Tra le interviste giunte sin ora, quella che state per leggere è indubbiamente la più ricca di elementi “storici” e non poteva essere altrimenti: dopotutto Umberto Francia, fondatore di Eryados e di tante altre cose – come scopriremo a breve – è uno scrittore (e organizzatore) di lunghissimo corso che negli anni ha inciso in maniera importante nell’evoluzione e diffusione del LARP in Italia, prendendo spesso parte in modo attivo a processi decisionali di ampio respiro in qualità di Presidente, Vice Presidente, Consigliere etc. di molte realtà italiane; non c’è quindi da meravigliarsi se nelle sue risposte ci imbatteremo spesso in aneddoti e dettagli. In fin dei conti non poteva essere altrimenti; vi confesso anche che in principio ho seriamente valutato l’opzione di far tagliare alcune risposte – cosi da non appesantire troppo la lettura – ma che infine ha prevalso l’idea di lasciar tutto com’era, perché è questo lo scopo di LARP: A Night With…: ascoltare gli altri, sempre.
Da storico quale sono, invece, non posso che sorridere nel leggere alcuni aneddoti che racconta il mio ospite e al contempo mostrare profondo apprezzamento per questo suo approccio cosi “storiografico”; alcuni di questi aneddoti, peraltro, provengono dritti dritti dai miti e dalle leggende del LARP italiano: antiche storie che i più vecchi di noi ricorderanno tra un misto di sorriso e sgomento. E’ questo il caso della famosa storia degli “spilloni nei coglioni genitali” che Umberto, oggi, ha deciso di desecretare completamente per noi. Una storia fatta di illustri ospiti e sagge scelte.
In ultimo, prima di iniziare vi faccio un veloce appunto che vi tornerà utile nel corso della lettura. Nelle sue risposte, Umberto si sofferma spesso su due elementi che ritengo importante voi possiate intendere a pieno: il primo è la Sospensione dell’Incredulità, disciplina semiotica di inizio ‘800 di Samuel T. Coleridge; la seconda è il Mondo Secondario del Canone della Terra di Mezzo, di J.R.R. Tolkien. Non entro nel dettaglio di queste perché appesantirebbe e deraglierebbe la lettura ma vi invito a consultare i link per approfondire l’argomento, qualora lo riteniate opportuno (tenendo a mente che stiam sempre parlando di testi di Wikipedia, utili per una infarinatura, si ma nulla di più… bricconcelli).
Bene, non credo di aver altro da aggiungere: direi quindi di passare direttamente a scoprire qualcosa di più su Umberto e sul suo approccio al LARP. Cominciamo!
LA PERSONA
- Parliamo un po’ di te, presentati: chi sei?
Mi chiamo Umberto Francia e sono uno sceneggiatore. Le mie prime storie le ho scritte per il gioco di ruolo, da ragazzino. Ho studiato regia alla Roma Film Academy di Cinecittà, ho bazzicato i set, scritto sceneggiature e vinto qualche premio. Sono tra i fondatori di Writers Guild Italia, il sindacato degli sceneggiatori italiani. Dark Elves, Federazione Ludica Romana, GRVItalia, Argonath, Camarilla Italia e ora Eryados, non ho mai smesso di fare LARP.
- Qual è il tuo più bel ricordo legato al LARP?
È come chiedere quale sia il mio film preferito! Te ne dico tre, in ordine cronologico:
Primo esperimento di GRV con gli amici con cui giocavo a Dungeons & Dragons. Per risolvere gli incantesimi utilizzavamo un dado a 20 facce in una scatolina di plexiglass. Comodo, no?
Concilio d’Inverno della campagna Adunanza di GRVItalia, Brisighella. Non la mia prima battaglia, ma la prima in cui ha funzionato davvero la sospensione dell’incredulità. C’era una pioggia sottile, freddo fin dentro alle ossa, il silenzio assoluto prima dell’attacco. Forse l’ho idealizzata, ma va bene così.
Arcaniversitas al Castello Orsini di Nerola. Pochi “colleghi”, anche vicini, ci avevano creduto, ma l’evento è stato un successo. Il 90% dei partecipanti non aveva mai sperimentato un LARP. E sono stati bravissimi.
