Articolo a cura di Stefania Sperandio
SOMMARIO ENCICLOPEDIA METAL GEAR SOLID
Il mistero è sul piatto: con la conclusione di Metal Gear Solid 2, Hideo Kojima è riuscito ad incuriosire tutti i fan che, dopo le vicende vissute da Solid Snake e Raiden sull’impianto Big Shell e su Arsenal Gear, sono impazienti di scoprire la reale identità dei Patriots, apparentemente morti cento anni prima degli eventi di Sons of Liberty. Chi sono davvero? E dove si nascondono?
È l’E3 2004, quando viene annunciato Metal Gear Solid 3: Snake Eater. I fan accolgono l’esistenza del nuovo capitolo della saga kojimana con entusiasmo, convinti di trovare risposte alle loro curiosità. Ma, proprio nel momento in cui l’estroso game designer di Konami, messosi alla guida dell’appena fondata Kojima Productions, sembrava prossimo a porre tutti i puntini sulle i dell’intricata sceneggiatura del franchise, eccolo decidere di dedicarsi ad un prequel. Niente caccia ai Patriots, niente inseguimenti di Liquid Ocelot sul Metal Gear RAY con cui scappò da Arsenal Gear: ora è il tempo di raccontare la Guerra Fredda. Di far volgere lo sguardo dei videogiocatori al 1964. E di reinventare Metal Gear Solid – di nuovo.
Nuovo contesto, nuove ambientazioni, nuovo Serpente
Le novità sono sotto gli occhi di tutti: per la prima volta, Kojima decide di abbandonare la sicurezza degli edifici squadrati e delle pareti grigie monotone, portando la sua saga nella jungla (fittizia) di Tselinoyarsk. Il contesto ci direbbe che si trova in Russia, se solo la timeline ludica non fosse andata a ritroso fino al 1964, in piena Guerra Fredda, quando il grosso blocco orientale era conosciuto e temuto sotto il nome dell’URSS.
Al termine della Seconda Guerra Mondiale, questo blocco entrò in forte contrasto con quello occidentale, rappresentato dagli Stati Uniti, anche se nessuna delle due superpotenze era davvero vogliosa di innescare un nuovo conflitto: la loro rivalità a distanza portò ad una lotta priva di veri e propri focolai bellici diretti, che vide i due blocchi fronteggiarsi in una folle corsa agli armamenti, acquistati o prodotti come deterrente, che portò ad una proliferazione nucleare impari. Tuttavia, non mancarono i momenti di altissima tensione, che fecero temere al mondo l’imminente diffusione delle dichiarazioni di guerra: nei primi anni Sessanta, mentre gli USA erano impegnati nel conflitto vietnamita, il mondo venne scosso dalla Crisi Missilistica Cubana, quando l’URSS puntò, dall’isola, le sue armi contro gli States. La tensione era così concreta da far sembrare ormai assodato lo scoppio del conflitto. Per mantenere la pace, era necessario che i due Paesi entrassero in trattativa, che le loro crisi li portassero a venirsi incontro. Che le spie dell’epoca si facessero carico delle loro bandiere e dei loro ideali, aldilà di qualsiasi altra cosa.
La tensione è alta come non mai, quando prendono piede le vicende di Snake Eater. E Kojima, mai come in questo momento, ha attinto con saggezza dal contesto storico reale, amalgamando ad esso una sceneggiatura che mostra le tinte delle stelle e striscie e della falce e il martello in ogni sua svolta.
24 Agosto 1964. Missione Virtuosa
Ancora una volta, Hideo Kojima decide di raccontare la sua storia a cominciare da un prologo. Il giovane Jack, agente statunitense della FOX Unit identificato come Naked Snake, deve raggiungere la foresta di Tselinoyarsk, nel pieno dell’URSS, per trovare e riportare a casa lo scienziato Nikolai Stepanovich Sokolov, al quale gli USA promisero tempo addietro la libertà. L’uomo è stato letteralmente portato via con la forza dalle truppe del blocco orientale, che lo costringono a lavorare al progetto di una nuova, potente, arma nucleare: Shagohod.
