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Interviste

Un picchiaduro tutto italiano e indipendente | #Interview agli sviluppatori di Umbral Core

Negli ultimi anni i videogiochi indie hanno iniziato a rappresentare una grossa fetta del mercato, sia come vendite che come investimento alla base, tanto da far riflettere sulla definizione di “indie”. Tuttavia, è innegabile come il polo indie rappresenti ormai, una valida alternativa al mondo dei AAA e le motivazioni sono facili da immaginare.

Tendenzialmente i videogiochi indie possono permettersi di rischiare di più, di uscire dai canoni, molto spesso rinnovandoli. Basti pensare a come The Binding Of Isaac abbia fatto riscoprire la bellezza della casualità e della sfida elevata con un sistema semplice ma accattivante.

Tante nuove software house indipendenti sono nate in tutta Europa e in Italia, per fortuna, non siamo da meno. Nell’intervista che segue avremo modo di sentire cos’hanno da dirci Alessandro, Guido e Simone, i tre ideatori di Umbral Core, picchiaduro indipendente la cui creazione si deve ad una serata al bar, a qualche birra e alle idee di tre amici.

Umbral Core, tra passione e sviluppo indie

Fight!

Partiamo dalle basi: chi siete ragazzi?

S: Sono Simone, ho 27 anni. Nel progetto Umbral Core lavoro come lead designer: mi occupo di game design, gestione del progetto, far sì che tutti i collaboratori trovino un ambiente favorevole allo sviluppo così da raggiungere i nostri obiettivi agilmente. Mi occupo anche del lato comunicazione e marketing.

A: Sono Alessandro, anche io 27 anni. Ho studiato ingegneria informatica ed è lì che ho conosciuto Guido. Io e Guido ci occupiamo della parte di programmazione e di integrazione di asset all’interno dell’engine. Volgarmente diciamo,ì che ci occupiamo di assemblaggio del gioco. Per ora nella vita, lavoro nel campo della cyber secutity.

G: Io sono Guido, sempre 27 anni come gli altri. Come Alessandro ho studiato ingegneria informatica ma poi mi sono dedicato per lo più al machine learning e alla statistica. Che non c’entra molto coi videogiochi ma, adesso, mi occupo di programmazione e si sviluppa questo gioco con gli altri.

Siete gli unici membri del vostro team o ci sono altre figure?

Un trailer che racconta tanto

S: Noi siamo gli ideatori del progetto, i tre soci, il cuore pulsante del progetto. I nostri profili però, non sono evidentemente sufficienti a completare lo sviluppo di un videogioco. Siamo riusciti a metter su un team da zero visto che non avevamo mai avuto esperienze né contatti nell’industria videoludica. Abbiamo iniziato con John, un ragazzo americano che ha iniziato come concept artist e poi ha assunto il ruolo di art director, passando per animatori, modellatore per i personaggi, fx artist, il reparto sonoro curato dal team italiano di Operà Music dalla semplice colonna sonora al sound design fino ai voice actor. In totale quindi, ad aver lavorato sul gioco siamo in circa diciotto persone.

Voi siete dei gamer prima di essere degli sviluppatori? Quanto conta conoscore il medium prima come fruitori, per approcciarsi allo sviluppo?

A: Penso che sia importante aver giocato e conoscere il genere che stai andando a sviluppare. Bisogna avere una conoscenza a 360° di ciò che è stato già fatto, acquisirlo, migliorarlo ed ovviamente apportare delle modifiche intelligenti. Bisogna saper dare il giusto tocco autoriale. Parlando da semplice programmatore invece, non credo che tutto ciò conti molto. Ad esempio, io ho sempre giocato molto nella mia vita, Guido invece ha giocato molto meno ma ci troviamo perfettamente a lavorare insieme. Per la mia posizione è importante anche per lo stimolo che mi da: io amo i videogiochi, ho sempre giocato e quindi mettermi lì a sviluppare è qualcosa di parecchio eccitante.