- Qual è l’evento di cui vai più fiero? E quale quello di cui vai meno fiero?
Probabilmente l’evento di cui vado più fiero è Arcaniversitas e la Sfinge Nera, ma devo dire di aver avuto molte soddisfazioni negli ultimi tre anni, in particolare con Stranger Town.
Pollice verso per La leggenda del re pescatore, un Thrilling Weekend organizzato per una grande azienda telefonica nel 2006. Ho fatto l’errore di assecondare troppo il cliente. Ho odiato quell’evento, ma da allora ho imparato a dire di no.
- Quale è la peggiore crisi che hai dovuto affrontare? Come l’hai risolta e superata?
2004, Lucca Comics & Games. Questa è una storia che i veterani conoscono bene, ma non ne ho mai parlato pubblicamente. Dopo quindici anni penso si possa desecretare il file. Era l’esordio di Camarilla Italia, il club ufficiale dei prodotti del World of Darkness. L’organizzatore di una serata al Foro Boario in cui erano ospiti Justin Achilli di White Wolf e Joe Dever, autore di Lupo Solitario (un amico che ci manca molto), ci propone di organizzare un LARP di Vampire: the Requiem al quale potessero in qualche modo partecipare anche i non giocatori. Quindi il format era la classica festa un po’ goth per “mortali” che sarebbero stati i drink per i vampiri presenti. Justin e Joe erano in chiacchiere con gli editori nel loggiato, mentre sotto procedeva l’evento. A un certo punto uno dei collaboratori mi batte sulla spalla. “Hai visto quei tipi sul palco?” “Sì sì, sono i musicisti…” “No. Guarda.” Mi volto e la mia espressione deve essere stata quella di Frodo all’arrivo dei Nazgul, effetto vertigo. Quelli che io avevo identificato come una band perfettamente attinente allo stile dell’ambientazione, con piercing e dilatatori, ogni centimetro del corpo tatuato a colori, lingue biforcute, cuoio nero e lattice, si stavano esibendo in una performance di body art piuttosto estrema che eviterò di descrivere nel dettaglio. Diciamo solo che erano coinvolti spilloni, morsetti, catene e genitali. Il primo pensiero è stato che a quella serata era stata invitato chiunque e, sebbene fosse passata la mezzanotte, in sala potesse essere presente qualche minorenne. Il secondo fu che tra i maggiorenni potevano esserci dei giornalisti; venivamo da un periodo di caccia alle streghe contro i giochi di ruolo (NDR: Umberto si riferisce principalmente al Caso Faraon di fine anni ’90 che vedeva la stampa attaccare i giochi di ruolo a seguito del suicidio di un ragazzo; la magistratura convenì che non vi era correlazione tra le cose) e da sempre l’impegno di tutti noi era andato in direzione opposta, ovvero fare corretta informazione. Il terzo pensiero è andato agli ospiti d’onore, Justin Achilli e Joe Dever. Ho avuto pochi secondi per pensare, ma ancora oggi credo di aver fatto la scelta giusta quando ho prima informato l’organizzatore della serata dell’incompatibilità fra performance e pubblico chiedendogli di interrompere subito lo spettacolo e poi ho fatto uscire tutti finché non è stato possibile riprendere il gioco. Per fortuna non erano presenti minori, nessun giornalista ha parlato dell’accaduto e Justin e Joe – complice il Chianti – si erano fatti una sonora risata. Ora ne ridiamo anche noi.
- Che contributo credi di aver dato al LARP Italiano in questi anni?
Ho fatto del mio meglio per tirare fuori il LARP dal dilettantismo e dalla nicchia proponendo format anche alle aziende (Heineken, Harley-Davidson, 20th Century Fox, Bridgestone, ecc.) e a coloro che già non fossero giocatori di ruolo. Per i giocatori invece il mio contributo è stato volto principalmente a creare un modello associativo di compartecipazione delle responsabilità, anzitutto attraverso GRVItalia (2004-2016) e Camarilla Italia (2004-2006), entrambe realtà nazionali, oltre che con i modelli federali di Federazione Ludica Romana (1999-2006) e FederGiochi (2002), la direzione dell’Area Entertainment a Romics (2001-2010) e la collaborazione alla creazione di The Citadel a Lucca Comics & Games.
