Ian Livingstone e Steve Jackson avevano un sogno: smettere di chiudersi in casa a perdere il sonno sui giochi da tavolo e trasformare un’insana passione in una promettente carriera.
Sfidando i preconcetti del tempo, infischiandosene di chi continuava a consigliare di cercarsi un lavoro serio e, soprattutto, rinunciando anche ad avere un tetto sulla testa (nel senso letterale del termine), Livingstone e Jackson misero in piedi la prima azienda nerd della storia del Vecchio Mondo.
Furono Livingstone e Jackson a tracciare il sentiero irto di pericoli che moltissimi sognatori prestati all’imprenditoria hanno cercato di percorrere da quarant’anni a questa parte, ed è a loro che dobbiamo l’odierno proliferare di giochi indipendenti, che all’epoca dei Pink Floyd si chiamavano “progressive game”, esattamente come il Progressive Rock.
Questa è la loro storia e, nel quarantesimo anniversario di Games Workshop, la comunità nerd merita di sentirla raccontare ancora una volta.
Ian Livingstone e Steve Jackson: come rovinarsi la vita al gioco (di ruolo)
Quando decisero di fondare la Games Workshop nel 1975, i tre soci aveano tutti meno di 30 anni. Si chiamavano Ian Livingstone, Steve Jackson e John Peake. Quest’ultimo, forse la mente più assennata del gruppo (in senso tradizionale), era un artigiano di belle speranze, appassionato di giochi da tavolo classici. La sua occupazione principale era quella di produrre le plance da gioco in legno necessarie allo svolgimento dei giochi da tavolo “standard”. Gli altri due si occupavano di amministrazione e di distribuzione dei prodotti.
La prima idea rivoluzionaria che ebbero i tre amici inglesi fu quella di creare una comunità di giocatori: se fino a pochissimi anni fa la comunità nerd si sentiva ancora tagliata fuori dai circoli sociali mainstream (poi è arrivato Stranger Things, ma quella è un’altra storia), è facile immaginare quanto la ricerca di compagni di gioco fosse frustrante quasi mezzo secolo fa.
Livingstone fu addirittura il fondatore del primo club inglese di giochi da tavolo, nell’Università di Keele, e da allora non ha mai cessato di pensare che, per espandersi, la cultura del gioco abbia disperatamente bisogno di una comunità forte che la promuova.
Da questa convinzione nacque la rivista Owl and Weasel, che si proponeva di pubblicizzare e promuovere quei “giochi progressisti” messi in vendita dalla Games Workshop. Le prime copie della rivista furono stampate e distribuite gratuitamente, fino a che una di esse non arrivò nelle mani di una persona destinata a cambiare per sempre le sorti del mondo del gioco: Gary Gygax.
Gygax si disse entusiasta del progetto e fece inviare ai proprietari di Owl and Weasel una copia di Dungeons and Dragons. Così iniziò la storia del gioco di ruolo in Europa e così iniziò la rovina economica di due inglesi quasi trentenni.
Dormire in un furgone, lavarsi in palestra, giocare di ruolo
I tre fondatori della Games Workshop discussero molto a lungo su cosa fare con il gioco di Gary Gygax. Livingstone e Jackson, che in principio erano scettici esattamente come Peake, finirono con il lasciarsi travolgere dall’idea di un gioco in cui lo scopo non era vincere e sentirono in cuor loro che quello era il futuro. John Peake, al contrario, decise di lavarsene le mani. Mise in spalla i suoi attrezzi e le sue plance e abbandonò la GW perché in quel momento sembrava la cosa migliore da fare. Oggi probabilmente farebbe una scelta parecchio diversa.
Livingstone e Jackson decisero di contrattare con Gygax affinché vendesse loro sei copie del gioco a un prezzo ragionevole (praticamente tutti i risparmi dei due) e affinché firmasse un documento in cui veniva concessa alla Games Workshop la distribuzione in esclusiva del gioco nei tre anni successivi. Il sesto numero di Owl and Weasel fu dedicato completamente a Dungeons and Dragons e la GW cominciò a vendere il gioco per corrispondenza, dal momento che non esisteva un negozio fisico in cui accogliere i clienti. Il proprietario dell’appartamento che Livingstone e Jackson occupavano in quel periodo fu talmente esasperato dalle continue telefonate che i due ricevevano (a un telefono comune) da sbatterli letteralmente per la strada.
Dopo peripezie varie ed eventuali i due si ritrovarono ad affittare un piccolo ufficio in condivisione con un agente immobiliare e a dormire in un furgone parcheggiato davanti ad esso. Si erano iscritti entrambi in una palestra vicina soltanto per usufruire ogni mattina delle docce messe a disposizione degli atleti.
