Backlog – Muramasa Rebirth

Articolo a cura di Gianluca “DottorKillex”Arena

Seconda puntata del 2015 per Backlog, rubrica tesa a ricordare ad ogni giocatore che, per un gioco entusiasmante in uscita, ce ne sono due (se non tre) che ci si è persi per strada, per un’accoglienza fredda da parte della critica, preconcetti personali o, semplicemente, mancanza di tempo.
Il tempo sa essere gentiluomo, però, e non è mai troppo tardi per recuperare, spesso con costi minimi, i più meritevoli tra i giochi che abbiamo lasciato indietro: una volta a settimana, allora, analizzeremo titoli dimenticati troppo in fretta, che invece meritano di intrattenerci per qualche ora.
Stavolta ci concentreremo su un titolo uscito per PlaystationVita, console dalle immense (e purtroppo sottosfruttate) potenzialità: Muramasa Rebirth.

Il fascino del Giappone feudale

Originariamente uscito nel 2009 su Nintendo Wii, e colpevolmente ignorato dalle masse, Muramasa The Demon Blade era un action game bidimensionale di gran classe, partorito dal team Vanillaware, che si era già fatta un nome tra gli appassionati di giochi in due dimensioni grazie a titoli di qualità quali Odin Sphere e Grim Grimoire, pubblicati per PS2.
Il gioco fondeva la consueta, incantevole direzione artistica, marchio di fabbrica del team di sviluppo, con dinamiche hack’n’slash assai stratificate, che consentivano di apprezzare il gioco a diversi livelli, tanto per i neofiti quanto per i più tecnici tra i fan degli action game.
L’annuncio di un porting su PlaystationVita fu quindi accolto con un misto di sorpresa ed eccitazione: la prima era dovuta agli scarsi risultati in termini di vendite che avevano caratterizzato l’uscita sulla console Nintendo, la seconda era invece figlia della qualità del gameplay proposto e dell’invitante prezzo di lancio, fissato sotto i venticinque euro.
La storia dietro questo titolo ruota intorno a due figure in viaggio, l’una verso oriente e l’altra verso occidente, con motivazioni e background radicalmente diversi: Momohime è una principessa posseduta dallo spirito di un generale morto sul campo di battaglia, che, con ancora diversi conti in sospeso tra i vivi, la spinge a lasciare la sicurezza del suo castello per cercare vendetta; Kisuke è invece in balia di un’amnesia totale, ed è conscio di essere un ninja solamente perché il suo corpo non ha dimenticato come maneggiare una katana.
L’una, in viaggio in direzione est, e l’altro, diretto ad occidente, finiranno con l’incrociarsi, lasciando un’impronta indelebile nelle vicende altrui: il giocatore può impersonare uno dei due personaggi a piacimento, scegliendo così in quale ordine portare a termine le due storie, che, sommate, garantiscono una longevità variabile tra le dieci e le quindici ore, cui, in esclusiva per la versione per la console portatile Sony, si aggiungono quattro contenuti scaricabili, ambientati nello stesso mondo del titolo base, e venduti ad un prezzo competitivo.
A fronte del gameplay, il versante narrativo rimane sfilato, quasi in secondo piano, fornendo più che altro una buona scusa al giocatore per perdersi nel meraviglioso mondo partorito dal team di sviluppo.