S: L’argomento centrale è il genere. Per un game designer è necessario avere una certa mastery nel genere specifico, cosa che credo di aver abbastanza sviluppato (Simone è conosciuto nel mondo competitivo dei picchiaduro come Kingstonn n.d.r.). Conosco Alessandro da tantissimo tempo e da sempre giochiamo insieme. Ora, semplicemente siamo riusciti a portare questa passione ad un livello superiore. Prima di essere degli sviluppatori quindi, siamo dei giocatori; Umbral Core è un progetto che nasce dalla community per la community. Essere parte di essa e sapere quali sono i bisogni di un giocatore, è importante ai fini di uno sviluppo che sappia accontentare quei bisogni.

Kamehameha!

Essere sviluppatori di videogiochi in Italia, com’è?

S: In realtà non abbiamo mai avuto un rapporto diretto con la scena degli sviluppatori italiani, né indie né professionali. Il nostro progetto effettivamente, è delocalizzato. Certo, noi tre siamo tutti di Milano e ci viene quindi semplice incontrarci e discutere di tutte le tematiche trasversali che riguardano il gioco. Di fatto poi, lavoriamo con più di metà del team che è sparpagliato in giro per il mondo: abbiamo collaboratori negli Stati Uniti, in Asia, alle Hawaii, in giro per l’Europa. Non vedo quindi criticità che non sia la semplice coordinazione del team.

Da cosa arriva la scelta di delocalizzare?

S: Più che scelta, si è trattato di necessità. Abbiamo iniziato questo progetto a luglio 2020, in piena pandemia eravamo impossibilitati a muoverci fisicamente alla ricerca di collaboratori vicini. Allargando il progetto sostanzialmente a tutto il mondo possono aprirsi anche possibilità aggiuntive. Non mancano certo i talenti italiani nel nostro team ma nel momento in cui si ricerca una figura specifica, farlo solo in Italia è più limitante. Diciamo che ci siamo fatti pochi problemi a riguardo.

Passiamo alle cose divertenti: cos’è Umbral Core e perché avete puntato sullo sviluppo di un gioco del genere?

Ecco il logo!

S: Umbral Core è un picchiaduro dark fantasy 2.5D (il gameplay avviene sul tradizionale piano bidimensionale ma tutti gli asset di gioco sono tridimensionali). Abbiamo puntato sullo sviluppo di un picchiaduro per via del mio background: da circa quattordici anni gioco quasi esclusivamente picchiaduro, anche a livelli competitivi in giro per l’Europa o addirittura in una finale mondiale di Street FighterXTekken a San Francisco. Ho giocato ed approfondito tanto il genere. Ho avuto modo di raccogliere idee ed ispirazioni che mi hanno fatto pensare a come sarebbe stato concretizzarle. Alessandro intanto mi aveva espresso il desiderio di rimettersi a lavorare su progetti relativi ai videogiochi. “Perché non sviluppiamo un picchiaduro?” mi son detto. Certo, è forse un genere di nicchia ma dal punto di vista strategico poteva essere una scelta sensata visto che ci sono pochi sviluppatori indie di questo particolare genere. Abbiamo ritenuto che ci fosse spazio nel mercato per un titolo che abbracciasse diverse community

Parliamo di community. Nei picchiaduro le community fanno tanto, più che in altre tipologie di giochi. La community come ha reagito ad Umbral Core?

A: Il feedback è stato molto positivo. Quando abbiamo pubblicato il teaser con una clip di gameplay di circa quaranta secondi, ha ricevuto parecchi apprezzamenti soprattutto dal punto di vista stilistico e d’ambientazione. E lo stato in cui l’abbiamo mostrato era comunque molto embrionale. Da quel primo teaser, il gioco si è evoluto tantissimo. Il feedback raccolto ci ha permesso di migliorare tanti aspetti specialmente legati alla resa estetica.

S: Il feedback si è rivelato ottimo anche in termini numerici: vi fu un boom dopo il primissimo Tweet. Non avevamo mai mostrato nulla, nonostante lavorassimo da due anni. Era necessario iniziare a costruire la community per il lancio della campagna di crowd funding. La clip teaser ha fatto qualcosa come 300k visualizzazioni, 9k like, 2k retweet, commenti da figure di rilievo come Maximilian Dood o Justin Wong. Dopo tre giorni ci ha scritto il direttore delle collaborazioni di EVO chiedendoci di presentare il gioco nella loro area indie, cosa che sfortunatamente non abbiamo potuto fare per questioni di tempistiche. Abbiamo potuto però sviluppare una preview apposita per l’EVO che è stata venne mostrata durante lo showcase principale.
È stato senza dubbio un momento emozionante e surreale.

