Articolo a cura di Giulia Ambrosini
Techland continua a lavorare duramente per proporre agli utenti giochi a base di zombie di alta qualità. Dai creatori di Dead Island non ci si aspettava certo un rifiuto verso il fascino e la brutalità dei non morti, e se da una parte rimpiangiamo un po’ le calde atmosfere dei Caraibi, dall’altra siamo rimasti molto affascinati dall’atmosfera creata per l’immaginaria città di Harran. Abbiamo provato Dying Light in modalità single player per completare il prologo e, successivamente, ci siamo cimentati nel portare avanti la campagna in coop a due giocatori (il massimo è di quattro).
A SPASSO CON GLI ZOMBIE
Nel cuore della Turchia una devastante epidemia causata da un virus simile a quello della rabbia ha messo in ginocchio intere città. Il governo ha deciso pertanto di isolare completamente il centro cittadino di Harran, dove tutto ha avuto inizio, sacrificando così i pochi superstiti. L’incipit di Dying Light non spicca per originalità o complessità narrativa, ma riesce con una discreta naturalezza a farci conoscere le dinamiche di potere che regolano la città. Nei panni del protagonista, Kyle Crane, veniamo tratti in salvo da alcuni membri della Torre; una struttura organizzata da un gruppo di superstiti capeggiati da un certo Brecken. Per conto della Torre dovremo svolgere le missioni principali e scopriremo il vero obiettivo di Crane. Senza dilungarci troppo sulla trama, passiamo all’analisi degli aspetti più significativi del titolo. Dying Light presenta una struttura a mondo aperto discretamente ampia, corrispondente al centro cittadino di Harran. Le strade della città sono strette e articolate in fitti labirinti tra edifici fatiscenti. L’elevato numero di ostacoli e lo sviluppo verticale generale del centro abitato è funzionale alle meccaniche pensate per il titolo. Fin da subito ci vengono insegnati i rudimenti del parkour attraverso un breve addestramento e ci viene fatto intendere che ogni barriera sul nostro cammino rappresenta in realtà una via di salvezza dagli zombie. E’ qui che sta la principale differenza con Dead Island: in Dying Light lo scontro fisico con gli zombie è sempre concesso, ma evitabile se si riesce a padroneggiare il sistema di movimenti del nostro personaggio per sfruttare al meglio ogni ostacolo. Scendere in strada equivale ad esporsi al rischio di affrontare uno scontro fisico. Gli zombie possiedono una certa resistenza e per riuscire ad eliminarli occorre sferrare più di un colpo. Le armi a nostra disposizione si danneggiano fino a rompersi, perciò è bene non sottovalutare mai il pericolo rappresentato dalla presenza di pochi zombie.
NIENTE SCHIAMAZZI, PREGO
Un’altra regola da tenere presente quando ci si muove da una parte all’altra della città è di cercare di non attirare i nemici con rumori sordi, come il tonfo seguito da una caduta accidentale. In pochi istanti tutta la carne morta presente nei dintorni inizierà a muoversi lentamente verso il punto dove ci troviamo, inciampando o cadendo dalla zone rialzate dove si trovano ma comunque avanzando inesorabilmente. In questo senso il comportamento degli zombie si è rivelato molto credibile e divertente da osservare. Lanciando un petardo per attirarli in un certo punto, capiterà sovente di vederne qualcuno lanciarsi giù da un tetto per raggiungere la zona. La loro stupidità è compensata con il numero e con l’insistenza nel cercare di attaccarci, tuttavia le fasi diurne sono incentrate soprattutto sulle missioni da portare a termine e sull’esplorazione dell’ambiente per procurarsi materiale di ogni tipo per confezionare oggetti utili. Il sistema di crafting è senza dubbio più immediato e gestibile rispetto a Dead Island, così come la crescita del personaggio che acquisterà abilità di tre diversi tipi accumulando esperienza. Sarà infatti possibile potenziare l’Agilità dei Movimenti, indispensabile per tenere il ritmo dell’avventura, il Grado di Sopravvivenza (aumentando le capacità legate al crafting) e il Livello di Forza (armi e attacco). Durante il dì sarà inoltre importante cercare di conquistare il maggior numero di rifugi in città, dove potremo attendere il sorgere del sole, depositare oggetti del nostro inventario e cambiare abiti. Salvando invece i superstiti rimasti intrappolati dagli zombie otterremo delle ricompense in denaro, utili per acquistare presso la Torre il necessario per sopravvivere.