Naked Snake deve quindi infiltrarsi nel territorio nemico a compiere la sua missione, evitando in qualsiasi modo di essere scoperto dalla sorveglianza sguinzagliata nell’area dal KGB: in caso contrario, gli USA negherebbero ovviamente qualsiasi coinvolgimento.
Spalleggiato via radio dal suo diretto comandandante, Major Tom, Snake può contare anche sulla consulenza della giovane dottoressa Para-Medic e di nientemeno che The Boss, suo mentore e madre delle forze speciali. La donna ha addestrato Snake fin da quando era giovanissimo, ed i due militari sono uniti da un fortissimo legame di lealtà.
Proprio grazie a lei, Snake è l’uomo giusto per questa missione: Jack affronta il primo salto HALO della storia (che prevede una lunga caduta libera dall’aereo, e l’apertura del paracadute solo a bassa altitudine) ed atterra nell’ombra di Tselinoyarsk, pronto a mettersi alla ricerca di Sokolov.
Il giocatore non può non rimanere stupito dalle enormi differenze che, controller alla mano, può subito notare: attorno a sé, si muove e vive una jungla popolata da animali tra i più diversi, tutti cacciabili e commestibili – con risultati gradevoli o meno per lo stomaco di Snake. Inoltre, mentre in precedenza si poteva sempre contare sul radar Soliton, per la prima volta l’utente deve affidarsi solo ed unicamente alla sua vista e, al massimo, al sonar che identifica le fonti sonore nei paraggi. L’infiltrazione è totale: per sfuggire agli occhi indiscreti, non è più sufficiente rimanere lontani dal “cono visivo” dei nemici, ma è utile indossare l’uniforme mimetica più adatta alla situazione, che porterà alla salita dell’indice camo mostrato su schermo. Per fare un esempio, un indice di mimetizzazione dell’80% può generalmente garantirvi di non essere notati dal nemico mentre siete nascosti dietro ad un cespuglio o appiattiti contro una parete di roccia, ma muovervi all’improvviso o correre vi renderebbero visibili anche alla lunga distanza, portando la mimetizzazione sotto lo 0%.
In Metal Gear Solid 3 l’esperienza di infiltrazione stealth è quindi decisamente rinnovata grazie alle offerte della sua ambientazione, e viene introdotto – oltre alla mimetizzazione – un altro degli elementi che diventeranno cardine nei futuri episodi: il CQC. Addestrato da The Boss, Snake è in grado di affrontare con un piglio unico i combattimenti ravvicinati, riuscendo a disarmare e rendere inoffensivo il nemico con una impressionante maestria. L’utilizzo di queste tecniche, nel corso del gioco, è decisamente appagante, motivo per il quale Kojima ha deciso di riproporle sempre nei capitoli a venire.
Ma torniamo al dottor Sokolov: Snake si infiltra nella taiga sovietica e riesce a raggiungere senza troppi sforzi lo scienziato. Quando fa per fuggire portandolo via, però, viene sorpreso da un manipolo di GRU, capeggiati dal giovanissimo e talentuoso Maggiore Ocelot. Grazie alla sua conoscenza del CQC, Snake riesce ad avere la meglio, e ad avanzare fino all’area del ponte sospeso di Dolinovodno. Con raccappriccio, si trova però davanti proprio il suo mentore, The Boss, che gli sbarra inspiegabilmente la strada: scopre così che la donna ha disertato per l’Unione Sovietica, ed è ora al servizio del colonnello rivoluzionario Yevgeny Borisovitch Volgin. L’imponente ufficiale è una minaccia non solo per gli Stati Uniti, ma sopratutto per l’URSS, dal momento che il suo intento è quello di rovesciare il presidente Nikita Krusciov e favorire l’ascesa di Leonid Breznev. Per quanto riguarda lo scontro con gli USA, invece, il colonnello Volgin ha dalla sua non solo lo Shagohod e The Boss, ma anche un impressionante ammontare di denaro che andrà a finanziare la sua campagna militare, conosciuto come Eredità dei Filosofi. A dargli manforte c’è anche la Cobra Unit, storica squadra di The Boss, e perfino tutti i sottoposti del maggior Ocelot. Per suggellare il suo accordo con il colonnello, The Boss gli porta in dono due Davy Crockett, missili nucleari portatili: quando Snake cerca di intervenire per fermare la donna e Volgin, viene attaccato da quest’ultima, che lo getta dal ponte senza che lui riesca a fare altro che strapparle la bandana dalla fronte. Il fiume Dolinovodno accoglie la caduta di Jack, che viene ritenuto deceduto nell’impressionante impatto.