Giocare agli imprenditori
Nel 1977 la Games Workshop era sostenuta da una solida base di clienti affezionati che, pur non essendo particolarmente estesa, permise ai giovani capitani d’impresa di compiere il passo successivo e fare scelte da veri manager: era arrivato il momento di aprire un vero negozio. Era l’Aprile del 1978 e una fila di giocatori (tutti maschi e capelloni) si assiepava lungo un marciapiede di Hammersmith (Londra) in attesa che il primo negozio Games Workshop fosse aperto per l’inaugurazione.
Dopo quel primo coraggioso passo i due stabilirono che importare versioni originali dei giochi dagli Stati Uniti costava uno sproposito e che a livello economico sarebbe stato molto più conveniente cominciare a stampare versioni locali di giochi di cui possedevano la licenza. Arrivarono in questo modo Traveller e Rune Quest.
Negli anni successivi si fecero strada Il richiamo di Chutulu, il Gioco di Ruolo del Signore degli Anelli, Paranoia, il Gioco di Ruolo di Star Trek.
Cominciarono anche a trasformare la GW in una vera e propria casa editrice di giochi da tavolo originali e a produrre complementi per il gioco di ruolo, come miniature, plance e schede personaggio.
Nel 1982 i due si lanciarono nella produzione di Librigame, il primo dei quali edito da Puffin e che in italiano ebbe il nome di Lo Stregone della Montagna Incantata. La casa editrice non avrebbe scommesso sul progetto nemmeno una moneta di rame, ma dovette ricredersi. Il format dei librigame ricevette un tale apprezzamento che nel giro 13 anni Livingstone e Jackson scrissero di propria mano o approvarono ben 59 volumi.
Lo stato attuale dell’azienda Games Workshop
L’azienda costruita da due imprenditori disposti a vivere in un furgone conobbe una crescita vertiginosa lungo tutti gli anni Ottanta. Un nuovo enorme successo arrivò nel 1983 con la pubblicazione di Wharammer Fantasy Battle, un wargame tridimensionale destinato a diventare il prodotto di punta della GW. Nello stesso anno fu pubblicato il famosissimo gioco da tavolo Talisman.
L’anno successivo l’azienda aprì una sede negli Stati Uniti e nel 1990 la Games Workshop pagava gli stipendi di 250 dipendenti. Dal 1992 però Livingstone e Jackson decisero di mettere in atto una vera e propria rivoluzione, abbandonando lentamente la pubblicazione e la distribuzione dei giochi di ruolo puntando tutto su Warhammer e un target più giovane.
Oggi i negozi che espongono il marchio Games Workshop sono di tre tipi: gli Outlet che sono di proprietà diretta dell’azienda, i Premium Store a cui vengono rilasciate in anteprima le ultime uscite e che sono riconosciuti come partner ufficiali di GW e gli Independent Store, ovvero negozi che ospitano una piccola selezione di prodotti a marchio Games Workshop (principalmente miniature e materiale per la pittura).
Brand Trust: ci fidiamo di Games Workshop?
Un piccolo accenno va fatto certamente alla reputazione che la Games Workshop si è costruita negli ultimi decenni, e che non è completamente positiva. Una delle pietre miliari dell’editoria specializzata in giochi di ruolo è spesso accusata anche dai suoi clienti più affezionati di praticare una politica estremamente aggressiva nei prezzi (che sono andati via via aumentando in maniera incontrollata) e nella diffusione dei punti vendita.
Oltre a questo il materiale prodotto e commercializzato spesso è incompatibile con il materiale pubblicato e messo in vendita precedentemente, scelta che ha fatto guadagnare all GW un black hat di tutto rispetto tra gli appassionati di wargame.
Pubblicare giochi oggi secondo Ian Livingstone
In un’intervista rilasciata al Londonist lo scorso Gennaio, Ian Livingstone ha ripercorso gli anni gloriosi della propria giovinezza e dei suoi primi passi nell’imprenditoria legata al settore ludico. Invitato a condividere una riflessione in merito allo stato attuale del mercato, Livingstone è sembrato entusiasta.
Secondo Livingstone oggi il business dei giochi da tavolo è in netta espansione grazie a nuovi strumenti attualmente in possesso degli aspiranti creatori di giochi e che loro, quarant’anni fa, non si sarebbero nemmeno sognati.
Il primo di questi è Kickstarter. Il pregio maggiore della principale piattaforma di crowdfunding secondo Livingstone sta nel fatto che consente ai creatori di giochi di saggiare il mercato prima della realizzazione del prodotto e di usufruire di un canale di distribuzione che i creatori di 40 anni fa non avevano: la rete.
Il talento di Livingstone e Jackson non ha perso di efficacia con l’età: proprio a una piattaforma di crowdfunding, Unbound.com, i due hanno deciso di affidare la raccolta fondi per la pubblicazione di un libro. Nell’intenzione degli autori racconterà i primi anni di Games Workshop e, se sarà mai pubblicato, si intitolerà Dice Men. Attualmente la raccolta fondi è al 67% e chi volesse contribuire al crowfunding avrà la gratitudine di due pezzi da novanta del mondo ludico internazionale.