IL PALCOSCENICO
- Come è cambiato il LARP da quando hai iniziato?
Appartengo alla “seconda generazione” degli organizzatori, ho cominciato presto. Da allora il LARP è cambiato molto, certamente in meglio. È stato bello partecipare al pionierismo dei primi tempi e sperimentare. L’associazionismo italiano è stato molto litigioso e campanilista e non nascondo di aver sofferto tutte le faide, i contrasti, i sabotaggi, gli scismi. È stato un passaggio necessario? Non saprei. Ora c’è più comunicazione, confronto, voglia di migliorare e conoscere altre realtà per imparare. Forse perché la nicchia si è allargata, grazie allo sdoganamento della nerdosfera cominciato nel 2001 e assestato un decennio più tardi. Lo sviluppo però è stato lineare e non esponenziale. Per questa ragione non è stata raggiunta la massa critica che possa consentire al LARP di completare la sua maturazione. Ecco perché l’associazionismo è ancora uno strumento molto utile al LARP, a mio avviso non ci sono ancora i presupposti per la svolta professionale. Il primo passo potrebbe essere anzitutto accettare che perché una realtà sia solida non può basarsi solo sul volontariato, il secondo è comprendere che il biglietto per partecipare a questo genere di “circo” non può costare quanto una cena in pizzeria.
- Secondo te che direzione sta prendendo il LARP italiano?
Il LARP italiano si prepara al futuro. Quando e se avverrà una crescita esponenziale della domanda, dovrà esistere una piccola “industria” in grado di gestirla e credo che diverse realtà italiane stiano lavorando proprio in questa direzione. Nel 2002 con Argonath abbiamo inserito il LARP fra i prodotti aziendali dell’agenzia e la cosa ha funzionato abbastanza bene, ma certo la società non avrebbe potuto sostenersi solo con il LARP, anche perché tutti i collaboratori venivano retribuiti. Anche GRVItalia dal 2008 al 2014 ha percorso una strada ibrida con lo strumento dei pagamenti sportivi per quattro figure chiave che seguivano con continuità la grande mole organizzativa durante tutto l’anno associativo, ma tutto dipendeva ovviamente dai numeri, dei partecipanti e degli eventi. Credo che ancora oggi un modello produttivo sostenibile sia l’obiettivo condiviso degli organizzatori di LARP, non solo italiani.
- Qual è la ricetta per preparare un buon LARP?
Posso dire cosa ha funzionato per me, da organizzatore e da giocatore. A livello creativo tutto nasce da un buon concept, da quello organizzativo, da una buona location che offra soluzioni ricettive soddisfacenti. Poi serve una squadra forte, coesa, capace e pronta al sacrificio, perché non ho mai visto un buon LARP organizzato nel tempo libero del tempo libero. Chi guida la squadra deve essere disposto ad ascoltare – vince l’idea migliore, non la propria – ma anche a parlare chiaro con i collaboratori, perché un problema sottovalutato rischia di diventare una valanga nel momento meno opportuno. Bisogna sempre conoscere le esigenze di tutti i reparti coinvolti nella produzione – questo me l’ha insegnato il set – per capire cosa non sta funzionando e come farlo funzionare. Non esiste qualcosa che non competa ad un membro dell’organizzazione: se nessuno sta risolvendo un problema, devi farlo tu o trovare qualcuno che lo faccia perché certo non si risolverà da solo. La comunità – costituita da organizzatori, collaboratori, partecipanti e simpatizzanti – è un’arma a doppio taglio. Condividere emozioni ed esperienze cementa le amicizie, ma ci sono occasioni in cui è necessario prendere decisioni impopolari ma necessarie che risultano difficilmente comprensibili ai non organizzatori. Ancora una volta come sul set, anche nel LARP deve esistere una gerarchia rigida, soprattutto durante l’evento. Come il cinema, il LARP è una forma di racconto molto complessa perché necessita della convergenza di professionalità diverse orchestrate per servire uno scopo comune, con la maggiore difficoltà dei budget ridotti e dell’alea rappresentata dalla caratteristica fondante del mezzo espressivo: l’assenza di un copione per i partecipanti-giocatori. Ci sarebbero tanti altri ingredienti da aggiungere, ma ne citerò solo un ultimo che abbraccia trasversalmente tutti i reparti fino a coinvolgere l’apporto degli interpreti dei personaggi: la coerenza. Coerenza dello scenario, dei plot twist, dei costumi, delle scenografie, dell’interpretazione, perché la coerenza rende tutto più vero, più credibile e più bello. La già citata sospensione dell’incredulità di Coleridge non basta, come sostiene Tolkien deve essere creato un mondo secondario nel quale il partecipante deve avventurarsi con una convinzione che il professore definisce credenza secondaria. Che poi nel LARP si trasforma in quell’immersivismo che è una delle bandiere del Nordic LARP.