Volgin è deciso: mentre si allontana con le sue truppe in elicottero trasportando il carro armato nucleare Shagohod, arma il Davy Crockett decidendo di radere al suolo il vecchio impianto di sviluppo dove lavorava Sokolov – ora nuovamente prigioniero dell’URSS. Nemmeno il maggiore Ocelot, che tentava di dissuaderlo chiedendogli di non uccidere nessuno dei loro connazionali, riesce a fermarlo. Sopravvissuto alla caduta e gravemente ferito, Snake assiste impotente all’alzarsi del fungo atomico, che avvolge e divora quello che un tempo era stato il laboratorio di Sokolov.
30 agosto 1964. Operazione Snake Eater
La Missione Virtuosa è un sonoro fallimento: a causa della mancata riuscita dell’operazione di Snake, gli URSS scoprono che gli USA avevano inviato un loro agente, e lo stato di crisi è quasi irreparabile. Forte dello scandalo, il presidente Krusciov contatta il presidente Johnson: il missile lanciato da Volgin contro l’impianto di Sokolov è infatti di fabbricazione statunitense, ed agli occhi di tutto il mondo il frutto dei gesti del colonnello Volgin è che gli USA, in qualche modo, hanno sferrato un’offensiva nucleare contro l’URSS. Per risolvere l’imbarazzo, Krusciov chiede quindi che gli Stati Uniti forniscano una prova di buona fede all’Unione Sovietica, aiutando il presidente del blocco orientale a liberarsi di Volgin, ora pericolosissimo nei suoi tentativi di rovesciare il governo e portare Breznev al potere.
Ripresosi dalle ferite, Snake riceve dal suo comandante, ora rinominato Major Zero, i nuovi ordini: per salvare gli Stati Uniti e la FOX Unit, l’agente deve affrontare l’Operazione Snake Eater. Il suo incarico gli richiede di tornare a Tselinoyarsk, salvare ancora una volta Sokolov, distruggere lo Shagohod per disarmare Volgin e – infine – di uccidere il suo mentore, The Boss, e tutta la sua Cobra Unit, per far pagare il loro tradimento e la loro alleanza con la scheggia impazzita costituita dal colonnello. Se Snake dovesse fallire ancora, tradendo la fiducia dell’URSS, il mondo si troverebbe praticamente sulla soglia di un conflitto nucleare su scala globale.
Nonostante gli acciacchi, Jack riesce ad infiltrarsi ancora una volta nella jungla di Tselinoyarsk, spalleggiato nuovamente da un team radio composto da Major Zero e Para-Medic, ai quali si affianca il giovane analista Sigint, che prende il posto lasciato dalla traditrice The Boss. Inoltratosi nella foresta con addosso la bandana che ha strappato alla donna, Snake deve mettersi in contatto con Adam, un prezioso informatore sovietico. Quando raggiunge il punto d’incontro, però, Jack scopre di avere davanti non Adam, ma EVA, una bellissima e letale spia sovietica che ha deciso di lavorare per gli USA. La ventottenne è riuscita infatti ad entrare nelle grazie del colonnello Volgin, e può fornire a Snake preziose informazioni provenienti direttamente dalla fortezza dell’ufficiale. Snake decide di riposarsi nel nascondiglio in cui ha incontrato la donna, che gli fornisce anche una pistola: in precedenza, infatti, l’agente non aveva con sé armi letali, per evitare di lasciare tracce statunitensi sul territorio nemico. Al suo risveglio, però, i due vengono aggrediti da un manipolo di soldati del team d’elite del maggiore Ocelot, che – a causa della sua inesperienza – ha però la peggio, ed è costretto alla sconfitta con la coda tra le gambe. EVA, in sella alla sua moto, saluta Snake e fugge verso la fortezza di Groznij Grad per fingersi ancora una volta amante del colonnello.
