Fondazione Ikaros è una realtà italiana che mira a fare da trampolino per i giovani verso il mondo del lavoro. Come vi avevamo accennato in un precedente articolo, I ragazzi vengono aiutati a scegliere il proprio percorso lavorativo selezionabile tra una vasta gamma di settori: amministrativo, agro-alimentare, tecnologico.
Proprio riguardo a quest’ultimo, Fondazione Ikaros ha deciso di inserire un nuovo percorso lavorativo: quello relativo agli eSports. I videogiochi competitivi diventano strumento didattico e percorso formativo, allontanando qualsiasi pregiudizio che ancora persiste in Italia. Abbiamo posto alcune domande a Paolo Gianfrate, responsabile social media di Fondazione Ikaros, che ci ha fornito le seguenti risposte.
Intervista a Fondazione Ikaros: parola a Paolo Gianfrate
- Per rompere il ghiaccio, ci illustri il vostro progetto “generale” di Fondazione Ikaros e poi quello specifico dedicato agli eSports.
Innanzitutto grazie per averci contattato ed esservi interessati al nostro progetto eSports. Fondazione Ikaros è un istituto di formazione accreditato e riconosciuto dalla Regione Lombardia con 3 sedi in Lombardia: Buccinasco, Calcio e Grumello del Monte, dove ha sede l’Istituto Politecnico. A Grumello proponiamo agli studenti un percorso di 5 anni per ottenere la maturità come graphic designer, tecnico informatico, tecnico elettronico, chef, bakery and pastry chef oppure food and beverage manager. È un istituto che collabora attivamente con le aziende del territorio e mira ad un inserimento veloce nel mondo del lavoro alla conclusione dei 5 anni.
Il progetto eSport, attualmente realizzato nella sede di Grumello, nasce dall’osservazione della realtà. È un dato di fatto che i ragazzi spendono molto tempo davanti a pc e videogiochi. Abbiamo voluto intercettare i ragazzi in quello che piace fare a loro ma sfidandoli su un piano diverso: come fare a utilizzare il tempo di gioco in modo costruttivo, sano ed educativo?
Ecco quindi il progetto didattico in essere: educare al passaggio dal gioco individuale, senza uno scopo particolare, alla costruzione di una squadra che sappia raggiungere obiettivi ben precisi.
- Come si concilia il medium videogioco con l’attività didattica?
Il videogioco nel nostro caso non è solo prendere il joypad (o tastiera e mouse) e sfidare l’intelligenza artificiale: è un discorso molto ampio. Abbiamo iniziato con un percorso didattico in aula di 20 ore di lezione in collaborazione con la società sportiva bergamasca GAMES KINGDOM.
Si proseguirà poi con percorsi specifici per gli studenti dell’area tecnologia: i graphic designer potranno approfondire in classe tutti gli aspetti riguardanti la grafica dei videogiochi; i tecnici elettronici si occuperanno dello studio delle reti di cablaggio e della gestione e ottimizzazione della sala LAN mentre i tecnici informatici studieranno tutta la parte dedicata alla programmazione.
- Quali sono le maggiori difficoltà che si incontrano quando si vogliono portare i videogiochi nella scuola italiana?
Per molti, la percezione è che il videogioco sia una perdita di tempo che ruba spazio ad altre attività. Il nostro scopo è incanalare le forze e la passione dello studente per i videogiochi in qualcosa di educativo che possa permettergli di crescere, partendo della teoria (conoscere come funziona un videogioco, quali aspetti tecnologici e quali figure sono attinenti al mondo del lavoro) per poi passare alla pratica. La forza del percorso è che i ragazzi sono sempre seguiti da professionisti del settore.
- Perché la percezione che si ha degli eSports in Italia è molto diversa dal resto d’Europa e dal resto del mondo?
Un aspetto penalizzante è il fatto che nel campo esports lo sforzo dell’atleta/videogiocatore non è evidente al grande pubblico come potrebbe essere negli sport fisici “classici” come calcio, basket, pallavolo etc. Non aiuta poi la percezione generale dei videogiochi come “perdita di tempo” da parte dei genitori e di alcuni adulti. Dal punto di vista tecnologico poi all’estero sono presenti diverse strutture già rodate con team che partecipano a tornei internazionali mentre in Italia siamo ancora agli albori di tutte queste possibilità.
- Come spiegherebbe a un genitore del tutto all’asciutto sull’argomento che i videogiochi potrebbero essere una grande opportunità per suo figlio?
Innanzitutto noi proponiamo un discorso iniziale didattico e non puramente pratico: è dimostrato che in un percorso seguito per esempio, le ore di gioco calano drasticamente, ma con quelle che rimangono si ottiene un’esperienza di qualità. Inoltre, ci appoggiamo a realtà affermate con professionisti del campo (Games Kingdom, HK Style, MSI Gaming) che ci aiutano nella realizzazione del progetto.
Poi, il mercato e il mondo dell’entertainment in generale, richiedono sì giocatori preparati ma anche tutta una serie di altre figure professionali come caster (o più semplicemente, “telecronista”), coach, team leader. Figure che permetteranno la creazione di un nuovo mercato e nuove possibilità di lavoro, in Italia e all’estero: la situazione è in continuo divenire ed è una grande possibilità nel mercato italiano per imparare e mettersi alla prova.
- Quali sono sul piano pratico i benefici che i videogiochi competitivi possono apportare ai giovani che si avvicinano a questo mondo?
Il gioco competitivo in team, comporta che ogni membro deve impegnarsi con il proprio sforzo personale solo per dare il meglio: è necessario un confronto continuo e diretto con diverse figure e un intenso lavoro di gruppo per raggiungere traguardi comuni, competenze sempre più richieste anche nell’ambiente lavorativo.
- Avete stretto particolari partnership nel mondo dei videogiochi?
Per la realizzazione del progetto collaboriamo con la società sportiva GAMES KINGDOM di Bergamo, che cura anche la didattica in aula. Per quanto riguarda la parte tecnologica e hardware, sempre tramite GAMES KINGDOM, collaboriamo con HK STYLE (azienda informatica bergamasca che collabora con diverse piccole e medie aziende) e MSI GAMING.
- Altri progetti futuri legati a videogiochi e didattica?
Il sogno è formare un team vero e proprio di ragazzi per partecipare a tornei di esports: nel breve periodo vogliamo sicuramente aumentare le ore di didattica sugli argomenti tecnici che affrontano gli studenti, per poi coinvolgere maggiormente anche i percorsi dell’area food.
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