Bentrovati! Come dite? Era da tempo che non scrivevo una Recensione Emozionale? Eh già, come sapete sono stato preso da altri lavori e, purtroppo, ho dedicato sempre meno tempo a quella che è stata la mia prima rubrica per Player.it… ma considerata l’occasione, il tema e il soggetto oggi trattato, non potevo sottrarmi dall’opportunità di “portarmi a casa” un pezzo avente come protagonista L’Ingranaggio – il gioco di ruolo: il primo GDR targato Stratagemma (il noto negozio di giochi di Firenze) che per Modena Play 2019 indossa, per la prima volta, i panni di editore in veste di Stratagemma Edizioni.
Si, lo so che vi state chiedendo “ma perché – il gioco di ruolo“? Semplice, perché nasce prima come serie di romanzi e solo poi ne sfrutta le atmosfere e l’ambientazione, divenendo il primo GDR di genere NecroPunk.
E se già di per se il genere Punk trascina con se emozioni come la Malinconia per un mondo ormai andato, figuriamoci se ci aggiungiamo temi quali caducità della vita, insensatezza dell’esistenza, inevitabilità dell’estinzione totale. BOOM-BABY! Ma forse sto correndo troppo… procediamo per gradi.
“Verso la fine del secolo, il mondo che conosciamo è stato spazzato via da un crollo demografico inesorabile e la carenza di forza lavoro ha costretto i sopravvissuti a combinare chirurgia, orologeria e termoidraulica per rianimare i cadaveri come automi.
In una Città-stato tecnocratica, con un esercito di soldati in armatura a vapore e cadaveri biomeccanici impiegati in ogni ambito della vita quotidiana, il nostro corpo non ci appartiene più: è solo uno strumento in prestito che, alla nostra morte, diverrà un bene pubblico.”
AMBIENTAZIONE
Ho voluto usare le parole degli autori per introdurvi l’ambientazione de L’Ingranaggio perché poche volte ne ho lette di cosi efficaci. In esse, infatti, vi è tutto quel che serve per immergervi perfettamente nel mood del gioco: un riferimento temporale (fine del XXI secolo); un cambiamento drastico globale (meno nascite=meno persone); una rivoluzionaria scoperta scientifica (riportare in vita i morti).
Iniziate a capire perché NecroPunk, vero? L’umanità, messa alle strette per la costante diminuzione di risorse e nascite, è dovuta scendere a patti con se stessa, giungendo alla conclusione che la cosa migliore fosse ricorrere a se stessi quale nuova “forza energetica”; eccoli, i luminari della scienza inventori di una misteriosa sostanza in grado di donare vita ai morti.
Non fraintendete: non vi è alcuna apocalisse zombie. Questo gioco non parla di ciò, piuttosto racconta di come l’uomo si sia messo una mano sulla coscienza ed abbia compreso quanto fosse vero che del maiale non si butta via niente. E dunque eccole li, le grandi Cittadelle fortificate che – svettando in quei luoghi ancora considerabili città – ospitano all’interno “geni” intenti a salvaguardare, giorno e notte, l’esistenza dell’umanità. Qualunque conoscenze – sia essa medica, meccanica, fisica – ha ora un solo scopo: generare cadaveri “utili” alla società.
Avete capito bene: costrutti al servizio dell’umanità per la salvezza del genere umano.
Questo è il NecroPunk! Questa è la maleodorante aria che si respira a Firenze! Questo è l’odore acre e pungente, di decomposizione e formaldeide, che infesta l’aere limitrofo ai luoghi dove i cadaveri vengono sapientemente progettati per i più disparati compiti: deumanizzati costrutti privi di qualsivoglia elemento in grado di farli riconoscere che, Malinconicamente, vagano per le strade di quella che una volta era la culla del Rinascimento… E ora culla di un Nuovo Rinascimento fatto di compromessi: con se stessi e con le scelte che hanno generato una simile abominazione.
Non ho intenzione di dilungarmi sull’ ambientazione, piuttosto preferisco darvi questa suggestione: immaginatevi a rientrare a casa; è il tramonto e avete lavorato tutto il giorno all’ombra della Torre di Giotto; avete smontato il vostro banchetto e state portando via i vostri attrezzi; è buio e non si vede bene ma in lontananza due lumini fanno capolino ai lati della strada; due fioche lucine illuminano a destra e a sinistra, e poi altre due e cosi via ma non serve la vista per capire cosa sta succedendo; l’aspro odore che invade le vostre narici parla chiaro, due costrutti cadaverici al servizio dell’umanità fanno il loro lavoro: accendono i lumini per le vie di Firenze… e tutto questo è fottutamente NecroPunk!
