Correva l’anno 2004 quando fu pubblicato dalla Nexus editrice il gioco Wings of War, gioco di carte non collezionabile sui duelli aerei nella Seconda Guerra Mondiale, creato da Andrea Angiolino in collaborazione con Pier Giorgio Paglia. Dopo 15 anni, diverse edizioni e la traduzione in 13 lingue, questo gioco è tuttora pubblicato dalla Ares Games con il nome di Wings of Glory ed ha visto diversi altri giochi ad esso ispirati come Sails of Glory e Battlestar Galactica. Abbiamo colto l’occasione di questo anniversario per intervistare Andrea Angiolino e parlare un po’ di questo gioco e dei suoi progetti futuri. Per chi non conoscesse Andrea Angiolino ecco a voi un breve curriculum vitae:
“Autore e giornalista, nato a Roma nel 1966 è uno dei più grandi esperti italiani di giochi. Quando non li inventa – la sua creatura più nota è Wings of Glory (con Pier Giorgio Paglia, Ares Games) – si impegna a raccontarli, studiarli e dare consulenze. All’argomento ha dedicato libri, interviste, articoli, manifestazioni e incontri nelle scuole e nelle biblioteche. Con Gallucci ha pubblicato, nel 2017, il volume Storie di giochi. Dal nascondino al sudoku. Suo tra l’altro, con Beniamino Sidoti, il Dizionario dei giochi pubblicato da Zanichelli. Dal 2014 racconta storie di giochi e giocattoli a Wikiradio, su Rai Radio Tre. Nel 2016 ha collaborato alla riapertura del LunEur.”
Ed ora passiamo alla nostra intervista.
Andrea: Era il gennaio 2002, tornavo dal Salone del Giocattolo di Norimberga e riflettevo su come il pubblico fosse ormai disabituato alla complessità. Come affrontasse ormai da anni gli oggetti tecnologici sperimentando e non leggendo: se in passato prima di installare un videoregistratore occorreva studiare un manuale di istruzioni, all’inizio del millennio davanti a un nuovo telefonino già si provava e riprovava a far funzionare l’oggetto senza esaminare le istruzioni prima. Anche in campo ludico la gente era ormai abituata a party game con mezza pagina di regole, a videogiochi imparati mettendo una moneta in un arcade e provando a giocare. I libretti di regole dei giochi che trovavo semplici da bambino, come Monopoli e Risiko!, erano ormai piuttosto complessi per l’utente medio. E pensavo che mi sarebbe piaciuto fare un gioco di simulazione che avesse la stessa facilità e immediatezza d’approccio di un videogioco, pur restando accurato.
Andrea: In questo caso sono partito dall’ambientazione, per una mia vecchia passione aeronautica e modellistica. Ma con alcuni punti fermi: volevo ottenere la massima immediatezza e scalabilità, pur rispettando con cura l’ambientazione.
Fra le molte simulazioni aeree che avevo giocato ce n’era una che spiccava per semplicità ed eleganza: Ace of Aces, di Alfred Leonardi. Due avversari hanno un libretto ciascuno con 223 disegni che illustrano tutte le possibili posizioni relative dell’apparecchio nemico rispetto al proprio, a distanze differenti e con diversi orientamenti. Ogni turno il giocatore sceglie una manovra tra 25 possibili e la confronta con quella avversaria. Ne risulta una nuova posizione, illustrata da una nuova pagina: se uno dei due aerei ha l’altro davanti gli spara, causando danni che dipendono dalla distanza relativa. Un gioco facile, immediato, d’impatto, anche se poco agevole in più di due.
Mi sarebbe piaciuto creare qualcosa di altrettanto semplice ma più elastico: giocabile in tanti, con la possibilità di usare molti modelli di aerei diversi e di fare non solo missioni di caccia ma anche di ricognizione, bombardamento e altro.
Così ho pensato di far volare alcune carte-aereo sul tavolo, pianificandone segretamente il movimento con carte-manovra utilizzabili anche come righello per eseguire la mossa sul tavolo libero, senza la rigidità e la forzata semplificazione imposta in altri giochi da caselle e griglie esagonate. Nel giro di una notte ho preparato il prototipo. Ho coinvolto il mio amico Pier Giorgio Paglia nello sviluppo. La Nexus Editrice ha pubblicato la prima confezione della serie l’11 marzo 2004. Sono seguite una dozzina di edizioni in altrettante lingue, alla collana sulla prima guerra mondiale si è affiancata quella sulla seconda, e dopo qualche anno con Andrea Mainini ho creato Sails of Glory sulle battaglie navali napoleoniche. Tra un paio di mesi uscirà anche Tripods & Triplanes, un’espansione in cui gli assi della Grande Guerra affrontano i tripodi marziani che invadono la terra come nella Guerra dei Mondi di H.G. Wells.
