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White Night – Recensione

Recensione di Federico “Il Fed” Baglivo

Il mercato moderno dei videogiochi ci pone di fronte a una situazione paradossale e del tutto singolare. Con una next gen che stenta ancora a decollare, pur trovandoci a più di un anno dall’uscita delle sue ultime console, Xbox One e PlayStation 4, non è un caso che gli scaffali dei nostri negozi preferiti, fisici o virtuali che siano, siano pieni di titoli che hanno un forte legame col passato, un deciso quanto importante gusto retro. In questo contesto si inserisce anche White Night, survival horror con elementi puzzle di Osome Studio, che se da una parte – quella dei concetti alla base del gioco – ricorda moltissimo i primi due Resident Evil, dall’altra mostra, pur con i propri difetti, come sia comunque possibile innovare un genere inflazionato come quello degli horror a camera fissa.

Ti prego, cantala un’altra volta.

Sono gli anni ’30 e ci troviamo negli Stati Uniti d’America, più precisamente nella città di Boston. La grande depressione attanaglia tutto e tutti, facendo vivere agli americani una delle pagine più brutte della loro storia. Il nostro protagonista, seduto al tavolo di un bar, tracanna alcool come se quella fosse la sua ultima sera e, dopo essersi messo alla guida della sua macchina, inizia ad intraprendere il suo incerto percorso alla guida, mentre sui cartelli posti in strada passano tutti – o quasi – i credits del gioco. Le note di una triste canzone jazz ci accompagnano, guidandoci verso l’ineluttabile. Dopo poche curve, una misteriosa creatura eterea appare davanti a noi. Non abbiamo nemmeno il tempo di capire di chi si tratti, che la nostra macchina finisce rovinosamente contro un albero, causando la perdita dei sensi del protagonista. In una sorta di piazzale di fronte ad un grosso cancello in ferro, vicini alla nostra auto ormai inutilizzabile, dopo esserci svegliati dal terribile impatto, l’unica salvezza per noi poveri giocatori è quella di cercare aiuto all’interno della magione diroccata che vediamo in lontananza, Villa Vesper. All’interno della villa, però, si celano degli orrori indicibili, e starà a noi scoprire la storia dietro la fatiscente magione e i suoi abitanti, armati del nostro spirito di osservazione, della nostra voglia di scoprire e di esplorare ma, soprattutto, armati dei nostri fidi fiammiferi.

Un gioco nuovo, ma dall’animo antico.

E’ quindi chiaro come, sin dal prologo, White Night voglia ricreare nel giocatore la classica atmosfera da cardiopalma tipica dei survival horror vecchia scuola tipo, per l’appunto, i Resident Evil degli inizi della saga, e lo fa con diversi elementi tipici del genere a cui si rifà. Il primo di questi elementi è indubbiamente la telecamera, che rimane fissa in posizioni predeterminate dagli sviluppatori, cambiando al passaggio da un punto all’altro di uno scenario. L’espediente è invecchiato bene, e permette di mantenere sempre alto il livello di tensione derivante dal non sapere cosa c’è dietro un angolo o al prossimo cambio di inquadratura. Il secondo elemento, su cui White Night costruisce la sua intera esperienza ludica, è il buio. L’oscurità che permea Villa Vesper risulterà fatale per il nostro protagonista, se lasciato a lungo senza una fonte di luce. Di fatti, nell’oscurità, le presenze ostili della villa braccheranno il giocatore fino a quando non lo raggiungeranno e, con un colpo, decreteranno il game over. Per evitarlo, l’unica cosa che il protagonista potrà fare sarà scappare sino a trovare una fonte di luce elettrica, che farà svanire all’istante le creature in una nube di fumo. Questa particolare scelta di gameplay, che non permette al giocatore di avere armi con cui difendersi, obbliga a massimizzare i propri sforzi in termini di memoria per far si che possano trovare un approdo sicuro all’interno della Villa, lontani dai fantasmi che bramano la vita del nostro protagonista. L’unico difetto di questo sistema che ci ha fatto un po’ storcere il naso è la scarsa precisione degli elementi interattivi. Infatti, gli interruttori della luce funzionanti disseminati per la magione non sono sempre reattivi: ci è capitato più di una volta che gli interruttori non si azionassero immediatamente, lasciandoci al buio in balia dei nostri inseguitori. Se poi aggiungiamo anche il fatto che i punti dove poter salvare la partita – delle poltrone dove il protagonista può riposare – sono pochi e distanti dalle sezioni dove il ritmo dell’azione tende a salire, il giocatore sarà costretto, giocoforza, a dover rifare delle grosse porzioni di avventura prima di poter ritornare al punto dove si era fermato precedentemente.

Piccoli fiammiferai

A parte questi piccoli difetti, White Night offre un’esperienza di tutto rispetto. Il titolo di Osome studio, infatti, ha dalla sua diverse frecce al proprio arco, tra cui degli enigmi veramente ben congegnati. Alcuni di essi potranno essere risolti tramite l’esplorazione, mentre per altri si potranno usare dei fiammiferi che, oltre a essere l’unica vera fonte di luce utilizzabile sempre in alternativa alla luce elettrica, possono essere impiegati nella risoluzione dei puzzle ambientali in cui ci imbatteremo nel nostro peregrinare per Villa Vesper. Altro aspetto peculiare di White Night è indubbiamente il comparto grafico, che mostra dei modelli 3D tutto sommato buoni e, soprattutto, l’utilizzo di soli due colori, il nero, cioè l’oscurità, e il bianco, ovvero la presenza di luce. In base alla posizione delle varie fonti di luce il gioco mostra una serie di chiaroscuri decisamente pregevoli. Se proprio dovessimo cercare il proverbiale pelo nell’uovo, a volte si sono notati dei piccoli problemi di aliasing, ma nulla di veramente compromettente. Chiude il cerchio un’eccellente colonna sonora: le tracce jazz che accompagnano il giocatore per le stanze della magione sono di elevata qualità.

Commento finale

White Night non è un prodotto perfetto, ma ha diversi pregi che lo rendono un prodotto molto godibile. Con un comparto grafico peculiare, una colonna sonora decisamente sopra la media e un gameplay che nel suo piccolo riesce a innovare quelli che sono i dogmi del genere di riferimento, il titolo di Osome Studio colpisce per la cura riposta nello sviluppo, e per questo decidiamo di premiarlo. Consigliato a tutti i nostalgici dei Survival Horror old style.

This post was published on 20 Marzo 2015 13:11

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