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Giochi di ruolo

Vampiri: la Masquerade. Mens sana in Tzimisce sano

Il simbolo del Clan

Oggi parliamo di uno dei due organi che compongono le ossa e le carni del Sabbat, parlo del Clan Tzmisce ed utilizzare questi termini è oltremodo appropriato.
In Vampiri: la Masquerade, infatti, questo Clan ha il peculiare potere di plasmare le ossa, le carni, gli organi e in realtà qualunque parte organica di un essere vivente, potendo cosi creare, a propria discrezioni, perfetti esemplari del regno animale oppure mostri orrendi partoriti dall’incubo della loro mente.

Sebbene questa Arte venga da molti intesa come una proprietà demoniaca che solo una mente aliena potrebbe padroneggiare senza vomitare, gli Tzimisce hanno nel tempo affinato tale potere rendendolo parte stessa della loro analitica mente. Molto spesso si incontrano “Demoni” che utilizzano tale capacità a puri scopi scientifici o, paradossalmente, religiosi; Myca/Sasha Vykos ne è un palese esempio e quindi non è assolutamente sbagliato parlare di Estasi quando ci si immagina l’emozione che più si avvicina ad identificare questo Clan: Estasi Sanguigna, Estasi Religiosa, Estasi Scientifica, Estasi Conoscitiva, tutto di questo Clan di pazzi scatenati transilvani è dominato dall’Estasi e, dall’Estasi, è dominato anche il Racconto di apertura del “Libro dei Clan: Tzimisce“, “L’Inverno del Demone“.

Domenica 22 novembre, 1942.
Questo è il primo Clanbook in cui mi sono imbattuto che rendeva palese il momento in cui ci si trova, curiosamente in un momento del passato. A voler essere ancora più precisi nel pieno steppa russa limitrofa Volvograd durante la fuga delle truppe naziste da quel di Stalingrado.

I cardini del racconto sono l’Orrore e l’Eugenetica: lungo il racconto facciamo, infatti, la conoscenza del nostro protagonista, l’Obergefreiter Dietrich Walling, e ci bastano pochi secondi per apprendere quanto sia imbevuto di ideali nazional-socialisti, tanto da considerare il suo diretto superiore un polacco di sangue ebreo.
Un racconto è crudo, freddo, costantemente dominato dall’odio semita e dal gelido inverno.

Già il Generale Inverno, l’unico nemico che il III Reich non ha saputo sconfiggere. Intere divisioni mandate al macello a morire in quel enorme freezer che era la Russia Sovieticail grande male rosso che il Clan Tzimisce ha cercato di combattere per anni, attraverso tutti i mezzi possibili, anche quello rappresentato dalle SS Naziste.

Insomma, è chiaro che in questo scenario uno Tzimisce, con tutte le sue fissazioni per la perfezione del corpo e dell’anima,  capita a fagiolo no? Sembra quasi, infatti, che tutte quelle continue cantilene propagandate da Hitler, Goring, Himmler e tutta l’allegra combriccola di figli di puttana gerarchi nazisti, si sposi alla perfezione con un Clan che ha fatto del raggiungimento della perfezione e la trascendenza dell’esistenza la propria missione, il proprio scopo.

Lo so cosa state pensando, ora Andrea ci metterà il colpo di scena per cui non è cosi, che in realtà voglio portare al discussione su tutt’altro con un bel Plot Twist… e invece no, lo Tzimisce co-protagonista di questo racconto è esattamente tutto questo: un Brigadenfuhrer e Generalmajor delle SS che, mentre il racconto lo descrive, si accarezza il suo bel cappello da alto ufficiale con su piantata una bella spilla con teschio sopra due tibie incrociate: Totenkompf, quelli che ammazzavano Ebrei, omosessuali, nemici dello stato e poveri diavoli finiti li per caso o per vendetta, in quella cosa chiamata campi di concentramento che troppo spesso, ultimamente, dimentichiamo cosa siano.

No, questo articolo non diventerà una riflessione sull’Olocausto, ma era per me doveroso ricordare ciò che è successo: i nazisti hanno massacrato oltre 15milioni di individui in una catena di montaggio chiamata “Soluzione Finale”.

Finito questo mio doveroso impegno verso la Storia e la Memoria posso tornare al racconto.

