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The Walking Dead: Season Two – Recensione

Recensione a cura di Giulia Ambrosini e Danilo Neve

Il grandissimo successo dell’opera di Telltale poggia quasi interamente su di una sceneggiatura estremamente matura e profonda, che non lascia nulla al caso e in cui l’indifferenza nei confronti di ciò che succede non è ammessa. Sfortunatamente i singoli episodi sono stati rilasciati solamente in lingua originale, cosa che rende molto meno fruibile il gioco a chi non conosce bene la lingua per via delle numerose linee di dialogo presenti e delle scelte immediate da compiere. Fortunatamente la community dei giocatori è ricca di persone talentuose e desiderose di condividere con più utenti possibile le proprie esperienze. Per questo dobbiamo ringraziare i ragazzi di Traduzione TWD Team, che hanno lavorato assiduamente per offrire a tutti la possibilità di giocare ai vari capitoli su PC con la traduzione italiana dei dialoghi.

NESSUN ATTIMO DI TREGUA
Siamo giunti alla conclusione di un percorso durato otto mesi, con l’uscita del quinto e ultimo capitolo. Con la profonda nostalgia, altissime aspettative e la voglia di lasciarci ancora sconvolgere, ci siamo avventurati nella seconda stagione di The Walking Dead, certi che Telltale ci avrebbe ancora regalato grandi emozioni. E’ stata dura all’inizio, guardare la piccola Clementine senza lasciarsi sopraffare dal desiderio di lanciare uno sguardo alle spalle alla ricerca di Lee, suo mentore e sua coscienza. Questa seconda stagione lascia poco spazio ai ricordi, e in pochi istanti getta la piccola protagonista in una nuova serie di turbolente avventure. Impersonare una ragazzina di appena 10 anni comporta delle grosse differenze nel gameplay rispetto alla prima stagione. Clem, nonostante la sua maturità, non può porsi come leader di un gruppo e non può intervenire in prima persona per sedare un conflitto prendendo una decisione per gli altri. Questo spesso comporta una posizione di spettatorialità rispetto alle vicende, e la necessità di appellarsi al buon senso dei personaggi usando le parole migliori. Questo naturalmente non significa che il livello di tensione si sia abbassato rispetto al passato. The Walking Dead continua a porci di fronte a situazioni estremamente complesse e realistiche capaci di tenere incollato allo schermo il giocatore. Questa seconda stagione è stata purtroppo giocata e analizzata in un diretto confronto con la prima, conclusasi con un finale che avrebbe segnato da lì in avanti un nuovo standard qualitativo per la narrazione in un’opera videoludica. Inevitabilmente quindi ci si imbatte in situazioni simili, con dinamiche gruppali che in qualche modo portano sempre diverse tipologie di carattere a scontrarsi. Clem da sola non può sopravvivere, perciò l’incontro con altre persone, nel bene o nel male è la sua unica via di salvezza. Forse se il salto temporale fosse stato maggiore, avremo assistito ad un effettiva evoluzione della struttura di gioco ma era necessario passare attraverso un percorso di crescita prima di incentrare il focus sulle scelte morali della protagonista.

E SE AVESSI SCELTO DIVERSAMENTE?
Ne deriva una narrazione non priva di momenti di stallo talvolta pesanti, in cui il giocatore è costretto a relazionarsi con numerosi personaggi che spesso vengono poi estromessi senza che si venga posti di fronte ad una reale scelta. Anche l’interazione con l’ambiente circostante si riduce drasticamente dopo il primo episodio “All that remains”, andando verso una narrazione maggiormente incentrata sui dialoghi e meno sulle azioni legate alla mera sopravvivenza. Questo perché una volta incontrato il gruppo, Clem non è più costretta e preoccuparsi in prima persona di gestire l’accampamento, le risorse e la vedetta. Più in generale, la storia raccontata nella Seconda Stagione sembra maggiormente ancorata a dei punti chiave e le scelte effettuate appaiono meno determinanti, nel senso che non è più possibile scegliere in prima persona di sacrificare un personaggio piuttosto che un altro per proseguire con lui nell’avventura. In realtà le scelte effettuate nei dialoghi stravolgono in parte il modo in cui le vicende vengono portate avanti. Rigiocando ai primi capitoli e comportandoci in modo diametralmente opposto infatti abbiamo riscontrato delle differenze molto interessanti. La storia tuttavia conduce inevitabilmente verso l’incontro con Kenny, personaggio che assumerà un ruolo chiave negli ultimi episodi per porre Clem di fronte a scelte morali che avranno probabilmente delle conseguenze notevoli sulla sua crescita personale. Coloro che si aspettavano quindi una Seconda Stagione esplosiva, ricca di colpi di scena sconvolgenti ad ogni episodio potrebbero rimanere un po’ delusi, ma non per questo non apprezzeranno l’ottimo lavoro fatto sulla protagonista e in generale su tutti gli altri personaggi. La stagione prevede una conclusione decisamente più aperta, se vogliamo inconcludente, che poggia tuttavia su di un evento che costituisce il vero, gigantesco climax di tutta la stagione.

CONCLUSIONE
The Walking Dead mantiene anche con questa seconda stagione l’alto livello di cura nella costruzione dei dialoghi e nella narrazione delle vicende. Da un punto di vista artistico è stato fatto un notevole passo in avanti, i personaggi sono ancora più espressivi e le ambientazioni regalano spesso degli scorci meravigliosi. Purtroppo non è stato migliorato il sistema di gioco con novità che potevano compensare la mancanza di interazione con l’ambiente, tipica dello stile di Telltale dei primi lavori. Speriamo che la Terza Stagione segni una distanza non solo temporale, ma anche in termini di situazioni rispetto a quanto già visto finora. Clementine è finalmente pronta per decidere che tipo di persona vuole diventare, e quale tipo di società vuole costruire attorno a sé. Speriamo quindi in una stagione conclusiva, che non disperda ulteriormente le fila della narrazione e che chiuda il cerchio con un verdetto finale.

This post was published on 3 Ottobre 2014 14:00

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