- Cosa non va mai fatto per – e durante –un LARP?
Non bisogna mai perdere di vista il fattore umano. Tutti quelli che partecipano al LARP – organizzatori, collaboratori, partecipanti – sono persone e a volte, da una parte o dall’altra lo dimentichiamo. Ogni tanto è utile un richiamo al rispetto e all’empatia.
- Cosa rende un evento scadente? Cosa lo rende invece prestigioso?
Visione, una storia forte, design, competenza, impegno, disciplina, location, comunicazione e budget concorrono al successo di un buon LARP. Sì, budget, quella che in Italia sembra una brutta parola e non capisco ancora perché. Cioè lo capisco perché in passato sono stato co-responsabile nell’accettare quote di partecipazione ridicole ad eventi organizzati sulle forze. Senza un budget decente non si può pensare di organizzare un LARP memorabile. Magari esistono LARP da camera meravigliosi che in uno scantinato, con un cubo di legno e una palla di stracci ti consentono di penetrare l’essenza stessa dell’esistenza, ma credo sia chiaro cosa intendo. Nel caso dei blockbuster LARP – che sono quelli in cui mi sono cimentato in questi ultimi anni – il brand di riferimento ovviamente aiuta, nella misura in cui rappresenta un incentivo per il pubblico, soprattutto quello meno specializzato, a scommettere sulla tua storia, che poi deve essere però originale pur non tradendo l’ispirazione che l’ha animata.
- Cosa caratterizza la tua realtà rispetto alle altre?
È una domanda che va fatta a chi frequenta Eryados, immagino. Posso dire però quello che connota la visione di Eryados in questo momento: il LARP come viaggio e collezione di una memoria sensoriale ed emozionale del già citato mondo secondario che si affianca, integra e a volte sostiene quella del mondo primario con un approccio di racconto derivato dal cinema e dalla narrazione seriale televisiva.
IL CONTESTO
- Negli ultimi anni il LARP italiano è molto cambiato e continua a cambiare, costantemente. Quali sono secondo te i punti chiave di questa realtà Italiana?
Il LARP italiano ha un potenziale alto per le stesse ragioni per cui l’Italia dovrebbe potenziare l’industria della cultura e del turismo. Location mozzafiato, creatività e capacità di emozionare, enogastronomia, calore e accoglienza. Sembra uno spot? Io credo sia tutto vero. Le realtà del LARP italiano stanno cercando di crescere, c’è un impegno che affianca la ricerca e la sperimentazione a una sempre più chiara consapevolezza che sia necessaria una progressiva professionalizzazione degli organizzatori e un indispensabile ampliamento del pubblico, oltre la nicchia degli aficionados. Ho aderito a LARP Italia – la federazione delle realtà del LARP italiano – con un pizzico di diffidenza. Ho già avuto esperienze federali in passato, da promotore, tra il 1999 e il 2006, e mi sono convinto che la cooperazione richieda uno sforzo (di pochi) troppo superiore agli obiettivi raggiunti. Ma poi mi sono tornate alla mente le sagge parole di Lady Violet: “Non essere disfattista, cara, fa molto ceto medio”. Ora LARP Italia ha una sessantina di realtà federate e sono certo diventerà un punto di riferimento sempre più imprescindibile per il LARP italiano.
- Ti rifai ad un movimento nazionale, internazionale, o segui una via da te tracciata?
