Non è la prima volta che la mia vita incrocia quella di Luca Bellini; già in passato abbiamo avuto infatti modo di confrontarci, curiosamente per motivi simili a questo.
Ad esempio lo intervistai in veste di Autore di Videogiochi, di Snake Eyes per la precisione – trovate qui la mia recensione della demo se vi interessa approfondire – ed è curioso che oggi mi trovi nuovamente ad ascoltarlo ma, questa volta, in qualità di giovane Autore di Giochi di Ruolo.
Ho a lungo riflettuto se Luca dovesse o meno far parte di questo lavoro dedicato a dar voce agli Autori di Ruolo. Quanto mi sono risposto è stato pressappoco questo: “Luca è giovane, si, ma ha già dimostrato sufficiente grinta da produrre un RPG tratto da un noto brand italiano, portare avanti un noto canale YouTube che tratta di giochi, e ora è impegnato nella pubblicazione di un GDR. Il tutto in pochissimi anni“.
Non me la sono sentita quindi di escluderlo e, anzi, ho ritenuto importante la sua presenza poiché contribuisce a fornire un assetto quanto più generazionalmente completo a questa rubrica. Un task molto importante per me. E allora ben venga la sua presenza, dimostrazione che li fuori ci sono giovani che, forse, hanno qualcosa da dire e che, magari, immedesimandosi in Luca si diranno”se l’ha fatto lui, posso farlo anch’io!” scrivendo cosi, chissà, i futuri capolavori che giocheremo domani.
Ma ora basta chiacchiere, lanciamo il nostro D12 virtuale e iniziamo con le domande.
INIZIAMO!
Prima di buttarmi nell’esperienza autoriale dei giochi di ruolo, ho realizzato alcune serie di fumetti auto prodotti come “The Take Five” e “RollAgain” (un fumetto sempre sui GDR, guarda l’originalità!) e la scrittura del videogioco narrativo “Sine Requie: Snake Eyes”.
Quello che però mi ha convinto a fare il salto è stato mettermi alla prova con il canale di streaming di Dicegames Italia. Il canale mi ha permesso di fare molta esperienza, conoscere autori ed editori del settore, confrontarmi con il pubblico e mettermi alla prova.
Con il brand di “The Silence of Hollowind” ci siamo voluti muovere in una direzione atipica, abbiamo scelto di rendere il gioco systemless, nel senso che non possiede un suo sistema personale di regole (per ora almeno), ma si basa sulla possibilità di usare svariati sistemi di regole a licenza aperta (come Dungeons&Dragons 5ed e 3.5ed, FATE o Savage Worlds – NdR: quest’ultimo di Shane Hensley anche lui tra gli ospiti di Autori di Ruolo: D12 domande a…) con le conversioni caricate online e gratuitamente scaricabili. Questo ci ha permesso di spaziare negli interessi dei giocatori e allo stesso tempo garantire un costante aggiornamento di regole, refusi o incomprensioni.
Ovviamente abbiamo puntato molto anche alla caratterizzazione dell’ambientazione, una fusione tra il fantasy e l’urban con un’estetica che ricorda l’America degli anni 30\40 e profonde tematiche noir e di scontro sociale. Non avendo un sistema proprio dovevamo avere un’ambientazione strutturata in modo da dare forti basi al master e ai giocatori e ci siamo concentrati su quello.
Sì, più che per il game design ho sempre avuto dei modelli per il narrative design (paroloni per farmi sembrare esperto, diciamo la stesura dell’ambientazione, degli spunti di gioco e della Lore).
I primi furono gli autori di Vampire: the Masquerade, come Mark Rein Hagen, per la loro capacità di strutturare in maniera profonda e sfaccettata un mondo di mostri nascosti nelle ombre.
Poi c’è Serpentarium che con Sine Requie mi hanno letteralmente rapito! Un’ambientazione e una lore così complessa, misteriosa e stimolante, ma soprattutto cruda nel presentarsi. Rimasi talmente affascinato da decidere di voler studiare come avevano strutturato la narrazione e preparato il loro prodotto, rimane tuttora per me il miglior rappresentante di sempre del GDR italiano dal punto di vista narrativo. Aver poi conosciuto e fatto amicizia con gli autori Leo e Curte è stato un ulteriore piacere per me, sebbene quei maledetti non si siano mai sbilanciati nel rivelarmi qualcosa della lore di Sine Requie! Senpai, notice me!
