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Giochi di ruolo

[Recensione] Arkadia: un’ambientazione greca per D&D 5E

Quando si tratta di mitologia e Grecia antica, i miei colleghi vengono a stanarmi sulle montagne abruzzesi con torce, forconi e funi piuttosto pesanti. Ma è un sacrificio che compio volentieri, cari lettori, quando c’è di mezzo un’ambientazione per D&D 5E che si concentra sulle leggende, sulla storia e sui miti della Grecia antica e dell’area ellenica.

In questo caso, infatti, ho avuto la possibilità di stringere tra le zampacce una chicca per gli appassionati di mitologia e gioco di ruolo: mi riferisco ad Arkadia, che porta al vostro tavolo di D&D tutta la suggestiva potenza narrativa dell’età del bronzo, fondendo insieme Grecia, Roma, Egitto e Persia in un tripudio di colori caldi, ulivi centenari, calzari in cuoio ed eroi leggendari.

Gli autori di questo modulo di ambientazione, stranamente, non sono europei ma statunitensi: si tratta di Arcana Games, casa editrice indipendente di Seattle, specializzata in giochi tematici e narrativi. La loro campagna su Kickstarter ha raccolto una somma di quasi 10 volte superiore all’obiettivo iniziale, e quindi i loro sogni di bronzo lucente e colonne bianchissime o coloratissime sono diventati una realtà di carta stampata, dadi, matite e sudore della fronte. Del master, in genere.

Ma andiamo con ordine.

Perché un’ambientazione di D&D 5E nell’Antica Grecia

Il manuale di Arkadia è ispirato agli elementi della storia e del mito dell’antica Grecia e, in generale, allo spirito dell’antichità classica, che gli autori dichiarano più volte di amare alla follia.

Innanzitutto va detto che si tratta di un mondo di eroi leggendari e creature mitologiche, in cui però gli dèi non camminano più fisicamente tra i mortali. Il primo ostacolo, in questo caso, è stato convertire gli elementi tradizionali del gioco di ruolo, ampiamente ispirati ad altre mitologie e in modo particolare a quella norrena, in qualcosa di più adatto all’era classica.

Gli autori hanno deciso di smontare questi elementi, e riassemblarli da capo cercando di mantenere il più possibile intatto il carattere fondante di ogni elemento.

Le caratteristiche dell’ambientazione

Come gli autori premettono, giustamente, Arkadia non è un’ambientazione storica, ma fantasy con elementi storici e mitologici.

Non ha una precisa collocazione temporale, se non una generica indicazione: l’Età del Bronzo e l’Era degli Eroi, che segue quella degli Dèi e dei Titani; il mondo di Arkadia, inoltre, è descritto in modo non eccessivamente preciso, cristallizzato e maniacale, così da lasciare libera la fantasia di master e giocatori.

Il livello tecnologico è, non dico inferiore, ma comunque diverso rispetto ad esempio al Forgotten Realms: essendo nell’Età del Bronzo non troveremo armi e armature in acciaio, né spade medievali o rinascimentali, balestre e quant’altro.

Gli stessi dèi, come già detto, sono molto meno presenti rispetto ad altre ambientazioni di D&D: di loro resta un’eco, e soprattutto rimangono gli effetti della loro guerra contro i Titani. Anche la religione, nella sua quotidianità, è leggermente diversa: lo stesso personaggio o NPC può venerare più divinità senza timore di risentimento divino.

Prima e durante un viaggio nell’Egeo un marinaio pregherà la divinità marina, cioè l’equivalente di Poseidone, ma poi potrà rivolgere le sue preghiere al dio degli artigiani, il corrispettivo di Efesto, quando si troverà a dover riparare il fasciame dell’imbarcazione.

Questo aspetto amplia notevolmente gli spunti ruolistici che possiamo avere in quest’ambientazione, e ci slega dalla rigida codificazione del pantheon fantasy e ci proietta nelle molteplici sfaccettature del politeismo ellenico.

La prima parte: il manuale del giocatore

Le prime circa venti pagine sono dedicate ai giocatori: dopo una piacevole introduzione, si passa subito al sodo con razze giocabili, specializzazioni e archetipi di classe, equipaggiamenti e talenti.

Qui ci sono tutte le informazioni necessarie per creare un PG eroico degno delle canzoni degli aedi, o uno completamente inutile ma esilarante da giocare.

Avete mai visto un Nano baccante? Ora sì.

Le razze giocabili di Arkadia

Come anticipato nell’introduzione, in Arkadia non troviamo soltanto uomini e creature del mito greco: le razze classiche di Dungeons & Dragons sono state reinterpretate in chiave ellenica, e introdotte nell’ambientazione con qualche piccolo escamotage. Sì, lo so, anch’io ero scettico, ma mi sono dovuto ricredere. Oh, sì.