Avanzando nella foresta, Snake si imbatte ancora in Ocelot, che ha nuovamente la peggio nel loro scontro, ma è costretto a precipitare in una grotta sotterranea, dove trova ad attenderlo il primo membro dei Cobra, The Pain. Lottando con valore, Jack riesce ad avere la meglio ed il nemico muore, facendosi esplodere, al termine dello scontro. Di buona lena, l’agente statunitense continua ad avanzare, raggungendo il laboratorio di ricerca del professor Aleksandr Leonovitch Granin, altro luminare dell’ingegneria bellica: quest’ultimo ha ideato un carro armato bipede con arsenale nucleare annesso, ma il suo visionario progetto è stato scartato proprio in favore dello Shagohod. Non gli dispiacerebbe, insomma, fornire a Snake informazioni utili per distruggerlo. Nel gioco, viene mostrata un’immagine del progetto sostenuto da Granin, che ne svela le fattezze simili a quello che in futuro sarà conosciuto come il REX.
Sempre più deciso nella sua avanzata, Snake è inarrestabile, e nemmeno altri due membri dei Cobra, The Fear e il leggendario cecchino The End, possono fare niente per fermarlo. Come The Pain, prima di loro, i due discepoli di The Boss decidono di darsi la morte, una volta sconfitti dal soldato americano. Superata la profonda foresta di Sokrovenno in cui ha affrontato The End, Snake è ormai prossimo alla fortezza di Groznij Grad: scala la montagna di Krasnogorje, incontrando ancora una volta EVA, e da lontano assiste impotente all’uccisione di Granin, scoperto da Volgin essere una spia. Messo di fronte alla crudeltà impari dell’ufficiale, Snake si affretta per scendere dall’altro versante di Krasnogorje e per raggiungere Groznij Grad: sulla strada, però, trova l’opposizione dell’ultimo discepolo di The Boss rimasto, The Fury, che a sua volta non può nulla per fermare l’avanzata di Jack. Sconfitto, il membro della Cobra Unit segue l’esempio dei suoi compagni e si toglie la vita schiantandosi, equipaggiato con il suo jetpack trabboccante carburante, sul soffitto del camminamento sotterraneo che conduce a Groznij Grad.
Snake è all’interno della fortezza di Volgin, e si nasconde rubando l’uniforme del maggiore Ivan Raidenovich Raikov: grazie a quest’ultima, riesce ad infiltrarsi fino alle stanze in cui è tenuto prigioniero Sokolov. Jack chiede all’uomo di avere tutte le informazioni sullo Shagohod, ma lo scienziato rivela di aver già dato ad EVA il microfilm che lo conteneva; quando fa nuovamente per portare in salvo lo scienziato, però, Snake viene sorpreso dalla presenza di The Boss e del colonnello Volgin, che smaschera il suo travestimento. Il soldato statunitense non può mulla quando i nemici lo attaccano e riescono brutalmente a metterlo al tappeto, picchiandolo a sangue.
Quando Snake riprende i sensi, è legato ad una corda per le braccia, all’interno di una inquietante stanza da tortura. Il colonnello Volgin lo interroga picchiandolo e sottoponendolo ad elettroshock per scoprire se conosce o meno informazioni relative all’Eredità dei Filosofi. Nella stanza sono presenti anche EVA – che interpreta il ruolo di Tatyana, l’amante di Volgin (il quale in realtà ha anche una relazione con il maggiore Ivan Raikov) – The Boss e il maggiore Ocelot. Nel corso di una colluttazione tra i sovietici, Snake riesce a scuotersi, appeso alla corda, per evitare che Ocelot tenti di aggredire EVA: il colpo accidentale partito dalla rivoltella del giovane ufficiale, però, lo colpisce all’occhio destro, facendoglielo perdere per sempre.
