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Giochi di ruolo

Old Gods of Appalachia | Nel cuore nero dell’America | Recensione

Avete mai provato, entrando in un bosco, la sensazione di uscire da un mondo e di entrare in un altro, governato da altre regole?

Se ci pensate bene e andate con la mente ai ricordi di qualche escursione, non è una sensazione difficile da focalizzare: i boschi, la natura, i colli che sovrastano i sentieri, sono tutti elementi che possono arrivare a farci dimenticare la civiltà e a scavare in altre dimensioni, che scavano in età della nostra esistenza (e dico “nostra” arrivando a parlare di uomini, di genere umano) più recondite e profonde.

Dimensioni che avvicinano ad antiche storie, leggende; luoghi dove è possibile udire i sussurri di un mondo che non c’è più ma che, imperterriti, continuano ad arrivarci, sfiorarci e ricordarci che c’è “altro” oltre a noi, in questo mondo.

Come dite?
Non capite di che diavolo sto parlando? 

Forse potreste capirlo meglio giocando a uno degli ultimi nati della Monte Cook Games, il gioco di ruolo da tavolo di cui parleremo oggi: Old Gods of Appalachia – Roleplaying Game.

Il manuale e la splendida mappa del setting

Benvenuti in Appalachia!

Parlavamo di boschi con alle spalle tanta storia, di luoghi naturali ancestrali in cui possiamo perderci ed entrare in contatto con “dimensioni” della nostra esistenza che credevamo di aver dimenticato.

E’ esattamente quel che accade quando iniziamo una qualsiasi avventura o campagna a questo gioco di ruolo, basato su un podcast folk horror di gran successo che ha debuttato nel 2019

Ambientato, come la serie di audioracconti, nei primi anni del ‘900, il gioco ci dà tutti gli strumenti di metterci nei panni di un gruppo di persone comuni che si ritrovano a vivere nella remota regione degli Appalachi, l’antica e solenne catena montuosa che attraversa buona parte dell’entroterra dell’East Coast degli Stati Uniti, correndo più o meno dalle contee alle spalle di New York al Tennessee (e dunque a toccare il Sud).

Ci sono cose, nelle profondità della terra, che è meglio non disturbare…

Giocare a Old Gods of Appalachia significa inoltrarsi in un’epoca e in un luogo isolati, in cui sparuti villaggi si alternano a montagne rocciose, miniere in rovina, boschi millenari in cui è facile perdersi, e soprattutto a comunità spesso completamente isolate dal mondo civilizzato nelle quali possiamo trovare storie e leggende che sembrano uscite dai racconti dei nostri nonni. Racconti di fantasmi, di morti che tornano dalle tombe, ma anche di misteriose entità che albergano tra gli alberi e che, forse, è meglio lasciare in pace.

Come dite? Volete un esempio? 

E se vi raccontassi di un gruppo di campagnoli della ridente cittadina di Stonega, in Virginia, che durante una festa di paese ha assistito al precoce invecchiamento della banda musicale del luogo a causa di un’oscura e inquietante maledizione? Una maledizione annullabile soltanto recandosi nel bosco e cercando un’antica divinità del posto?

Ecco, in Old Gods of Appalachia le giornate scorrono così, esplorando luoghi fatti di miti, leggende e orrori indicibili, ai margini della civiltà.

Una serie di suggestioni che possono lasciare ai giocatori, oltre che il semplice gusto di imbastire una bella avventura horror-weird ambientata in una cornice affascinante, un vasto ventaglio di tematiche da giocare: dal rapporto tra civiltà e natura a quello tra “bianchi” e altre etnie (magari emarginate o ghettizzate), per finire con sentimenti umani come bramosia di ricchezze o sete di conoscenza.

Gli spunti, giocando un setting così strutturato, oscuro e per certi versi malinconico, sono davvero tanti, e i master appassionati di giochi horror troveranno davvero pane per i loro denti

A cosa posso ispirarmi?