I nostri personaggi di Arkadia possono essere:

  • Nani d’oro e di bronzo, suddivisi tra Vulcano e Campo: lavoro e piacere, disciplina ed edonismo;
  • Elfi, i primi mortali, un po’ come i Primi Uomini di GoT, nonché cioè che resta dell’Età degli Dèi: un po’ atlantidei, un po’ antichi egizi;
  • Umani all’olio d’oliva, gli Arcadi, LA Civiltà con tutto maiuscolo, tra acropoli dorate e agorà affollati;
  • Orchi, figli di giganti e titani, relegati a una terra di fuoco, cenere e pietra.

Se da un lato mancano Gnomi, Tiefling e le altre razze magari un po’ meno comuni, in Arkadia abbiamo diverse aggiunte, prese di peso dal mito greco.

Ad esempio i Phaedran, figli di Fedro, con sangue di Fae, corna (e zoccoli) da satiro oppure voce da sirena; in un cantuccio troviamo anche i figli e le figlie della Madre dei Mostri, cioè Echidna come ben sappiamo: le Gorgoni. Non mancano poi Arpie, Centauri, e buona parte del bestiario del mito greco.

Molto ingegnosa la soluzione adottata per rendere giocabili i Centauri: la metà inferiore del corpo può essere tramutata in quella di un cavallo o quella di un umano, at will, con un’azione bonus.

Sotto-classi giocabili, archetipi e specializzazioni

Qui gli autori di Arkadia, sinceramente, si sono sbizzarriti: ci sono specializzazioni che sono al 90% gioco interpretativo e al 10% meccaniche di gioco, altre invece che, forse, nelle mani di un min-maxer farebbero sudare un master non proprio esperto.

Di per sé non c’è niente di estremamente rotto, ma mentre leggevo quelle pagine già mi si formavano in mente delle sinergie vietate dalla Convenzione di Ginevra.

Si va dal Sentiero dell’Eroe per il Barbaro, che tende a un ruolo più da supporto e richiama moltissimo la figura mitologica di Eracle / Ercole, all’introduzione del Collegio delle Muse per i Bardi, magari Satiri con tanto di Siringa di Pan al seguito, ovviamente concentrati sul crowd control e sulla lore.

Il Dominio del Fato, per i Chierici, si rifà alla figura degli Oracoli, della Pythia e delle Moire, cioè le Parche / Norne greche, mentre il Circolo delle Bestie, una novità per i Druidi, calca la mano sullo shapeshifting: ora possiamo trasformare nell’animale scelto non soltanto noi stessi, ma anche una creatura volente e perfino una nolente, anche ad area.

A mio avviso la carta migliore è quella servita al Guerriero, che con l’archetipo marziale dell’Oplita ci si cala in 300 e nella falange oplitica greca: lenti e inesorabili. Arriverei anche a scrivere ineluttabili, e sono sicuro che coglierete il riferimento.

Il GladiatoreMonaco mi ha lasciato un po’ perplesso, ma riguadagna non pochi punti l’illustrazione: un misto tra un murmillo, un trace e… Spartaco?

Il più pittoresco è senz’altro il Paladino: l’illustrazione richiama moltissimo lo Zeus dell’iconografia che tutti conosciamo, con tanto di capelli lunghi, barba, saetta e schinieri sbrilluccicosi. Un po’ Liam Neeson e un po’ Mosè, insomma. La sotto-classe gioca sull’equilibrio tra Forza e Giustizia, le caratteristiche peculiari del buon re, e un Paladino che prenda questo Giuramento del Giudizio diventa contemporaneamente -cito- giudice, giuria e boia.

Al terzo livello scaglierebbe Mjöllnir usando Carisma invece di Forza o Destrezza, e la capstone del ventesimo livello mi sembra super-OP, quindi meh. Ottima per i power-player, difficile da ruolare sul serio: c’è un intero paragrafo dedicato alla linea di condotta da seguire, che è più rigida delle spalline di Dredd.

I Ranger possono scegliere il sentiero dell’Amazzone che veglia sul party e fa piovere dall’alto la propria vendetta, mentre il Rogue diventa un Trickster che gioca con le meccaniche di vantaggio e svantaggio, oltre a introdurre la meccanica di gioco della pianificazione con risultati, presumo, più che esilaranti quando entrano in gioco PG con doti più fisiche che mentali.