Rinchiuso nelle celle di Groznij Grad, Snake riesce disperatamente ad evadere e ad allontanarsi dalla base: quando si ritrova braccato da Ocelot ed i suoi, mentre tenta di lasciare la fortezza attraverso le fognature, decide di saltare nel vuoto per seminarli, precipitando da un’altezza vertiginosa nello specchio d’acqua sottostante.
L’impatto è violentissimo, al punto che Jack perde subito conoscenza. Si ritrova nel corso di un fiume, al cospetto di The Sorrow, uno degli storici membri della Cobra Unit, morto in realtà diversi anni prima proprio nei pressi del corso d’acqua di Dolinovodno. In un’inquietante esperienza simil-onirica, Snake è costretto ad attraversare il fiume popolato dalle anime di tutti coloro che ha ucciso per sopravvivere fino ad allora, e che gli gridano in faccia il loro dolore eterno. Quando giunge al termine del corso d’acqua, lui stesso si accascia, apparentemente morto.
Jack riprende conoscenza solo a quel punto, dopo il viaggio a cui lo spirito del medium The Sorrow lo ha costretto, per scoprire di essere ancora vivo, ed esattamente nel punto in cui è caduto dopo aver seminato Ocelot ed i suoi. Non curandosi dello shock datogli dalle torture subite, dalla perdita dell’occhio destro e dalla disturbante esperienza di morte a cui The Sorrow lo ha costretto, Snake riesce a ricomporsi e ad avanzare verso il suo prossimo obiettivo: ora che Sokolov sembra essere rimasto ucciso mentre l’agente statunitense veniva catturato, la priorità numero uno è distruggere lo Shagohod. Jack incontra EVA nel retro delle cascate nei pressi di Groznij Grad, con la donna che gli consegna dell’esplosivo al plastico per far saltare il deposito della micidiale arma di cui Volgin dispone – Shagohod compreso. I due agenti si concedono però un momento di pausa, e si confidano in quali luoghi gli piacerebbe andare a cena insieme al termine dell’operazione. Ormai privo dell’occhio destro, Snake decide infine di indossare una benda che possa coprire la vistosa menomazione, prima di infiltrarsi nuovamente nella fortezza di Volgin. Riesce a raggiungere il deposito dello Shagohod e a piazzare le cariche ma, quando il conto alla rovescia per la detonazione è già cominciato, un’amara sorpresa lo attende al varco.
La nascita della Leggenda
Snake è bloccato da Ocelot e Volgin all’interno del deposito dello Shagohod, con i due che gli comunicano di avere appena scoperto che Tatyana è in realtà EVA, e che ha quindi fatto con i sovietici il doppiogioco per tutto il tempo: quando The Boss prende con sé la ragazza, annunciando che la ucciderà e portandola via, Snake non può niente. Si vede costretto ad affrontare Volgin in un insano duello corpo a corpo, mentre la detonazione si fa sempre più imminente. Quando il colonnello comprende di non poter avere la meglio sul più fedele e più preparato discepolo di The Boss, chiede ad Ocelot di sparargli, ma il maggiore si rifiuta, invitando Volgin a “combattere come un uomo”. Rafforzato dall’inaspettato onore dimostrato da Ocelot, Snake conclude lo scontro avendo la meglio sull’alto ufficiale sovietico, e si fionda all’esterno per salvarsi dalla detonazione delle cariche. Con sorpresa, trova qui ad attenderlo EVA, che è stata liberata da The Boss senza nessun motivo apparente: la ragazza è alla guida di una moto con sidecar, sulla quale Snake si accomoda per coprire la loro folle fuga da Groznij Grad. L’agente e la spia sovietica sono braccati dagli uomini di Volgin, dal maggiore Ocelot e, incredibilmente, perfino dallo Shagohod, che sembra essersi miracolosamente salvato dall’esplosione. Il colonnello Volgin, alla sua guida, è determinato ad avere la sua rivincita su Snake: quando anche il tentativo di far crollare il carro armato nel vuoto, abbattendo un ponte mentre lo attraversava, fallisce, Snake ed EVA sono costretti ad affrontare il mostro faccia a faccia. In una battaglia estenuante, i due hanno quasi ragione dell’avversario e, quando Volgin si prepara a sferrare una nuova controffensiva, il temporale che imperversa decreta la sua fine: l’ufficiale sovietico viene colpito dai fulmini a causa della sua capacità di condurre la corrente elettrica, e l’aumentare della carica porta ad esplodere, una ad una, tutte le munizioni della sua bandoliera. Martoriato dalle ferite, il colonnello si accascia sullo Shagohod, devastato da una morte orribile.