Per quanto il setting di Old Gods of Appalachia sia inedito per un gdr, in realtà tanti sono i film o le serie dalle quali potete attingere per prendere ispirazione, poiché ambientati in una profonda provincia americana attraversata più o meno dagli stessi temi: da The Gift, thriller soprannaturale di Sam Raimi con Cate Blanchett che mette in scena una torbida storia di medium e omicidi nella Georgia più profonda, alla prima stagione di True Detective, fino a Wrong Turn (anche il remake del 2021, in grado di esplorare a fondo il concetto di appalachian horror). A livello videoludico, una ripassatina alle atmosfere di Alan Wake è più che dovuta (magari approfittando di Alan Wake 2).

Parola d’ordine: narrazione

Quelle che potremo giocare in Old Gods of Appalachia sono storie misteriose, ma soprattutto emozionanti, che mettono al primo posto la nostra capacità di uomini normali di capire che c’è “altro” nel mondo, che può minacciarci e che non sempre possiamo capire o combattere con armi convenzionali. Cosa ben più importante da ricordare, queste storie sono sostanzialmente storie di ricerca, esplorazione, indagine, in cui sarà bene utilizzare la testa, tenere i nervi saldi e osservare con attenzione ciò che abbiamo attorno e di relazionarci con mondi vivi e pieni di sfide.

Il sistema di gioco che ci permette di affrontare tutto questo è il Cypher System, una meccanica di gioco di ruolo nata dalla mente di Monte Cook, leggendario game designer passato già alla storia come uno dei padri della Terza Edizione di Dungeons & Dragons e autore di alcune delle più importanti ambientazioni e avventure degli ultimi trent’anni.

Se l’idea di imparare un nuovo sistema di gioco vi spaventa, sappiate che il Cypher System è un regolamento di ultima generazione, snello, pratico da imparare e da padroneggiare, perché basato su un’unica meccanica base:

stabilire una difficoltà (compito del GM)-> Decidere se spendere punti di una delle tre caratteristiche di cui si compone la nostra scheda per abbassare la difficoltà della prova->Tirare un D20 e fare più della soglia di difficoltà.

Stop.

Al novanta percento, il funzionamento del gioco è questo, per quanto su questa base si innesti un reticolo di regole abbastanza rifinite, ma con l’unico obiettivo di privilegiare la narrazione.

Tutto quel che dovrete fare, di avventura in avventura, sarà capire come sfruttare al meglio un sistema che ha le sue radici nella gestione le varie riserve di punti-caratteristica, approccio che forse potrebbe richiedervi un po’ di tempo e pratica, ma se amate giochi basati prettamente sulla narrazione e con l’obiettivo di farvi concentrare totalmente sulla storia che state vivendo, vi troverete a vostro agio e riuscirete ad amare OGOA senza problemi.

Tra le pagine del mistero

A livello editoriale, il manuale di Monte Cook Games (non ancora importato nel nostro Paese) è un prodotto molto suggestivo, in grado di offrire al giocatore tutti gli strumenti per immergersi a pieno nel mondo di gioco.

Basterà un semplice battesimo a dimenticare i veri dei di questa terra?

Il libro si divide in sei parti, che esplorano i vari aspetti del gioco, con ampio focus sul setting e sul mood del gioco: circa cento pagine di ambientazione ci presentano Pennsylvania, Kentucky, North Carolina, Tennessee, Virginia e West Virginia, i sei stati attraversati dagli Appalachi, dei quali sono riportate le città principali e svariate leggende e situazioni “locali” in cui ambientare le nostre campagne di gioco.  A giudizio di chi scrive, il valore più grande di Old Gods of Appalachia è proprio la capacità di farti entrare nel suo mondo e bombardarti di spunti, avventure, note a margine, da cui partire per un lungo viaggio on the road.

Una tale mole di nozioni per avventure permettono di imbastire anche campagne “open-world” nelle quali dovrete spendere pochissimo tempo per scrivere ex-novo elementi di avventura. 