Lo Stregone diventa il Robot Edonista di Futurama, ma con una Discendenza Semidivina che mai, mai, mai smetterà di sottolineare, mentre il Warlock al servizio del Re Defunto passa le nottate a guardare la Mummia e a fare l’edgy su Reddit.

La sotto-classe che più si presta a ruolate gustosissime, però, secondo me è quella del Mago: con la Scuola di Filosofia possiamo fare i grammar nazi con gli incantesimi altrui, e potremo usare la nostra arte oratoria per bloccare e addirittura dissolvere le spell degli altri incantatori, guadagnando nel contempo degli argomenti (spell slot) da usare nel prossimo dibattito. Ma questo tipo di Mago è anche un insegnante, e infatti grazie a lui anche i membri del party meno in contatto con la Trama potranno castare degli incantesimi basilari, ogni tanto.

Objection!

La seconda parte: il manuale del master

Circa 70 delle 101 pagine del manuale sono dedicate ai dungeon master: è lei che troviamo l’ambientazione vera e propria, oltre a una corposa porzione di mitologia al dente, un bestiario più che sufficiente e una selezione di oggetti magici che vanno dal divertente all’epico, passando per l’utile e il dannoso-ma-esilarante.

Per quanto riguarda l’equipaggiamento, viene tutto refluffato in chiave ellenica: scudi di bronzo, loriche, corazze, schinieri, giavellotti, gladi, khopesh, frombole e tridenti, e poi baliste, triremi e fuoco greco.

Lo scrivo qui invece che nella parte relativa ai PG perché, rispetto a quando vesto i panni del giocatore, sull’altra sponda del fiume ho una visione più d’insieme. Ho apprezzato non poco la scelta di fornire dei Talenti aggiuntivi, che naturalmente attingono a piene mani dal mito greco e romano. Dal Mirmidone al Pancrazista, passando per l’Edonista, il Tritone e una discreta selezione di talenti che s’ispirano più in dettaglio all’ambientazione di Arkadia.

Gli dèi di Arkadia

Traduco dall’introduzione del paragrafo su Dèi e Titani:

Prima dell’era degli uomini e del bronzo scintillante, ci fu un’era di oscurità, di titani terribili e grandiosi, che dominavano sulla terra. Eppure da quell’oscurità, sulla sommità ammantata di neve della montagna più alta, giunse Hyperius, potente e giusto, padre degli dèi. E dalle nuvole osservò la terra che si stendeva sotto di lui, dorata e fertile, e le curve delle colline che non ancora avevano conosciuto aratro: Arkadia, la terra antica.

Se non vi sono venuti i brividi e non avete pensato a Hercules e Xena, vergognatevi.

La Titanomachia, cioè la leggendaria guerra generazionale fra i Titani primordiali e gli dèi dell’Olimpo, sembra che sia accaduta anche nell’ambientazione di Arkadia; i nomi degli dèi, però, sono diversi rispetto a quelli della mitologia greca e della letteratura classica.

Zeus ad esempio diventa Hyperius, troviamo Krytos che suona in modo sospetto simile a Kratos, così come Erebos diventa il dio del fuoco e dell’artigianato, invece che dell’Oscurità come invece è nel mito greco, e così via. La cosa non m’infastidisce più di tanto, anzi: aggiunge varietà e dona un tocco fantasy, senza il quale forse tutto avrebbe avuto un sapone di versione di greco in quarto ginnasio. I traumi.

Torniamo a noi: subito dopo c’è la parte che preferisco in assoluto, quella relativa ai Titani. Troviamo la Grande Idra, incatenata da vincoli di Oricalco sotto la montagna di Gargaros, o la leggendaria Madre dei Mostri che abbiamo già associato a Echidna, ma anche le Fauci che, con ogni probabilità, sono legate al mito di Scilla e Cariddi.

La geografia e le mappe di Arkadia

Le città di Arkadia sono intrinsecamente legate alle figure divine a cui abbiamo appena accennato. Ogni città-stato ha una propria organizzazione politica, amministrativa, sociale e militare, rispecchiando le differenti inclinazioni e caratteristiche di ciascuna divinità.

La mia preferita? Senz’altro Ithea, dedicata al culto di Thessa, dèa del del Destino, della Conoscenza e del Mare. Ithea ha un certo vibe ateniese, considerando anche la forma democratica di governo -una rarità, più che una costante-, la presenza di un’acropoli e il focus sul porto che ricorda il Pireo.

Se da un lato Ithea si affaccia sulle rovine di Atlantide Scyllaea, ed è dominata dalle cupole d’argento del Tempio di Thessa, annerite dall’aria salmastra, dall’altra conta, tra i propri cittadini, anche i superstiti dell’inabissamento delle lande elfiche, quindi eh- mixed feelings. Sono un nano dentro, lo so.