Snake ha tentato di salvare Sokolov ed ha distrutto lo Shagohod: rimane un solo obiettivo da completare – uccidere The Boss per farle pagare il suo tradimento.
Scosso da una tempesta interiore, l’uomo avanza nei boschi di Zaozorje insieme ad EVA, quando la loro moto, in fuga dai nemici, si schianta: sbalzata dal mezzo, la ragazza è gravemente ferita nella caduta, e Snake si vede costretto ad aiutarla a raggiungere il lago di Rokovoj Bereg poco più avanti, dove The Boss li sta aspettando. La donna si allontana per raggiungere l’aereo idrovolante che era stato parcheggiato sul lago per la loro fuga, ma arresta la sua corsa per raccomandare solo una cosa a Snake: deve tornare indietro vivo. L’uomo non è in grado di garantirglielo, quando volta le spalle in direzione di The Boss, che lo aspetta poco distante.
Con sulle spalle la responsabilità del destino della Guerra Fredda e del mondo, schiacciato dalle uccisioni commesse per compiere la missione, torturato e sfigurato per sempre con la perdita del suo occhio destro, Snake avanza verso The Boss conscio che la parte di se stesso che più fa male deve ancora essere persa. La donna è di spalle a lui, al centro di un campo di ghiunchiglie bianche, e lo chiama ancora per nome, ancora “Jack”, mentre gli parla della sua vita, delle sue missioni, dell’amore che la univa a The Sorrow, che dovette comunque uccidere per compiere la sua missione – perché è questo che fanno i soldati, aldilà dei sentimenti e dei coinvoilgmenti personali: compiono le missioni. Snake è muto davanti al suo mentore, quando la donna racconta di aver dato alla luce un figlio di The Sorrow, la notte dello Sbarco in Normandia, mentre era sul campo di battalia: una grossa cicatrice sul suo tronco è l’unico segno tangibile del fatto che lei è madre di un figlio che il suo Paese le ha strappato. Mentre ancora Snake non ha repliche per la donna che gli ha insegnato ogni cosa e che lo ha reso ciò che è, The Boss ricorda la sua missione nello spazio, e – nel bel mezzo della Guerra Fredda – vuole ricordare una cosa fondamentale al suo più talentuoso allievo: vista dall’alto, la Terra non aveva confini. Non era possibile distinguere l’Est dall’Ovest. Non c’erano blocchi occidentali nè blocchi orientali.
Quando la donna decide che è giunto il momento di consegnarsi allo scontro con quel Jack che ha cresciuto sul campo di battaglia con grande dedizione, la sua raccomandazione risuona: “uno deve vivere, ed uno deve morire. Nessuna vittoria, nessuna sconfitta. Il sopravvissuto porterà avanti la battaglia. È il nostro destino… chi sopravviverà erediterà il titolo di Boss, ed affronterà un’esistenza di battaglie senza fine.”