Siamo nel bel mezzo di un paesaggio innevato. Il bianco la fa da padrone. Carri abbandonati a destra e sinistra sono al cornice perfetta del dramma che si sta svolgendo: la 22a Divisione, ormai in rotta, vive il suo ultimo momento tra carcasse di Tiger impossibilitate a muoversi per la mancanza di carburante.

L’Obergefreiter sa cosa sta per avvenire ed ordina ad un suo sottoposto, il kanonier Holden, di ignorare gli ordini del loro superiore “polacco” e di muoversi in direzione di una serie di carri per scoprire se all’interno è avanzato qualcosa per sopravvivere.

Immaginatevi la scena, tanti piccoli scarafaggi neri che si muovono indaffaratissimi a sopravvivere mentre tutto intorno il bianco gelido della neve congela tutto. Con molta probabilità il “Demone” che ora infesta questo luogo deve proprio aver pensato di essere un Dio in mezzo a tutto quell’affaccendarsi… ed in effetti è proprio cosi.

Il primo a sollevare perplessità su quanto stia succedendo è il kanonier Holden: terrorizzato, riferisce di aver perlustrato un carro e di aver quasi strappato la faccia ad un suo commilitone quando lo ha staccato dal carro congelato: “dopotutto non poteva essere già cosi, vero?” Povero ingenuo, gli Tzimisce adorano fare queste cose e sapete cosa altro adorano fare? Sculture di carne, possibilmente funzionanti e utili ad uno scopo. E’ raro, infatti, trovare artisti fra i membri di questo Clan. Dopotutto l’arte è fine a se stessa e loro sono molto più pragmatici. No, le cose se fatte devono avere uno scopo e, come vedremo a breve, la sua “demoniaca” capacità sarà dedicata ad uno scopo preciso, di gran lunga superiore alla mera cosa che gli umani chiamano “arte“.

L’Obergefreiter liquida la cosa con facilità: “immagina come se sia un coniglio, hai mai scuoiato dei conigli no?” dice ad un terrorizzato kanonier Holden che preso coraggio da queste parole, prosegue la sua ricerca di materiale utile.
Per la prima volta ci troviamo davanti un mostro umano, un uomo che ha completamente trasceso il concetto di coscienza e si è fatto idea stessa di sopravvivenza, un po’ come se quella parte di Iperuranio deputata a rappresentare la Sopravvivenza si fosse incarnata in lui. e sarà proprio questa la sua capacità a salvargli la vita… più o meno.

La scena cambia nuovamente, siamo all’interno del carro mentre L’Obergefreiter si riposa e attende. Qualcuno si avvicina al Tiger, vuole entrarci. Non è un suo commilitone, non ha seguito la normale procedura. Meglio andarsene subito e la visione di quelle seghettate e lattee dita che sbucano dal pozzo di ingresso, fanno capire subito che non è proprio il caso rimanere: meglio filarsela ed approfittare della tormenta di neve, piuttosto che combattere qualcosa di sconosciuto.
L’animale in gabbia riesce a fuggire e a beffare il predatore. Ben giocato umano, ben giocato… ma tutte le accortezze da te adottate durante la fuga non funzioneranno.
Peccato.

L’Obergefreiter, giunto al cospetto del più imponente carro della sua divisione, si ritrova davanti uno scenario grottesco. I suoi camerati sono stati saldati sul bianco carro che si presenta dinnanzi a lui, e cercare di entrare risulterà molto, molto difficile. Quei brandelli di carne sono difficili da strappare via, ma un po di olio di gomito, tanta paura dell’ignoto e un po di fortuna, lo aiuteranno a trovare rifugio nel ventre di quell’enorme mostro d’acciaio che infesta quella candida foresta… ma ciò che troverà all’interno sarà ben peggiore di quanto visto fuori.

Dentro, posati qui e li ad attenderlo, vi sono i suoi commilitoni che ne arredano l’interno… completamente rivoltati: dentro la pelle, fuori organi, carne e viscere, e queste si congiungono come fossero “festoni di natale.
Organi pulsanti e mugolii sinistri fanno comprendere immediatamente che non sono morti, sono vivi… ma lo sgomento lascia subito spazio ad un nuovo sentimento nella mente dell’Obergefreiter: quel luogo, cosi arredato, permetterebbe con il suo caldo la sopravvivenza.

Già, la sopravvivenza, ma chi lo ha realizzato? Che domande, la più fulgida e sfavillante mente che infesta quel luogo: lo Tzimisce che ora gli si palesa  in pompa magna di fronte chiedendogli, per’altro, perché non gli faccia il saluto militare.
Il vero mostro è quello che si veste da agnello e ne impersona i panni.