Tra profezie dell’Oracolo di Delfi Crixos, che descrivono le rovine di Scyllaea che emergono dai flutti e sommergono il mondo intero, e la presenza di non uno ma ben due Colossei dedicati ai giochi gladiatori, l’ambientazione presentata ai Dungeon Master è quella di una terra in tumulto, al tempo degli eroi dell’antichità, discendenti dagli Dèi dell’Olimpo, dei signori della guerra e dei che spadroneggiavano sulla suddetta.

Xena, Olimpia, Hercules e Iolao ci guardano dai Campi Elisi, e ci sorridono annuendo.

Il bestiario e gli oggetti magici

Una sezione per DM che si rispetti, come sappiamo, non può non avere un po’ di mostri nuovi e una vagonata di oggetti magici con cui turbare la psiche dei poveri giocatori. E Arkadia non è da meno.

Nel bestiario troviamo Idre, Cerberi, Kraken noleggiati da Clash of the Titans, Meduse, Minotauri, Chimere, Pegasi e perfino Sfingi; ogni creatura ha, naturalmente, le proprie statistiche e le proprie abilità. Un dettaglio che, per me, è degno di nota: mantenendo la filosofia dell’era post-divina, nel bestiario non ci sono creature puramente divine.

Tanto per intenderci: a differenza di altri manuali d’ambientazione per D&D 5E, non troveremo quella creatura con 40 in Forza che, proprio di recente, mi ha fatto strabuzzare gli occhi e mi ha spinto a controllare più volte che non avessi letto male.

Per quanto riguarda gli oggetti magici ispirati ai miti greci: sia che si voglia introdurre del buon Vino dei Satiri, che su un tiro salvezza fallito ci rende magicamente e irresistibilmente attratti da tutte le creature che vediamo e che soddisfino determinati requisiti (piuttosto blandi, devo dire), sia che invece si voglia avere a disposizione l’artefatto del Giavellotto di Zeus Hyperion, Arkadia ha tutto quel che fa per noi.

C’è anche l’Helm of Darkness, che mi provoca una serie di flashback a tema NeverWinter Nights!

Per concludere

A me Arkadia è piaciuto, e anche parecchio.

Andrò certamente ad ambientarci qualcosa, e infatti mi sarebbe piaciuto leggere un’avventura introduttiva scritta dagli autori. Purtroppo questo aspetto manca, e quindi dovremo fare affidamento sulla nostra fantasia, se siamo dungeon master, o su quella del nostro dannato beneamato master, se siamo giocatori.

Chi ha contribuito con dieci miseri dollari si porta a casa il PDF di Arkadia, mentre da 50 dollari in su si riceve anche la versione cartacea dell’ambientazione e del manuale del giocatore. I backer che hanno voluto strafare, invece, ottengono vari bonus e alternate art, oltre alla versione cartacea autografata e, dulcis in fundo, a un set di dadi ispirati all’Età del Bronzo.

Bene, adesso ho bisogno di un set di dadi in bronzo, per la gioia del tavolo in legno su cui di solito mi trovo a giocare. Eh.

Azione Paragrafo bonus: il mio personaggio

Il nome è stato scelto tra quelli proposti dal manuale per la razza in questione: Prometheus, o forse Agamemnon? Prometheus di Kryta. Sì, mi piace.

Nano del Vulcano (Arkadia), residente appunto a Kryta, esperto delle arti della forgia (background Clan Crafter, SCAG) fino alla metà dell’adolescenza, e poi addestrato all’uso delle armi ad asta, nonché al combattimento in linea: Fighter (PHB) con archetipo marziale Oplita (Arkadia), da buon cittadino di Kryta, città di abili guerrieri e (in)disciplinati opliti.

Prometheus utilizza lancia da guerra e scudo grazie al talento Guerriero della Falange (Arkadia), che oltretutto porta l’arma a 1d10 danni invece di 1d8, e ci aggiungo anche il talento Forge Heart (Arkadia) per giocare sulla metallurgia e sulla storia bellica.

Senza contare le abilità di base della classe del Fighter, con una reazione dà +2 alla CA degli alleati vicini che subiscono un attacco, che si aggiungono ai +2 CA regalati a sé stesso e agli alleati vicini da Tattiche della Falange (Arkadia), purché ci si muova a metà della propria velocità. Se invece attorno al PG non c’è nessuno, con una reazione può fare un attacco aggiuntivo con lo scudo: una sorta di shiltslac del Fecthbuch I.33, per gli appassionati di scherma medievale che stanno leggendo.