In dieci minuti, l’area sarà raggiunta dai MIG che la bombarderanno per cancellare ogni traccia. Snake ha dieci minuti per affrontare i suoi fantasmi e concludere la sua missione, per sfogare su quella donna il dolore dato dalla sua diserzione. Quando alza i pugni per cominciare la sfida, la voce di The Boss non lascia spazio a nessun dubbio: “Jack, rendiamo questi i più grandi dieci minuti della nostra vita.”
In un silenzio surreale, intento ad eseguire gli ordini contro la sua stessa volontà e i suoi sentimenti, Snake attacca la donna che rappresenta ogni sua certezza nel tentativo di ucciderla, accorgendosi colpo dopo colpo di stare assassinando nient’altri che se stesso. Quando The Boss, sconfitta, cade al suolo ferita, è Jack ad essere morto per sempre. Accasciata a terra, su un letto di fiori bianchi che sembrano omaggiarla, The Boss consegna a Snake un disco dati dell’Eredità dei Filosofi, definendolo “la nostra unica speranza”, e prega il suo discepolo di ucciderla. Il silenzio prosegue, ferisce le orecchie, quando la cutscene si interrompe e Kojima chiede al giocatore – proprio tu – di premere il grilletto per finire The Boss. Di compiere la missione, anche contro la propria volontà, come un vero soldato deve fare.
Lo sparo è un tuono. Il campo di ghiunchiglie è pennellato dal sangue della donna, che giace sui fiori, uccisa dal suo discepolo più fedele. Jack, in piedi davanti a lei, è morto nonostante il corpo risponda ed il cuore batta ancora.
Circondato dai fantasmi di una missione compiuta come gli era stato richiesto, l’agente raggiunge EVA sull’aereo, lasciandosi alle spalle Tselinoyarsk, e rifugiandosi in un nascondiglio con la ragazza. Qui, l’uomo può finalmente lasciarsi andare: terminata la missione, può fare l’amore con la donna che lo ha aiutato a sopravvivere ad una missione che lo consegnerà alla gloria, ma che lui non aveva mai chiesto gli venisse assegnata.
[immagine9] Quando si risveglia dopo una notte d’amore, Snake si accorge che EVA ha lasciato la stanza. Guardandosi attorno, non riesce a trovare la donna, ma solo una foto di lui che lei gli aveva scattato, con poggiato accanto un nastro audio. Confuso, il soldato inserisce il nastro nella sua radio, e si prepara ad ascoltare qualsiasi cosa EVA vi abbia inciso.
La Guerra Fredda fu un conflitto di spie e doppigiochi, e Snake si trova costretto a scoprirlo ancora una volta sulla sua pelle: nel nastro, EVA gli confida di essere un’agente al lavoro per la Cina, e di averlo spalleggiato solo nel tentativo di sottrargli il microfilm contenente l’Eredità dei Filosofi, che The Boss gli aveva dato. La donna rivela anche che la sua missione prevedeva di ucciderlo, ma che lo ha risparmiato, mentre lui dormiva con lei, solo perché è stata The Boss stessa a chiederglielo, quando la ha lasciata andare.
Il soldato è avvelenato. Accende un sigaro mentre ascolta la voce registrata di EVA, e sa già che non dimenticherà mai quanto sta per ascoltare.
Snake è stato convocato nell’ufficio del Presidente degli Stati Uniti. La sequenza mostrata al giocatore sovrappone agli eventi la voce di EVA, che continua a raccontare, esattamente come – nella testa del Serpente – continua a ripetere quelle parole, ancora ancora ed ancora: quando ha liberato EVA, The Boss le ha raccontato la verità, tutta la verità.