Venendo invece alla parte più “tecnica” del libro, ovvero i capitoli con regole, note di creazione dei personaggi e bestiario (anche questo molto generoso), questi sono strutturati in modo da essere al contempo stringati in giusto e abbastanza schematici da permettere uno studio rapido e agevole attraverso esempi semplici da comprendere. 

Molto utile anche la presenza, al lato dei paragrafi, di una serie di note che ricordano a che pagina possono essere trovati altri argomenti legati a ciò che stiamo leggendo (piccoli riassunti di regole, per esempio), un’aggiunta che facilita molto lo studio di questo possente tomo di circa 400 pagine. 

Forse, se una critica di gusto può essere fatta è la relativa carenza di intermezzi narrativi che permettano al lettore di entrare appieno nelle atmosfere del setting: comprensibilmente, gli autori hanno voluto per lo più inserire stralci delle puntate del podcast originale di Old Gods of Appalachia, tuttavia chi scrive trova che qualche contenuto di questo tipo in più e trattato in modo maggiormente approfondito avrebbe rappresentato un’aggiunta interessante.

Nulla da dire, invece, sulla qualità dell’apparato grafico ed editoriale: chiare e al contempo evocative, le pagine di Old Gods of Appalachia coinvolgono e invogliano alla lettura, grazie soprattutto a uno stile di scrittura coinvolgente e ovviamente alle illustrazioni. Queste ultime hanno tutte un taglio molto realistico ma, al contempo, ricche di suggestioni dark, grazie a uno splendido uso dei colori.

Un orrore diverso

Quel che ci si sente di dire alla fine di un’analisi di Old Gods of Appalachia è sottolineare come il gioco di Monte Cook Games sia uno splendido biglietto di sola andata per un mondo oscuro e al tempo stesso fatato, nel quale costruire storie misteriose e ricchissime di spunti da brivido, che farà la felicità di chi adora perdersi in classici come Il Richiamo di Cthulhu e, soprattutto Mondo di Tenebra, ma con un setting molto peculiare che potrebbe coinvolgervi.

Se amate i giochi di ruolo semplici e focalizzati sulla narrativa, ma soprattutto se credete che non ci sia niente di meglio che sfamare la vostra fame di dark che immergervi a capofitto in un mondo rurale e pieno di suggestioni folk, allora prendete in seria considerazione l’idea preparare i bagagli ed entrare nel bosco.

Ma attenti.

A volte, nei boschi più fitti si corre il rischio di perdersi.

This post was published on 5 Ottobre 2023 19:30

Fabio Antinucci

30 anni (anagraficamente, in realtà molti di più) ha alle spalle esperienze come copywriter, redattore multimediale e critico cinematografico, letterario e fumettistico, laureato con una tesi triennale su Il Cavaliere Oscuro di Christopher Nolan e una magistrale su From Hell di Alan Moore. Appassionato di letteratura horror e fantastica, divoratore di film di genere di pessima lega (ma ha nel cuore pezzi da novanta come Kubrick, Mann e Kurosawa), passa le sue giornate fra romanzi di Stephen King, graphic novel d’autore e fascicoletti di Batman. Scrive (male) da una vita, e ha pubblicato un romanzo breve (Cacciatori di morte) e due librigame (quelli della saga di Child Wood). Crede che il gioco sia una forma di creazione e libertà, capace di farti staccare la spina e al contempo di far riflettere, ragionare, commuoverti e socializzare. Per questo gioca di ruolo da dieci anni (in particolare a Sine Requie, D&D, Vampiri la Masquerade e Brass Age) per questo adora perdersi di fronte alla sua Play. È innamorato del videogioco grazie a Hideo Kojima e al primo Metal Gear Solid, al quale ha giurato amore eterno, ma col tempo ha imparato ad amare gli open-world, gli action-adventure, gli rpg all’occidentale, i punta e clicca, a una condizione: che raccontino una bella storia.

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