A: Considerando che è iniziato tutto attorno ad una birra tra amici, è stato un bel colpo.

Una robetta…

L’art design è uno degli aspetti che ha colpito di più. In un picchiaduro che mette al centro di tutto il gameplay, quanto è importante curare così a fondo il lato artistico?

S: In realtà l’aspetto estetico in un gioco del genere è fondamentale, soprattutto per la fetta casual. Gli hardcore gamer di picchiaduro sono più interessati al gameplay e prestano relativamente poca attenzione al lato artistico. La fetta competitiva è comunque molto minoritaria ed influisce in maniera minore nella vendita di un videogioco rispetto alla fetta casual. Per questi ultimi, abbiamo avuto delle prove con Dragon Ball FighterZ e Guilty Gear -STRIVE- di quanto il comparto grafico ed artistico sia rilevante. Ambientazioni interessanti, animazioni fluide, modelli accattivanti riescono ad accendere l’interesse anche in chi, solitamente, non gioca picchiaduro. Da parte nostra c’è tanta attenzione a questo aspetto.

A: E non dimentichiamo che per un casual è si importante il lato artistico ma non va sottovalutato nemmeno il lato narrativo: storia, legami dei personaggi. Anche questo aspetto infatti è stato approfondito in game, ma non abbiamo ancora rivelato nulla. Ne vedrete delle belle…

E da dove avete preso le ispirazioni artistiche per Umbral Core?

S: Siamo grandi fan dei Souls. Bloodborne nello specifico è stato una forte ispirazione per l’ambientazione, basti vedere il cimitero e la città dello stage principali che ricordano tanto Yharnam. Anche altri titoli con ambientazioni simili ci hanno dato qualcosa, come ad esempio la serie Castlevania o, per rimanere in ambito picchiaduro, Darkstalkers. La stilizzazione dei modelli invece arriva da Dishonored, quello stile realistico e particolare.

Bella Yharnam d’estate

Ma quindi, a chi è indirizzato Umbral Core?

S: Vorremmo abbracciare da subito sia l’utenza casual che competitiva. Varie scelte sia di design che artistiche sono andate proprio in questa direzione. Ho un background competitivo d’altronde, so quanto è appagante giocare ad alti livelli un picchiaduro, proprio per questo il cambat design è molto profondo e permette tantissima creatività. Cercheremo di abbracciare quindi sia la fetta di giocatori di picchiaduro classici che di anime fighters (per la differenza vi rimandiamo alla nostra intervista a Dannol). Siamo ben consci però delle barriere all’entrata che pone il genere e molte decisioni sono state quindi prese per incoraggiare chi non gioca o non ha mai giocato ai picchiaduro. Abbiamo quindi inserito combo che rendono l’esperienza in game esplosiva! O ancora, delle feature che permettono di ruotare l’avversario, come avviene in picchiaduro con ambienti 3D. Variazioni di palette cromatica di vfx a seconda della skin del giocatore in quel momento.

Playing like a pro

Pensate di avere le carte in regola per fare il botto nella vostra Italia, prima di arrivare a tutto il mondo?

S: Non abbiamo dati puntuali ma so che in varie community si sta diffondendo la passione per il picchiaduro. Se vai a beccare quel migliaio di appassionati sul server di Spaghetti Showdown, qualche altro migliaio sul server di Street Fighter Italia. Ci sarebbe anche la fetta Tekken che è però un po’ fuori portata. Quando iniziai a giocare io non c’erano mezzi che permettessero di condividere così agilmente l’esperienza con la community. Quindi seppur le community a livello di numero non siano impressionanti, è importante ed affiatata e noi dal canto nostro stiamo cercando di essere presenti a più eventi possibili, tre solo nel mese scorso. La community italiana ha già dimostrato grande interesse verso il progetto e sta cercando di spingerlo in tutti i modi. E non si parla necessariamente di community picchiaduristica ma magari di appassionati di sviluppo indie italiano, che vuole vedere il proprio paese crescere anche in relazione all’estero. Siamo fieri di ciò che stiamo facendo.

