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Final Fantasy XIV: A Realm Reborn – Recensione (prima parte)

Il primo Final Fantasy XIV fu di quelle esperienze difficili da dimenticare. Buono il concept alla base ma pessime sia la realizzazione tecnica sia gli elementi di contorno, il più delle volte addirittura assenti. Con A Realm Reborn la casa giapponese si gioca davvero tutto, sperando che abbia capito cosa non andava nella prima release in modo da correggerlo e fornire agli appassionati un prodotto completo e meritevole di essere giocato.
Non è umanamente possibile valutare un gioco online cosí grande in poche settimane, per questo divideremo la recensione in due party, in modo che la nostra redazione possa prendersi tutto il tempo necessario per valutare l’opera di Yoshida.
È stato infatti chiamato proprio uno dei creatori di Dragon Quest X a cercare di salvare il progetto nato dalla mente di Tanaka, e la sua mano si è vista sin da subito. Grande attenzione ai feedback dell’utenza e un’impianto di gioco più snello e moderno: queste sono state le parole d’ordine del team incaricato di risollevare le sorti di Eorzea dopo il megaflare di Bahamut (questo è infatti l’espediente narrativo utilizzato per giustificare il reboot) che ha riportato tutti alla casella uno. Già dalla creazione del personaggio si può notare il grandissimo lavoro svolto: la personalizzazione del nostro alter ego è completa e profonda, e qualsiasi delle 5 razze scegliate (Elezen, Hyur, Miqo’te, Lalafell, Roegadyn) avrà le stesse possibilità di customizzazione. Una volta scelto l’aspetto sarà il momento di trovare la classe adatta al nostro gioco, cosa che ci da modo di introdurvi l’Armoury System. In A Realm Reborn il personaggio creato avrà accesso (a differenza della maggior parte dei MMORPG) a tutti i job dispobili in game, e per farlo non dovrà fare altro che cambiare l’arma (o l’attrezzo, se si tratta di un crafter). Tutte le classi sono categorizzate in 4 famiglie: Disciples of War, Magic, Hand e Land, e ci sono anche altri 9 job avanzati che potremo sbloccare in base ad una combinazione specifica di due delle classi base.
I primi due gruppi sono quelli che vi potete aspettare da tutti i giochi di questo genere, con la canonica suddivisione in tank (quelli che prendono i colpi per tutti, qua Marauder e Gladiator), DPS (quelli che i danni li fanno, e cioè Archer, Pugilist, Lancer, Thaumaturge e Arcanist) e gli healer, nello specifico il conjurer. Il party base sarà formato da 4 membri, di cui 2 dps, un healer ed un tank, e questa divisione ferrea sarà obbligatoria per accedere a tutti i raid, sia in autonomia che tramite Duty Finder, un comodissimo sistema che permette di scegliere le istanze che si vorrebbero fare e poi aspettare che sia lui a trovare tra tutti gli altri giocatori registrati il giusto setup per far partire l’avventura.
Nei primissimi livelli verremo guidati mano a mano da una trama principale gradevole caratterizzata da missioni complesse ed una storia interessante, forse più simile ad un gioco offline che ad uno online, e il seguirla ci permetterà di fare la conoscenza non solo con le meccaniche base del combattimento, ma anche con le diverse aree di cui si compone Eorzea, raggiungibili tramite il Teleport e alcuni cristalli con i quali ci si dovrà prima sincronizzare. Le quest, ad eccezione di quelle che portano avanti la storia e quelle dateci dalla nostra gilda di appartenenza tendono ad essere banali quanto quelle della concorrenza, con le classiche richieste di uccisione dei mostri e recupero degli oggetti, ma a mettere un po’ di brio ci penseranno gli eventi FATE e le Levequest.
I primi sono eventi che nascono automanticamente sulla mappa, e per parteciparci basterà entrare nell’area segnalata. Una volta dentro, noi e tutti gli altri partecipanti saremo impegnati in alcuni compiti anch’essi basilari, ma che hanno il pregio di essere dinamici, veloci, e remunerativi in termini di punti esperienza. Capiterà di dover difendere alcune scorte dall’assalto di briganti o combattere il re dei Pyros, e nei più grandi e alti di livello incontreremo anche vecchie conoscenze della serie, come ad esempio Behemot, protagonista di un FATE di livello 50. Le levequest invece sono quest ripetibili divise in diverse categorie, utili a mettere un po’ di esperienza sulle classi di livello più basso o sui job dedicati al craft. No, non ci siamo dimenticati di loro: i job che si riconducono ai Disciples of the Hand, come ad esempio il Weaver, il Leathercrafter o l’Armorer sono in tutto e per tutto delle classi come quelle di combattimento, con le loro abilità e lo stesso numero di punti esperienza necessario per il superamento del livello. Ne parliamo ora perchè vi troverete spesso ad usare i permessi per le levequest (che si ricaricano ogni 6 ore) per attivare proprio quelle dedicate a queste discipline, perchè è il modo migliore per livellarle in fretta senza rimanere bloccati su craft poco produttivi.
Torniamo ora al sistema di combattimento: come vi dicevamo è decisamente rapido e dinamico, e si basa su TP, MP e cooldown delle abilità, un classico insomma sia per la serie che per il genere. Ogni abilità infatti costerà un certo numero di TP, e una volta usata avrà un tempo di ricarica legato solitamente alla sua potenza. Alcune di queste abilità si possono legare tra di loro, e in quel caso l’icona dell’abilità avrà il bordo evidenziato, che sta a significare che se usata in fretta garantirà solitamente un bonus al danno. Studiare la miglior rotazione possibile, che permetta di non finire mai i tp e massimizzare al contempo il danno è uno degli elementi chiave della buona riuscita del party. Nel corso dei combattimenti difficilmente si rimarrà bloccati in un solo punto, visto che evitare i colpi ad area dei nemici (segnalati sul terreno da un riquadro rosso) diventerà una delle attività principali del fight, cosí come la gestione degli add (ora molto più frequenti) o il portare a termini poccoli compiti secondari come lo spegnere delle lanterne oppure attivare degli interruttori. Se siete abituati ai MMORPG statici tutti statistiche ed equipaggiamento insomma dimenticateveli, perchè l’abilità tecnica e la prontezza di riflessi hanno un ruolo fondamentale in questo titolo.
Come anticipato anche il crafting ha un ruolo di rilevo, e questo perchè nell’idea del team di Yoshida il gioco deve spingere i suoi partecipanti a svilupparsi tutto da soli, anche l’equipaggiamento. Logico che ci si potrà affidare alle Auction House cittadine (basate sul sistema del Retainer, che è un NPC al quale si affidano gli oggetti da vendere e che farà di fatto da negozio ambulante), ma il nostro consiglio è quello di non farsi prendere dalla fretta e provare a vivere il gioco come nelle intenzioni del suo Direttore, prendendosi cioè tutto il tempo necessario per provare e autoprodursi tutto il necessario alla sopravvivenza.
Conclusioni
Nonostante un lancio davvero mal riuscito (con tanto di settimana regalata agli utenti per farsi perdonare dei disservizi) questi primi giorni su Eorzea ci hanno davvero entusiasmato. Non è cosí semplice trovare un MMO che riesca a guidare cosí bene il giocatore nelle sue prime ore di gioco, lasciandogli comunque tutte le libertà del caso. Nel corso della prossima settimana, quando avremo avuto modo di mettere qualche altra decina di ore sulle spalle del nostro personaggio, torneremo con la parte conclusiva della nostra recensione e con la valutazione finale.

This post was published on 4 Settembre 2013 1:27

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