Sinceramente? Penso nessuno. Sarei veramente arrogante a pensare di aver dato un contributo all’intero settore con il mio progetto. Certo posso dire che proporre un GDR systemless può essere stata una piccola novità nel panorama italiano, però definirlo un contributo mi pare eccessivo.
Sia in Italia che in tutto il mondo esistono scuole di pensiero più o meno estremizzate. C’è chi gioca solo ai grandi brand del settore, chi solo a indi o prodotti autoriali, chi preferisce sistemi più tecnici e chi sistemi più improntati sulla narrazione. Campagna o partita singola? Crescita del personaggio o crescita del giocatore? Potrei andare avanti all’infinito con gli schieramenti, ma credo di essermi spiegato. Personalmente mi sono sempre disinteressato di queste correnti di pensiero preferendo approcciarmi a ogni GDR come se fosse un prodotto nuovo a me sconosciuto. Insomma con meno pregiudizi possibili, per apprezzarlo appieno per quello che vuole darmi e comunicarmi.
Beh sicuramente quello che ho vissuto in prima persona, grazie al mio lavoro su Dicegames Italia, è stato il passaggio al digitale e al rendere pop il gioco di ruolo. Nel lontano 2013 iniziammo a streammare online le nostre partite utilizzando come piattaforma Roll20, chiaramente nel mondo il processo era già avanti e canali come Critical Roll già erano avviati, ma sai in Italia arriva sempre tutto un po’ dopo.
Rimane il fatto che fummo in mezzo alla rapida e capillare diffusione del digitale per giocare di ruolo in Italia. Questo ritengo che portò a un boom nel settore, perché rese i GDR accessibili per molte più persone che prima non conoscevano o non potevano fisicamente giocare di ruolo.
Quello secondo me è stato il vero punto di svolta degli ultimi anni, ha costretto l’intero settore a cambiare e adattarsi alle nuove esigenze e richieste.
La mia esperienza come autore GDR è relativamente recente (appena due anni), mentre come Dicegames Italia posso vantare di essere dentro al settore da ormai sette anni e quindi ho avuto modo di assistere a un po’ di cambiamenti. Oltre alla rivoluzione digital mi sento di dire che gli ultimi anni hanno portato a un drastico aumento dei prodotti usciti. Una cosa molto bella perché testimonia la fantasia e l’intraprendenza sia degli autori nostrani sia negli editori nel portare in Italia prodotti esteri, che però mi fa temere per il settore.
Nel 2019 sono usciti quasi 100 titoli e il 2020 (Covid19 permettendo) promette numeri anche più grandi. Questa esplosione di titoli non potranno essere tutti acquistati dal pubblico, che dovrà scegliere e quindi rischiare di affossare una o l’altra azienda. Penso a chi, come me, si basa su pochi brand e quindi rischia maggiormente, però questo è il prezzo da pagare per l’ampliamento del settore e della conseguente lotta commerciale. Rispetto a questo aspetto, ma tornando positivi, ho notato come negli ultimi anni la qualità media sia cresciuta enormemente nei prodotti italiani, soprattutto la grafica e la cura nel presentarli.
Ne ero a conoscenza, ma non ho preso parte. Ero molto interessato a parteciparvi, tuttavia quell’anno ho lanciato The Silence of Hollowind ed ero troppo teso ed emozionato per allontanarmi più di cinque minuti dallo stand (il tempo giusto per un salto al bagno). Ho però avuto modo di recuperare il resoconto del convegno e ho trovato molto interessante quanto ne è uscito.