Siamo arrivati alla fine e voglio che ognuno di voi risponda singolarmente alla prossima domanda. Prima come sviluppatori e poi come persone, a quale obiettivo sperate di arrivare?

S: Come obiettivo individuale ho quello di portare, con Umbral Core, un titolo fresco e nuovo, che possa interessare e diverso da ciò che è stato sviluppato finora, anche solo per il fatto che noi sviluppatori siamo addentro alla community e siamo ricettivi al feedback. Come obiettivo di team, c’è quello di realizzarlo, il gioco. Per ora siamo veramente indie perché siamo noi tre che lavoriamo da due anni e mezzo, con collaboratori freelancer tutto a spese nostre. Verso inizio Dicembre contiamo di lanciare la campagna di crowd funding su Kickstarter che, idealmente, ci permetterà di raccogliere i fondi che ci servono per completare lo sviluppo e lanciare il gioco su PC e PlayStation con almeno sei personaggi giocabili. Non si pongono limiti alla provvidenza, la campagna potrebbe anche andare meglio del previsto e noi avremmo fondi per realizzare tante delle idee che abbiamo per la testa per espandere il gioco. Il sogno primario è vedere realizzare Umbral Core, un’opera su cui abbiamo buttato soldi e sudore per anni ed arrivare, un giorno, a sviluppare videogame per lavoro.

G: Simone è stato abbastanza largo e ci ha preso. Dove deve arrivare il gioco? Beh, più in alto che si può. Spero che sia un prodotto che faccia divertire le persone almeno quanto ci stiamo divertendo noi a costruirlo. Sarebbe bellissimo avere una carriera nel mondo dello sviluppo di videogiochi, mantenendo la grande libertà creativa che solo uno studio indie può avere.

A: Il mio obiettivo personale è crescere come sviluppatore. Quando siamo partiti col progetto io avevo sviluppato un paio di progettini, nulla di serio. Stiamo imparando una marea di cose di tutti gli aspetti che stanno attorno allo sviluppo di un videogioco.

Ambientazione maestosa

Italiche botte dark fantasy

Simone, Alessandro e Guido si sono rivelati essere tre ragazzi pieni di voglia di fare, con le idee chiare e con un gran gioco da proporre.
Speriamo di poterlo provare quanto prima poiché le premesse sono sicuramente interessanti.

A voi ideatori e sviluppatori di Umbral Core auguriamo tutto il meglio e speriamo di sentire ancora parlare di voi, in questo burrascoso mondo dello sviluppo indie in Italia. Buona fortuna!

Se volete i ragazzi di Umbral core e non perdervi nessun detttaglio dello sviluppo, vi lasciamo tutti i contatti a cui potrete rintracciarli!

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This post was published on 19 Novembre 2022 12:30

Pietro Falzone

Redattore Appassionato di videogiochi sin dal sempre più lontano 2002, quando per festeggiare i 5 anni ricevette una copia di Crash Bandicoot per la prima PlayStation. Il richiamo dell'avventura digitale lo fece innamorare di un mondo fatto di pixel, più o meno definiti. E l'amore non si è mai fermato. Inizia così a tastare tutti gli aspetti del mondo videoludico. Tra le sue più grandi passioni, si piazzano in ordine gli MMORPG (con sempre meno per giocarli, purtroppo), gli sparatutto in prima persona e, doprattutto, giochi di ruolo single player. Così si spiegano le più di mille ore, spalmate sui vari titoli From Software, da Demon's Souls in poi. Dalla fine delle medie, scopre una nuova passione: la scrittura. E come se non bastasse, scopre che nel mondo c'è chi scrive riguardo ai videogiochi, come se fosse un lavoro vero. Cosa fare di due passioni del genere dunque? Inizia così la ricerca disperata del giusto vascello, che riuscisse a convogliare voglia di fare, idee e tempo. Dopo un periodo passato a peregrinare, tra siti e sitarelli, approda su Player.it dove trova una casa in cui convogliare idee e spunti, al fianco di un team solido e costruttivo.

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