Le altre abilità garantite dall’archetipo dell’Oplita aumentano la mobilità del personaggio e dei suoi alleati, e agli alti livelli si diventa literally Leonida di Sparta: se un avversario manca un alleato vicino con un attacco in mischia, scatta la reazione con l’attacco di risposta, e in più -già che ci siamo- ogni attacco portato contro un bersaglio con punti vita pieni diventa automaticamente un critico.

Al cui danno, per buona misura, aggiungiamo anche il nostro livello da Guerriero. Ve l’ho detto, al Fighter è andata di lusso, nell’ambientazione greca di Arkadia. Dato che siamo in piena epoca degli eroi, direi che la cosa non ci dispiace affatto.

Infine vi ricordo che, se vi appassionano i contenuti che riguardano la mitologia, la mia rubrica settimanale della Tana dell’Orso è lì che vi aspetta, per esaminare insieme e minuziosamente i riferimenti mitologici in videogiochi e giochi di ruolo.


Aggiornamento del 23 Settembre 2019

Ho tra le mani il manuale cartaceo di Arkadia, gentilmente fornito da Arcana Games, che ringrazio di cuore. Vale tutto quel che ho scritto finora, e si vede che la qualità della stampa e della carta è piuttosto elevata.

Sfogliando le pagine del manuale possiamo quasi percepire sulla pelle lo Zefiro degli assolati pomeriggi greci, sentire il gusto del rosso e dolce Pramno o del vino di Lemno tanto caro a Kratos, vedere i riflessi del sole sugli scudi degli opliti e ascoltare la risacca del Golfo di Corinto. Si sente anche un certo odore di ozono, ma credo che lì sia colpa degli attacchi d’ira dell’irrequieto ed elettrico Zeus.

Ok, basta con le robe smielate: ecco le foto del manuale, come promesso. Portate un po’ di greca epicità nelle vostre campagne di D&D 5E, mi raccomando.

 

This post was published on 23 Settembre 2019 22:00

Pierluigi Michetti

Pierluigi è un abruzzese di 33 anni, cittadino d'Europa e appassionato non soltanto di tutto ciò che sia vagamente fantasy, ma anche di mitologia, rievocazione storica e rasatura tradizionale. Cresciuto a pane, olio d'oliva, videogame di ruolo, letteratura fantasy, lezioni di pianoforte ed heavy metal, studia Scienze Politiche, prima, Pubblicità e Marketing, poi, e a metà della storia si ritrova a fare il copywriter e il redattore. Dopo aver adorato D&D 3.5, Sine Requie, Il Richiamo di Cthulhu e altri titoli meno celebri, si ritrova quasi per caso a sfogliare il PHB e la DMG di D&D 5E, e lì viene risucchiato in un vortice dimensionale senza via di scampo. Dopo aver giocato il Guerriero / Chierico per una dozzina d'anni, attualmente si diverte con un Barbaro in una campagna, fa il DM in una seconda, e gioca (male) un Warlock Legale-Malvagio in una terza, sempre con lo stesso gruppo. In tenera età, armato di un Amiga Commodore 64 e un SEGA Master System II Plus, inizia a esplorare il multiverso videoludico; la vera passione, però, sboccia soltanto con l'arrivo di un Pentium 1 133 MHz. I titoli amati, in ordine sparso: da Age of Empires a Earthsiege 2, da Earth 2140 a Carmageddon, e poi SimCity, SimCopter, i simulatori di volo, Populous, Black & White, Monkey Island, Wolfenstein, BloodRayne, Planescape: Torment, i Baldur's Gate (inclusi i Dark Alliance), Dark Forces, senza dimenticare Ultima Online, World of Warcraft, i due Knights of the Old Republic (giocati più volte di quel che il pudore mi consente di ammettere), Star Wars the Old Republic, i vari Max Payne, i Vampire the Masquerade: Redemption e Bloodlines, Kingdom Come: Deliverance e naturalmente la saga di The Witcher, quella di Dragon Age, i vari The Elder Scrolls (incluso l'Online) e soprattutto quella di Mass Effect, di cui è perdutamente innamorato. Dopo una primissima adolescenza trascorsa in compagnia dei romanzi di Tom Clancy e Bukowski, spicca il volo con gli autori canonici, tra cui Tolkien, G. R. R. Martin, J. K. Rowling, Weis - Hickman, Terry Pratchett, Stephen King, Gemmell, Howard e -in parte- Terry Brooks; attualmente adora la prosa di H. P. Lovecraft ma non tanto la sua poesia, divora Luk'janenko, Sapkowski, Karpyshyn, Zahn e tutto l'Universo Espanso di Star Wars.

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