Bella domanda, vorrei tanto saperlo anche io per andare a colpo sicuro! A parte gli scherzi, personalmente il processo di ragionamento che mi portò a realizzare The Silence of Hollowind fu di anni. Ci avrei potuto mettere molto meno, però avevo ben chiaro l’obbiettivo: avere un gioco di cui poter andare fiero. Ho quindi impiegato molto tempo per scrivere bene l’ambientazione e ragionare sul sistema di regole (al tempo non avevo ancora deciso per il systemless, sebbene mi frullasse già per la testa). Dopo di che ho studiato la parte grafica del progetto, sia le illustrazioni che l’impaginazione vera e propria, solo una volta soddisfatto mi sono buttato.
Riassumendo il tutto, direi che per fare un buon gioco di ruolo ci serve dedizione e una buona visione d’insieme per notare se il prodotto è carente o meno da un certo punto di vista. Infine bisogna essere chiari nel presentare le caratteristiche del proprio gioco, ci sono tante di quelle persone in giro con gusti talmente diversi che sperare di fare un gioco di ruolo che piaccia a tutti è impossibile. Restando però sinceri e coerenti nel proporre il proprio prodotto si può raggiungere la propria nicchia e soddisfare le loro richieste. Perché alla fine, a decidere se il tuo gioco sia buono o meno è il pubblico.
Un GDR scadente è un gioco fatto con poca cura o attenzione, sia chiaro non deve essere un prodotto orribile, ma semplicemente aver dimenticato di curarne un aspetto. Un gioco dalla bellissima grafica, ma con meccaniche\ambientazione scadenti è sbagliato come un gioco con buone meccaniche\ambientazione, ma con grafica scadente. Precisiamo, il primo caso è più grave dal punto di vista di game design e determina spesso la morte del prodotto, però anche il secondo caso è un pericolo per l’editore che si presenta al pubblico odierno. Questo perché soddisfare l’occhio e stimolare la fantasia nel lettore è vitale, altrimenti avremmo tutti manuali impaginati e illustrati come libri d’ingegneria. Sull’aspetto grafico inoltre voglio puntualizzare che non penso servano illustrazioni fantasmagoriche per avere una bella grafica appagante, basta una buona direzione artistica che completi e valorizzi il prodotto.
Per rendere invece un GDR prestigioso, direi che serve avere tutti gli aspetti del prodotto curato, ma aver avuto anche quel guizzo di genio che rende il prodotto veramente unico e irripetibile. Insomma una cosa da nulla, no?
Avendoli usati e avendo potuto realizzare The Silence of Hollowind grazie a Kickstarter e a tutti i backer, ovviamente la ritengo una formula positiva per il settore. Soprattutto per tutti quegli autori che altrimenti non avrebbero i fondi per realizzare il proprio progetto. Il Crowdfunding permette di presentarsi al pubblico mondiale senza bisogno di un editore che ti scelga. Certo è un percorso rischioso e può finire molto male, ma almeno così ottieni un confronto diretto con il pubblico e puoi ricavarne importanti esperienze formative. A quelli che pensano che fare un Kickstarter sia semplice e non costi nulla, devo però dare una brutta notizia, non è affatto così. Una campagna di Crowdfunding fatta bene necessita di molto lavoro e un certo budget per poter sperare di andare a buon fine, questo almeno negli ultimi anni, visto che la qualità dei progetti presentati è salita sempre di più e bisogna distinguersi.
Direi la chiarezza di intenti, quello che ti promette deve mantenerlo e darti i giusti strumenti per ricrearlo intorno a un tavolo da gioco. Alla fine, i GDR sono dei giochi con un enorme incognita, si basano tutti (a parte alcune rare eccezioni) su master e\o giocatori che faranno di testa loro e, prendendo in mano il tuo manuale, lo interpreteranno o useranno in modi che magari tu non avevi neanche pensato. Non stiamo parlando di precisi boardgame dal regolamento categorico, il GDR è interpretazione e improvvisazione. L’autore deve preoccuparsi di fornire gli strumenti adatti per replicare la promessa che ha fatto scrivendo il proprio gioco e fare in modo che i giocatori si concentrino su una sola cosa: divertirsi nell’esperienza promessa.
E con quest’ultima considerazione ringrazio Luca e ringrazio voi amici lettori che siete arrivati sino a qui.
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This post was published on 25 Aprile 2020 17:00
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