Una volta ho ricevuto una foto dal Weekend Enogastroludico di Bossolasco, dove era appena stata fatta una partita in 13. Nel postarla su internet, per fare lo spiritoso l’ho definita “la partita di Wings of War più grande del mondo”. Dopo qualche settimana mi chiamano gli organizzatori di Mucca Games per “battere il record”. “Quale record?” ho chiesto, non capendo. “Quella del numero di giocatori allo stesso tavolo!” Lo hanno fatto mettendo assieme 22 partecipanti. Poi la Reindeer Corporation ne ha fatti giocare 25 fra gli aerei del Museo dell’Aereonautica Militare, poi il record è stato battuto di nuovo a Pisa, a Leiria in Portogallo, nello Utah… Attualmente la partita più grande è quella svoltasi a FirenzeGioca su un tavolo da 100 giocatori: è durata un’ora, come una qualsiasi giocata casalinga.
Segno che l’obiettivo di “scalare bene” è stato raggiunto.
Andrea: No, è stata un’evoluzione molto naturale perché già le carte che facevo volare sul tavolo nella prima edizione erano pensate per funzionare come delle miniature. Per anni avevo giocato a wargame tridimensionali in cui i figurini erano fissati su basette rettangolari di cartone: Wings of War tratta la carta-aereo proprio come se fosse la basetta di una miniatura, e anche l’illustrazione contribuisce a dare la sensazione di un modellino che si muove sul tavolo. E’ quindi stato naturale per i fan del gioco fissare miniature in scala sopra le carte per rendere più tridimensionale e spettacolare il gioco. Poi l’editore ha proposto di vendere noi stessi modellini già pronti.
Io non speravo tanto, conoscendo il costo degli stampi e della produzione di pezzi già dipinti, ma con una dozzina di traduzioni alle spalle e un successo di vendite che non accennava a scemare la Nexus Editrice si è sentita in grado di investire e il risultato è stato ottimo. Non abbiamo lesinato né sulla ricerca storica né sui costi necessari a realizzare modellini robusti ma al tempo stesso curati in ogni dettaglio, e il pubblico ha risposto con entusiasmo. Oggi il gioco si chiama Wings of Glory ed è disponibile solo come gioco di miniature.
Andrea: Quella che chiamo la “complessità nascosta”. Per lungo tempo si è detto che ogni autore di giochi di simulazione era davanti a un’alternativa: giocabilità o realismo? Si è sempre pensato che per mantenere in una simulazione tutti i dettagli dell’ambientazione occorresse realizzare un gioco complicato da gestire: pieno di regole, dati, tabelle, eccezioni. E che per ottenere invece un gioco facile e immediato si dovesse rinunciare a una ricostruzione fedele della realtà, ignorando particolarità e differenze fra i vari elementi.
Io ho tentato un’altra via: mantenere i dettagli ma affidarne la gestione ai materiali.
In Wings of War il Sopwith Camel gira meglio a destra che a sinistra, perché ha un motore rotativo che fa questo effetto. Anche il Fokker Dr.I: ma un po’ meno, perché la forma della coda corregge la tendenza a virare a destra. Il Fokker D.VII riesce a ruotare sul posto “appendendosi alla coda”. Ciascuno di essi muove sul tavolo a velocità maggiore o minore, secondo la diversa velocità degli autentici aerei rappresentati. Tutto questo nelle simulazioni precedenti degli anni ’70 od ’80 era affidato a punteggi da spendere, tabelle, diagrammi di costi differenziati per girare, regolette particolari e così via, che il giocatore doveva prima studiare e poi amministrare, in Wings of Glory basta seguire la regoletta “prendi il mazzo manovra del tuo aereo e scegli in segreto tre carte”. Tutto il resto è gestito dall’assortimento, dalla lunghezza e dalla forma delle frecce disponibili per ciascun apparecchio.
Non ho semplificato la realtà simulata, ho solo alleggerito la quantità di cose che pesano sul giocatore.
Andrea: Non so, forse il sistema della quota. E’ un’aggiunta a posteriori: il gioco è nato senza, come del resto anche altre simulazioni aeree. Comunque la versione che ho proposto funziona, anche se non è raffinatissima. I fan più esigenti si sono poi fatti le loro regole opzionali, e va bene anche così.
Andrea: Non saprei, è venuto tutto abbastanza naturale. Forse la maggior difficoltà è stata trovare un sistema di punti bilanciato per chi vuole creare situazioni di gioco. Ogni aereo, equipaggiamento speciale, abilità di asso ha un costo e si presume che due schieramenti che costano lo stesso numero di punti abbiano uguali probabilità di vittoria. L’obiettivo è genuino e non è quello che a volte traspare nel caso di altri giochi per i quali la casa editrice, più che un sistema equilibrato, cerca piuttosto di creare una situazione in cui certi prodotti diano un marcato vantaggio, così da stimolarne le vendite. Salvo poi mettere in vendita altri pezzi, o modificare il sistema stesso, o mettere al bando certe combinazioni, così da creare un nuovo squilibrio e stimolare la vendita di altri materiali.