Con il team di Eryados cerchiamo di mettere a frutto l’esperienza e di imparare da tutto ciò che, anche non direttamente correlato al LARP, può aiutarci a migliorare. Personalmente non aderisco ad un manifesto e non sono un accademico, ma trovo molto interessante la ricerca che ha coinvolto il LARP negli ultimi quindici anni. Volendo individuare lo stile canonico che più si avvicina a quello dei nostri attuali LARP, questo probabilmente è il romanesque francese.
- Riesci ad individuare altre tre realtà italiane con cui senti affinità per ideologie, temi, politiche e strategie adottate?
Fra le realtà che hanno aderito alla new wave direi Chaos League, Terre Spezzate e WHLive. Poi apprezzo molto l’accuratezza di Montodine Live, ma non li conosco abbastanza per parlare di affinità.
- Le piccole realtà, spina dorsale per decenni del LARP, stanno scomparendo: qual è la tua opinione in merito?
Mi sembra che i dati di LARP Italia dicano il contrario. Sessanta realtà solo tra quelle che hanno aderito non sono poche e molte di queste le definirei piccole realtà. La fisiologia dei gruppi organizzati – soprattutto di quelli piccoli – spesso è legata al destino dei promotori e alcune realtà scompaiono quando questi non hanno più tempo o voglia. Ma la mia impressione è che il ricambio ci sia.
- Riesci ad individuare dei momenti storici precisi che permettano di dire “è successo qualcosa e da allora nulla è stato più come prima”?
In Italia il primo ruolo da protagonista lo ha giocato certamente Gilda Anacronisti quando ha “pubblicato” il suo primo regolamento di derivazione Lorien Trust. Nella prima fase, che era tendenzialmente heroic fantasy, ha significato molto il passaggio dalle armi in materassino e nastro americano a quelle in lattice, determinando un generale primo miglioramento della qualità del costuming. Poi l’avvento di Laws of the Night, il regolamento LARP del World of Darkness di White Wolf, e in generale un approccio diverso ai regolamenti che fino a quel momento erano stati per lo più basati su quello Lorien Trust. Quindi i social network e l’apertura ad un pubblico più vasto, sostenuta dalla diffusione più orizzontale della cultura nerdgeek iniziata già nel 2001 con i blockbuster cinematografici tratti dalle saghe de Il Signore degli Anelli e Harry Potter. I social network ci hanno aiutato ad entrare in contatto con altre realtà che non fossero il Regno Unito e la Germania, principalmente i paesi scandinavi e il loro Nordic LARP che ha spostato l’attenzione dal regolamento al design document e spinto ulteriormente l’approccio sull’interpretazione rispetto al gamismo. Vorrei considerare l’ultima tappa interessante la decisione di Walt Disney Parks and Resorts di inserire nell’area tematica Star Wars: Galaxy’s Edge dei suoi parchi in California e Florida un hotel in cui gli ospiti saranno coinvolti in quello che si direbbe proprio un LARP in versione light.
- Si parla tanto di “Nordic LARP”: qual è la tua opinione in merito?
Ho trovato l’esperienza scandinava molto interessante e stimolante. Il fatto che negli ultimi dieci anni si siano succeduti tanti manifesti diversi ispirati da questo movimento – o che volevano rappresentare alternative ad esso – è significativo della sua rilevanza per la crescita del LARP a livello globale. Non che prima del Nordic LARP non ci siano stati casi di superamento del gamismo – in Italia gli stessi Thrilling Week End di Argonath erano già LARP new wave ante litteram e come quelli c’erano certamente altre realtà e progetti che stavano percorrendo quella strada – ma gli scandinavi sono stati i primi ad affrontare la questione con un approccio accademico e metodologico.
- Il LARP si sta evolvendo verso forme sperimentali: talune intimiste, altre cinematografiche, alcune di denuncia sociale. Qual è la tua opinione in merito? Esistono argomenti Tabù?