Cosa ci può essere di più mostruoso di un alto ufficiale delle SS imbevuto di Nazionalsocialismo? Semplice, uno Tzimisce che porta avanti la sua eterna JihadBrigadenfuhrer e Generalmajor delle SS imbevuto di Nazionalsocialismo e conoscenze Koldun.

E’ si, scopriamo cosi fra le righe che il nostro simpatico amico Brigadenfuhrer, non solo è un fottuto ariano nella mente e nell’anima, forte dei suoi perfetti lineamenti, dei suoi biondi capelli, della sua impeccabile uniforme e dei suoi occhi vitrei, no; padroneggia anche un arte cosi antica e potente da plasmare gli agenti atmosferici.

Ditemi ora: non è forse questo la cosa che più si avvicina ad un Dio in terra, perduto nei suoi assoluti e con la capacità di plasmare l’esistenza di qualunque cosa, forte sinanco delle furia degli elementi?
Ora vi è chiaro perché associo l’Estasi a questo Clan? Perché cosi è: sono la cosa che più tende al voler essere una divinità.

La scena finale si chiude sull’osservazione di come il Brigadenfuhrer sia rimasto particolarmente colpito da quell’umano graduato da Obergefreiter, e di come ora abbia cambiato la sua posizione grazie alla sua fredda e cinica analisi del mondo che lo circonda, da “Ultima Cena” a “Fido Servitore“… Dopotutto qualcuno dovrà pur guidare quel candido carro reso immune alle fredde gelate sbuffate dal Generale Inverno, no? Non ci si può certo aspettare mica che sia un Brigadenfuhrer a farlo, no?

No, sarà il piccolo soldatino a guidare il suo Brigadenfuhrer verso casa, in Transilvania, dove questi potrà meditare ancora e ancora su come portare avanti la sua secolare guerra, la Jihad, quale novello Angelo Vendicatore, contro il più grande demone che l’Est Europa abbia visto: il Demone Rosso del Socialismo.

Solo un Dio vive di assoluti.
Solo un Pazzo vive di assoluti.

I Figli del Dragone recitano: “La terza bocca di Azhi Dahaka mi sussurra del sogno di Costantinopoli. Dal salvatore di Caino, ho appreso i segreti della Divinità Interiore. Nel nome di Iesu, io tengo alto l’onore di Lillian e sono testimone della divinità della Immacolata Unione. Nel nome di Simeone, io sarò il Custode di mio Fratello. Ho letto i libri della Biblioteca dei Dimenticati e temo il Guardiano della fede e i suoi Osservatori. Sono il protettore della famiglia Obertus. Custodirò gli idoli degli Akoimetai. Il Codice dell’Eredità è la legge. Fino all’avvento di Armageddon e delle Gehenna, io combatterò per il Paradiso della Terra. Nel contrasto, l’assassinio di Antonius di Gaul sarà redento. Questo è il mio giuramento al Dragone, Primo Infante, il Sacro Spirito, mio nonno nelle tenebre. E per Caino ogni benedizione. Ricevo questa cresima, nel nome del Dragone. Così sia.

Marx diceva: “Religion als das Opium des Volkes“, la religione è L’Oppio dei Popoli.

Amen!

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This post was published on 2 Luglio 2017 12:13

Andrea De Bellis

Appassionato da sempre di gioco di ruolo, intervallo per anni la mia vita tra questi, lo studio e il lavoro. Dopo un periodo da giornalista professionista decido di laurearmi in storia, mia altra grande passione. Da qui il passo alla scrittura è breve. Comprendendo come l'intrattenimento non possa essere in alcun modo scisso dal provare emozioni, mi propongo quale recensore emozionale per Player.it, ideando e curando nel frattempo le rubriche "Italy&Videogames", "Interviste Impossibili", "LARP: A Night With...", "Autori di Ruolo: D12 domande a..." e "Spade di Gomma", scrivendo il romanzo "Il diario del dott. Flammini" e ideando e lanciando le rubriche "Venerdì Oldies" e "Recensioni Emozionali", sostenendo sempre quanto sia più interessante parlare di "cosa suscita un titolo quando lo si gioca" piuttosto che l'evergreen "cosa è e come come funziona questo gioco". Il gioco è intrattenimento, l'intrattenimento è emozione, l'emozione è vita.

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