Cappa e katana

L’ossatura del gioco prevede la libera esplorazione di una mappa molto complessa, in stile metroidvania, e questa rappresenta forse una delle poche pecche del titolo, visto che la struttura stessa degli ambienti costringerà il giocatore a lunghe fasi di backtracking, che, nonostante un sistema di combattimento più che riuscito, potrebbero far storcere il naso ai meno pazienti.
Cionondimeno, cimentarsi con le dinamiche di gioco è da subito un piacere:dopo un veloce (ma esaustivo) tutorial, al giocatore viene lasciato il controllo di tre spade assai temibili, che rilasciano morte sui nemici alla semplice pressione di un tasto: piuttosto che perdersi in sequenze difficili da memorizzare, Muramasa Rebirth punta sul tempismo, sulla ritmata alternanza tra offesa e difesa, e sulla scelta strategica insita nell’usare una sorta di smart bomb al momento più opportuno.
Parare i colpi nemici diminuisce la durevolezza delle spade equipaggiate, fino a spezzarle, dimezzando così la capacità offensiva del giocatore, ma, nel contempo, è impensabile farsi strada tra orde di nemici (e contro i numerosi boss) senza padroneggiare l’arte della parata: in soccorso del giocatore viene, al cambio di lama, un colpo che si estende a tutti i nemici a schermo, e che dona respiro nelle situazioni più concitate.
L’arsenale dei protagonisti non consta infatti di una sola arma, ma di una serie di eccellenti strumenti di offesa forgiati dal fabbro Muramasa (figura leggendaria ispirata da un artigiano realmente esistito) con le anime rilasciate dai nemici sconfitti: dopo averne accumulate a sufficienza, il giocatore può scegliere quale spada forgiare su una griglia che mostra statistiche di attacco e difesa.
Questo dona sfumature ruolistiche al gioco, e dona un senso al respawn dei nemici in alcune aree (mai eccessivo, per la verità) e alla presenza di dungeon opzionali sparsi per l’enorme mappa di gioco, cui sarà possibile accedere solo dopo aver forgiato determinate lame.
L’esercito nemico che saremo chiamati a decimare brillerà per varietà, costringendo a variare le strategie d’attacco e a coordinare sempre al millesimo occhio e dito: la mappatura dei comandi su PlaystationVita è eccellente, e, complice la struttura bidimensionale del gioco, consente di godersi questo action game senza troppi compromessi anche in movimento, peraltro su una console che non dispone di titoli simili in grande quantità.
A completare un quadro assai lusinghiero, la fulgida bellezza del design del titolo, esaltata dallo schermo OLED dei primi modelli di PSVita: portando all’estremo l’antica tecnica pittorica giapponese chiamata ukiyo-e, Vanillaware dipinge un quadro in movimento, splendido da guardare se fermo e altrettanto armonico nel susseguirsi di frame di animazione fluidi e naturali, accompagnati da una colonna sonora sempre sul pezzo.
Raramente, nella mia lunga “militanza” videoludica, ho assistito ad un connubio così riuscito tra arte e videogiochi.

Prezzo e reperibilità

Due piccoli nei offuscano solo parzialmente la lucentezza di questo porting: la mancanza di una release fisica per l’Europa e l’assenza della traduzione italiana vista ai tempi di Nintendo Wii.
Nessuno di questi due inciampi si rivela essere particolarmente grave, comunque: la presenza del titolo sugli scaffali digitali di Playstation Store, che pure farà storcere il naso ai collezionisti, assicura la facile reperibilità del titolo, pubblicato nel corso della seconda metà del 2013 qui da noi, e con esso tutti e quattro i DLC già menzionati.
Per quanto concerne la mancanza della localizzazione italiana, spiegabile con il cambio di publisher cui il gioco è andato incontro, questa non pregiudica la fruizione di un titolo puramente action, in cui l’intreccio narrativo non è preponderante.
Per quanti si fossero persi il titolo alla sua uscita, il consiglio è di propendere per la Complete Collection, contenente tutti i contenuti scaricabili a soli due euro in più rispetto al titolo base.

Commento finale

Muramasa Rebirth è, in un sol colpo, un ottimo hack’n’slash bidimensionale e un eccellente porting, che ripropone al pubblico odierno una perla da troppi sottovalutata, peraltro ad un prezzo veramente vantaggioso.
La mancanza della localizzazione italiana e fasi di backtracking spesso tediose non bastano a trattenermi dal consigliarvelo senza remore, soprattutto grazie ad un sistema di combattimento semplice ma profondo, una longevità notevole per il genere e una direzione artistica da brividi.