti modi di esprimere un’idea, un’emozione. Nel cinema ci sono i thriller, i drama, le comedy, non esistono gli emotional movie perché tutti lo sono.
Credo che ci troviamo in una fase dove l’azienda sta maturando. Tutto è partito con ICO anche se inizialmente è stato un messaggio passato sottotraccia, lontano dal mainstream e da quella che può essere definita la massa. Un videogioco è il veicolo di un messaggio, è il mezzo per trasmettere un’emozioni.
Le emozioni, come la musica, sono universali. Tutti noi proviamo emozioni. Ritengo che un videogioco e il gameplay stesso siano strumenti migliori del cinema perché ogni tipo di gameplay è una forma d’interazione. Il giocatore è parte della storia e questo è un elemento che il cinema non è in grado di dare.
Games.it: Il mondo di Last Day of June sembra essere stato tratto da un dipinto di Thomas Kinkade, per i giochi di luce, i paesaggi e le atmosfere. Quali sono state le fonti di ispirazione per la realizzazione del gioco, delle ambientazioni e dei personaggi?
Massimo Guarini: Le mie fonti di ispirazione sono sempre collocate al di fuori del mondo dei videogiochi ma non si è trattato di scelte consce. Non abbiamo avuto l’idea di fare un videogioco che avesse un’impronta impressionista ma la pittura è stata sin dall’inizio un elemento cardine. June è una pittrice e Carl, attraverso i suoi dipinti, scopre di poter viaggiare nel tempi. Il dipinto per me è un grandissimo mezzo comunicativo perché attraverso gli occhi e lo sguardo poi raggiungere la menti degli altri, che comunicano attraverso il quadro. Accanto a queste atmosfere oniriche abbiamo però voluto utilizzare delle inquadrature realistiche. Mi piace l’accostamento che abbiamo realizzato con Last Day of June, unire qualcosa di onirico con scelte, a livello di regia, che fossero realistiche.
Volevamo realizzare un’atmosfera che ricordasse i film Pixar, una delle nostre fonti di ispirazione: volevamo qualche che fosse appetibile, di facile ricezione e immediatamente sposabile per i giocatori. In questo modo è stato più facile per noi trattare un argomento molto importante come quello di Last Day of June.
Games.it: Ovosonico è uno studio italiano che è riuscito a ritagliarsi uno spazio importante nel vasto mondo videoludico. Com’è stato l’approccio della software house con questo mercato?
Massimo Guarini: Io personalmente penso di non essere mai uscito da questo mondo. Ho lavorato per diverso tempo all’estero e ho fondato Ovosonico sulla base di queste esperienze. È innegabile che quando ho annunciato l’apertura di questo studio ho avuto più risonanza all’estero che in Italia, da dove ero sparito da diverso tempo. Posso dire che Ovosonico è uno studio che è partito all’estero e che ora ha ottenuto risonanza anche in Italia.
Lavorare estero aiuta tantissimo, ti permette di avere agganci, conoscere persone, crearti le proprie esperienze. È stato un percorso lungo e importante. Credo però che per uno studio italiano la comunicazione sia importantissima e debba essere fatta in inglese. Alcuni studi hanno pagine Facebook e Twitter ma comunicano in italiano. Utilizzando l’inglese ci si apre le porte a un bacino d’utenza vastissimo. Oltre a questo è importante trattare argomenti che siano esportabili: tendiamo un po’ a essere succubi della nostra storia e a essere legati a certi argomenti che al mercato di massa non interessano. Noi siamo stati accostati a Tim Burton che di italiano non ha nulla. Dobbiamo essere bravi, passami il termine, a sdoganarci dal Made in Italy e argomentare in modo globale.
Games.it: Ovosonico è senza dubbio uno degli studi sviluppatori italiani più importanti anche in ambito internazionale. Sentite una forte responsabilità per questo ruolo?
Massimo Guarini: Non nego che un po’ di responsabilità c’è e la sentiamo. Devo dire che è una cosa bella e che non ci blocca. La sentiamo, ne siamo consapevoli ma noi preferiamo restare concentrati sui nostri progetti. Devo dire che ci fa piacere poter essere fonte di sprone per altri mentre, per quanto ci riguarda, tutto è finalizzato al progetto Ovosonico.
Games.it: Torniamo a Last Day of June. Nel gioco c’è la scelta importante di escludere ogni forma di dialogo parlato, con una praticamente totale assenza di parole. Da dove nasce questa intuizione?
Massimo Guarini: Personalmente, è una scelta che mi piace parecchio. È un mio modo di trasmettere e dare la possibilità di interpretare al giocare. Ci permette di metterci allo stesso livello dei giocatori: noi diamo dei puntini che saranno i giocatori a unire. Chi gioca scriverà la storia in tempo reale. Voglio mostrare una storia e lasciare che sia il giocatore a comporla e che alla fine possa dire: l’ho fatta io, ci sono arrivato io. L’obiettivo è dare ai giocatori una chiave di lettura, che ognuno possa interpretare a in un modo personale. Nei gesti tra Carl e June non c’è nulla di detto ma tu puoi leggere cose diverse da ciò che ci vedo o che leggo io.
Games.it: Concludiamo l’intervista con uno sguardo verso il futuro. Quali sono i progetti in cantiere per Ovosonico? C’è già qualche idea in lavoro? Qualcosa che bolle in pentola?
Massimo Guarini: Ovviamente non ci fermiamo mai. Abbiamo molte pentole che bollono e molti coperti. Diciamo che abbiamo una cucina affollata (ride, ndr). Noi sicuramente vogliamo crescere e sperimentare in modo ambizioso.
Games.it: Magari un annuncio durante una conferenza in un grande evento come l’E3?
Massimo Guarini: Sicuramente ci arriveremo.
Ringraziamo Massimo Guarini e Ovosonico per l’intervista e la disponibilità.