GOOD NIGHT, GOOD LUCK!
L’ironia che accompagna le nostre scorribande alla luce del sole lascia il passo ad una vena di puro terrore al calare della notte. Il cambiamento di atmosfera e dinamiche in queste fasi è sorprendente e anche giocando in modalità cooperativa il gioco sembra costringerci a separarci e cercare di arrivare a destinazione contando solo sulle proprie capacità. Durante la notte un tipo particolare di non morti vaga libero per la città per cacciare. I loro sensi sono particolarmente acuiti pertanto occorre muoversi lentamente al buio, evitando l’uso della torcia il più possibile. Si tratta di momenti decisamente angoscianti dove la città cambia completamente aspetto. Gli zombie normali diventano il problema minore, perché se verremo individuati dai predatori la nostra unica speranza sarà quella di fuggire abbastanza velocemente da seminarli. Questa tipologia di nemici somiglia agli infetti del film: “Io sono leggenda”, tutt’altro che sciocchi e incapaci di arrampicarsi. Questa duplice natura del titolo ne garantisce un’evoluzione interessante e offre al giocatore la possibilità di implementare la propria strategia. La ripetitività è un fattore difficile da valutare in questo contesto. Siamo ancora in presenza di una città intera da esplorare, che necessita di fasi di ricerca e di ripercorrere più volte gli stessi percorsi. Sono presenti tuttavia numerose attività secondarie da svolgere oltre alla possibilità di giocare interamente la campagna assieme ai propri amici, fattore che aumenta il tasso di divertimento. Effettuando il preorder del gioco viene resa disponibile la modalità online Be The Zombie, che metterà il giocatore nei panni di un non morto predatore per invadere le partite degli altri giocatori intenti a svolgere la campagna. Attraverso una ricerca online verrà selezionata una partita che potrà ospitare al massimo quattro giocatori zombie, che nelle sessioni notturne potranno tentare di uccidere gli avversari umani. Nei panni dello zombie il giocatore ha accesso a diverse abilità aggiuntive, tra cui una specie di liana che si estende dal braccio del non morto per spiccare balzi notevoli. Purtroppo qui si sono riscontrati i maggiori problemi: accedere ad una partita è stato pressoché impossibile a causa delle continue disconnessioni e malfunzionamenti del server. Un vero peccato visto che si trattava di una feature aggiuntiva decisamente interessante.
IL FASCINO DI HARRAN
Artisticamente parlando Dying Light riesce ad offrire una buona varietà di ambienti in una città che continuamente cambia colore e atmosfera. Il dualismo luce/buio è sicuramente il suo punto di forza, ma anche la compresenza di edifici e vicoli angusti assieme a zone con ruscelli, alberi e cespugli, che nelle fasi notturne permettono di muoversi con minori difficoltà per aggirare i predatori. L’edizione PlayStation 4 che abbiamo testato presenta un’ottimizzazione discreta, con alcuni cali di framerate nelle cutscene. Nelle sequenze in game invece la fluidità è soddisfacente con numerosi effetti particellari e un sistema di illuminazione suggestivo. Il livello di dettaglio in certi elementi è altalenante ma nel complesso la resa visiva è ottima.
CONCLUSIONE
Techland è riuscita a mescolare elementi di successo di diversi titoli come il parkour alla Mirror’s Edge o il sistema di crescita del personaggio in stile Far Cry creando un prodotto con una forte identità individuale, capace di distinguersi dal predecessore Dead Island pur mantenendo una struttura simile. Consigliamo indubbiamente il titolo per chi ama il genere survival e la grande libertà di azione offerta dai titoli di Techland e suggeriamo anche a chi non è avvezzo al genere di avvicinarsi a questo titolo, poiché troverà un livello di sfida stimolante e un’avventura ricca.