La sua diserzione per l’URSS era fittizia. Il solo obiettivo della missione era avvicinarsi a Volgin per avere la sua fiducia ed ottenere l’Eredità dei Filosofi: ma, quando il colonnello colpì con il Davy Crockett l’impianto di Sokolov, la missione della donna mutò. Tutto ciò che le rimaneva da fare, era sacrificare la sua vita e la sua fama, morendo per mano del suo discepolo più fidato, consegnando così agli URSS la prova di fiducia che volevano dagli Stati Uniti, che avrebbero così eliminato in prima persona la traditrice che aveva all’apparenza sia venduto il suo Paese sia appoggiato i tentativi rivoluzionari di Volgin in favore di Breznev. Con la morte di The Boss per mano di Snake, i rapporti tra i due blocchi si sarebbero ristabiliti, e si sarebbe evitato qualsiasi conflitto diretto.
Snake è rapito da questa verità atroce – aver ucciso una donna che non lo aveva mai tradito, ma stava solo svolgendo la sua ultima missione, morire – mentre avanza con lo sguardo vitreo in direzione del presidente degli Stati Uniti. Questi si complimenta con lui per gli straordinari risultati raggiunti: “lei è stato anche più grande di The Boss” gli dichiara, appuntando una medaglia sul petto della sua uniforme, “per questo, le conferisco il titolo di Big Boss“.
Big Boss scatta sull’attenti per salutarlo, ma è assente, distaccato, freddo. Quando il presidente gli tende la mano destra, l’eroe leggendario lo osserva senza riuscire a muoversi per diversi secondi, prima di sciogliersi ed afferrarla. Major Zero, Para-Medic e Sigint, presenti nella stanza, tentano di complimentarsi con lui per la riuscita dell’operazione, ma Big Boss, senza spendere nemmeno una parola, degna tutti di un semplice sguardo che non ha bisogno di spiegazioni, e si lascia alle spalle la stanza del Presidente.
La voce di EVA continua a suonare nella sua mente, non gli da pace, mentre rivela la verità, in quel nastro, mentre gli fa scoprire che lei stessa era un’allieva dei cosiddetti Filosofi, e che The Boss la conosceva fin da bambina perché era un’insegnante nelle scuole militari dell’organizzazione segreta.
Ma non è la verità su EVA a scuoterlo, non è il fatto che la donna gli abbia rubato l’Eredità o che lo avrebbe ucciso: è quella su The Boss a schiacciarlo.
Mentre apprendiamo che lo stesso Ocelot era in realtà una spia statunitense, ADAM, e che è stato lui ad impadronirsi dell’Eredità (almeno di metà, dato che l’altra parte è scomparsa nel nulla), lasciando ad EVA un falso, Big Boss è intrappolato nel suo mondo.
Ancora nella sua divisa, con la medaglia appuntata sul petto, stringe un mazzo di giunchiglie bianche tra le mani, mentre avanza nel vialetto del cimitero di Arlington, in Virginia. La voce di EVA continua a tormentarlo: “tutto ciò che lei ha fatto sopravviverà solo dentro di te”. Big Boss avanza tra le lapidi tutte uguali del memoriale militare, la schiena dritta, il volto inespressivo, come un soldato deve essere. “Tutti la ricorderanno come una traditrice. Ma tutto ciò che ha fatto, lo ha fatto per il suo Paese. Ha sacrificato la sua vita ed il suo onore per la sua terra natia”. Big Boss prende un lunghissimo respiro, si china sulla lapide della donna a cui deve tutto e la omaggia del mazzo di fiori. “Lei, era una vera eroina.” Big Boss si alza sulle gambe, l’ennesimo respiro. Rigido, saluta per un’ultima volta il suo mentore, scattando sull’attenti. “Lei, era una vera eroina.” Stringe le labbra, ma non basta più. Una lacrima, una soltanto, gli scivola dal solo occhio che gli è rimasto. È un soldato e una leggenda, non può concedersene nemmeno un’altra di più. Ancora rigido sull’attenti, Big Boss ingoia il pianto, mentre saluta la tomba che gli è valsa il suo titolo. Quella sotto alla quale ha seppellito The Boss. Sotto alla quale ha seppellito se stesso.
E i titoli di coda scorrono. Su Metal Gear Solid 3 e sull’uomo che Jack era stato – e non sarà mai più.
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