Un sistema di punteggi può essere utile, nel nostro gioco, ma non è un elemento particolarmente importante: la maggior parte dei giocatori ama situazioni di scenario, magari un po’ “raccontate”, più che mettere enfasi sulla competizione a tutti i costi. Il sistema di punteggio è quindi un aiuto, ma non il fulcro di un gioco che nel nostro caso non è schiettamente agonistico.
Andrea: Effettivamente sì. Io ho avuto diverse influenze quando ho sviluppato l’idea di Wings of War: devo molto a titoli come Ace of Aces, Air Force, Gunslinger, Blue Max, Sopwith e chissà quanti altri, oltre che a una variegata esperienza di wargame tridimensionale. Però credo che il risultato abbia dei tratti di originalità e che abbia direttamente influenzato diversi altri titoli non solo di “dogfight”. X-Wing, non a caso, è stato sviluppato dopo averci chiesto la licenza delle meccaniche di Wings of War.
Heinrich Glumper, mandando ai potenziali editori il prototipo del suo Techno Witches, segnalava loro la derivazione da Wings of War: in questo caso parliamo di un gioco di corsa, un rally fra asteroidi e pianeti. Il gioco di carte Regatta, veloce gara velica da pavimento, è chiaramente un altro figlio di Wings of War. Il programmatore che ha ideato il videogioco Steambirds ha raccontato di averlo fatto il giorno dopo aver scoperto Wings of War a una manifestazione ludica…
In realtà le meccaniche di questo gioco hanno potenzialità che vanno al di là dei soli duelli fra velivoli, e questi casi lo hanno dimostrato.
Andrea: Adesso la mia passione è per le storie dei giochi che racconto ai microfoni di Wikiradio su Radio Rai Tre, nel libro per le edizioni Gallucci, su varie riviste. La mia opera a cui tengo di più è però forse il Dizionario dei giochi Zanichelli, che ho compilato assieme a Beniamino Sidoti: dieci anni di lavoro che sono un po’ la summa di tutta la mia esperienza ludica fino a quel momento. Oltre a costituire un manuale pratico che insegna parecchie centinaia di giochi di tutti i tipi con le loro varianti.
Andrea: Giocare molto, di tutto – non solo giochi da tavolo. Gettarsi nel gioco con passione, voglia di imparare e umiltà. E non illudersi di arrivare a chissà quali successi: se poi verranno tanto meglio, ma non val la pena di cercare troppi compromessi per venire incontro alle presunte richieste del mercato.
Non ne vale la pena, meglio essere se stessi.
Andrea: Al momento non ho grandi novità in programma. Sono più preso dal portare avanti i progetti esistenti: creare nuove astronavi per Battlestar Galactica: Starship Battles, nuovi aerei e regole di campagna per Wings of Glory, navi pirata per Sails of Glory, un seguito del libro Storie di giochi dedicato ai giocattoli e uno di Basta niente per giocare con altri giochi con materiali semplici. Sono anche tornato a occuparmi di giochi televisivi, con una trasmissione su Rai Quattro che verrà annunciata a breve. Mi piacerebbe ripubblicare qualche libro-gioco realizzato in passato, visto che questo genere torna di moda. Insomma, tante cose con cui procedo sui binari già intrapresi ma niente di particolarmente nuovo all’orizzonte.
Andrea: Forse come il pubblico ha accolto Wings of War: perché mi piace poter dire che lo ha fatto con calore, passione, inventiva e creatività. Il sistema è aperto ai contributi dei giocatori, che hanno fondato una meravigliosa costellazione di siti e associazioni dedicati. Sul solo www.wingsofwar.org ci sono quasi seimila iscritti che si scambiano regole opzionali, scenari, materiali aggiuntivi e si danno periodicamente appuntamento a Praga, in un museo aeronautico nella foresta di Sherwood, a Massa e in tanti altri luoghi per giocare grandi scenari inventati da loro.
Il gioco è vivo non solo grazie a noi che lo pubblichiamo, ma anche a queste persone. E questo gli ha dato la forza di sopravvivere benissimo a un cambio di editore e a momenti molto bui.
C’è da dire che con i miei editori abbiamo sempre messo in primo piano il rispetto per i giocatori, e questo la gente lo ha percepito. Fin dalla scelta iniziale di non farne un gioco di carte collezionabili. Tutto quello che è uscito fino a oggi è ancora compatibile con il gioco attuale, non c’è stata alcuna strategia di obsolescenza programmata per costringere il pubblico a comprare nuove cose o per deprezzare deliberatamente ciò che i giocatori hanno accumulato sul mercato di seconda mano. I giocatori hanno apprezzato tutto ciò e sentono di non essere clienti da spremere ma parte integrante di un gioco che appartiene anche a loro.
This post was published on 20 Marzo 2019 10:22
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