Non esistono tabù, ma se si toccano temi caldi bisogna farlo con consapevolezza, equilibrio e rispetto. All’estero, più che in Italia, sta crescendo una forma di sensibilità a temi sociali rilevanti affiancata però da una (minoritaria) ipersensibilità del politicamente corretto. Questa sensibilità ha scoperchiato vasi di pandora e attirato l’attenzione mediatica e individuale su tematiche importanti avviando una riflessione utile alla società, ma – tornando al LARP – l’intransigenza di alcuni estremisti dell’attivismo sociale ha assunto caratteri paradossali. Ho assistito con sgomento alla campagna che ha attaccato Chaos League che aveva dichiarato l’ispirazione lovecraftiana del suo LARP Sahara, per giunta tacciato di neocolonialismo perché organizzato in Tunisia. O I Ribelli della Montagna e Ultimo Covo di Terre Spezzate, il primo “colpevole” di mettere in scena personaggi in uniforme nazista e fascista – ma se il tuo scopo è raccontare la lotta partigiana durante la Seconda Guerra Mondiale è difficile non rappresentare l’antagonista – il secondo di “giocare” parlando di Brigate Rosse, quando evidentemente lo scopo del “gioco” era proprio quello di capire, informare, non dimenticare. Questo tema meriterebbe un articolo a sé, immagino.
I PROTAGONISTI
- Chi è il vero protagonista di un evento: la storia, il personaggio o il giocatore? Ti ascoltiamo…
La storia. Nella misura in cui sono i personaggi a costruirla nell’intreccio, ma è il LARP Designer a predisporla e a renderne invisibili i nodi di sviluppo narrativo e le scelte che direzionano il racconto, come farebbe un prestigiatore nel suo numero di magia.
- Come dovrebbe essere per te l’evento perfetto?
Memorabile. Esistono innumerevoli format, molti generi, molti stili diversi, ma quello che connota gli eventi migliori è che questi conquistino uno spazio indelebile tra i ricordi di chi li ha vissuti.
- Cosa rende uno staff, un buono Staff?
La dedizione che a volte diventa abnegazione. Condividere la visione, saper dare spazio alle idee di tutti, ma poi perseguire l’obiettivo secondo il percorso concordato, anche se individualmente non lo si condivide appieno. L’esperienza e la disponibilità a imparare e mettersi alla prova. La proattività nel trovare la soluzione ai problemi prima che questi si presentino. Il sangue freddo: sull’onda dell’emotività si rischiano i disastri. Certamente il talento. Mi ritengo molto fortunato perché ho il piacere di lavorare con lo Staff migliore che potrei desiderare. Il LARP – come il cinema – è frutto di un lavoro di squadra e la squadra di Eryados è coesa, inclusiva, solida e solidale oltre ad aver sviluppato una sintonia creativa capace di contagiare le nuove leve in tempi brevissimi.
- Cosa rende una comunità, una buona comunità?
La fiducia, la curiosità, l’inclusività. Fiducia nei confronti degli organizzatori, anche quando prendono decisioni impopolari, dopotutto è la regola d’oro del gioco di ruolo. Ma anche fiducia nei confronti degli altri giocatori, perché il LARP non può essere che un racconto polifonico.
Curiosità per la storia e i personaggi, per le emozioni e i sentimenti, curiosità di esplorare tematiche e stili diversi, strade non battute.
Inclusività in scena e fuori scena, il LARP è un’occasione di incontro e condivisione nell’immaginario e nel reale. Le comunità LARP sono state inclusive nei confronti di categorie discriminate fin dalle origini. Questa è una ricchezza da preservare e rivendicare.
- Il gioco di ruolo è aperto a tutti ma non è per tutti: concordi? Perché?
Forse non è per tutti, ma per una questione di gusto e di attitudine, non altro. Ho avuto il piacere di coinvolgere tanti babbani nel LARP e la percentuale di insuccesso è inferiore al 5%. Arroccarsi nell’elitarismo è un grave errore perché, come ho già detto, solo la crescita del pubblico e il raggiungimento della massa critica potrà consentire un’evoluzione del LARP che passa necessariamente attraverso la produzione sostenibile, il riconoscimento del lavoro degli organizzatori e collaboratori e una maggiore qualità generale degli eventi in termini di logistica, ricerca e spettacolarità.
Con quest’ultima considerazione ringrazio Umberto e ringrazio voi amici lettori che siete arrivati sino a qui. Se vi è piaciuta quest’intervista e volete leggerne altre cliccate su LARP: A Night With…