Ecco cosa vi troverete ad affrontare ogni volta che vi sederete al tavolo. Certo non giocherete dei fruttivendoli, questo è chiaro. Piuttosto vestirete i panni di illustri Artefici o Costruttori, profondi conoscitori della medicina e dell’ingegneria dell’epoca; o perché no, quelli di un Miliziano intento a salvaguardare l’ordine pubblico; o ancora, quelli di un fiero Tecnofante ligio al suo proteggere l’Impero Scientifico dalle minacce fuori le mura (oh, se ce ne sono….); oppure, un guardingo Tecnosofo possessore di conoscenze di tecnologia ormai andata perduta.
Oh, che sbadato; son finito a parlare di Classi giocabili senza iniziare la sezione Regolamento. Recupero subito, non vogliatemente!
REGOLAMENTO
Ecci a quella parte della recensione che (non mi sarei mai aspettato di dirlo) ha dentro gli elementi che più mi hanno colpito… e sinceramente, in un GDR in cui si vive fianco-a-fianco a “costrutti-organico-cadaverici-che-si-muovono-perché-hanno-stufe-sulla-schiena“, questo non me lo aspettavo. Eppure è cosi: una cosa già vista come il “Deck Building” è riuscito a catturare la mia attenzione. Nel corso della lettura della prima parte del manuale (dedicata all’ambientazione) mi sono spesso domandato quale fosse il motore di gioco; preso dalla curiosità sono andato anche a vedere la scheda, sperando di farmi una idea. Mi ero convinto si trattasse di una cosa altamente noiosa, figlia della miriade di caselline da riempire che avevo frettolosamente visto.
Mi sbagliavo!
Provo a descriverlo in breve: ogni giocatore possiederà un mazzo formato da una serie di carte da gioco francesci, costruito precedentemente in funzione delle caratteristiche possedute dal suo personaggio. Che vuol dire? Semplice: ogni personaggio possiede 4 caratteristiche principali chiamate Carne, Acciaio, Vapore, Ingranaggio, rispettivamente collegate ai quattro semi delle carte francesi, Cuori, Quadri, Fiori, Picche. Questo elemento è importante poiché il valore assegnato ad ogni seme ci indicherà anche quali carte andremo a prendere da un mazzo di carte francesi. Cosi, se il nostro personaggio avrà dei valori di Carne 4, Acciaio 5, Vapore 8, Ingranaggio 3, prenderemo dal nostro mazzo le carte dall’Asso sino a quel valore, costruendo cosi il NOSTRO mazzo da cui poi pescheremo e giocheremo carte per effettuare azioni (e cosi superare i classici test per fare cose).
Lo so, è banale eppure lo trovo fichissimo. Tu decidi come strutturare il tuo mazzo in funzione dei punteggi che assegni al tuo personaggio: va da se (ovviamente) che il valore più è alto meglio è, dato che si assegna un Successo quando si supera il valore di 8 e cosi via ogni suo multiplo. Ah, poi ci si aggiudica un successo automatico anche utilizzando una carta del medesimo test del seme.
Ovviamente non è tutto: ogni seme ha delle abilità collegate e se normalmente si può utilizzare solo una carta, ma putacaso stiamo eseguendo una azione collegata ad una abilità che possediamo, le carte possibili da giocare diventano due.
Semplice, chiaro, lineare. Davvero intuitivo, il che è ottimo per un regolamento.
Sono certo che qualcuno di voi già si sta domandando “e le figure?” Le figure seguono meccaniche diverse. Ogni giocatore alla creazione del personaggio sceglie un Jack, una Queen o anche un King (ricevendo rispettivamente in cambio conoscenze specifiche, capacità innate o difetti) e li aggiunge al proprio mazzo, aumentando cosi la varietà di pescata. In ultimo ogni giocatore prende un Jolly e segna nello spazio dedicato sulla scheda la classe che sta giocando (Artefice; Costruttore; Miliziano; Tecnofante; Tecnosofo), ricevendo in cambio le abilità uniche collegate; da questo momento, quando viene giocato il Jolly conta come un successo automatico.
Ovviamente le regole non si fermano qui, ma ritengo superfluo (e non utile a questa recensione) soffermarmi su quanti successi servono per fare cosa etc. etc. etc. Mi premeva, piuttosto, illustrarvi lo spirito che anima questo motore. Ultimo appunto: nel manuale sono presenti dei brevi ricapitoli che illustrano chiaramente le meccaniche principali del gioco. Davvero molto utili. Un punto a favore!
CONCLUSIONI
Nonostante mi approcciassi in modo scettico a questo gioco, devo ammettere che ha saputo conquistarmi in qualche modo. La sua ambientazione, si, può risultare già vista ma amalgamata in questo modo dona una buona luce ad un prodotto che mi auguro non rimanga di nicchia.
Un altro punto a favore – ma che potrebbe non piacere a tutti – è un elemento di cui non vi ho parlato sin ora: tutto il manuale è impostato quale fosse il racconto di un individuo che proviene da quella realtà, esposto come fosse un gioco di ruolo: una narrazione che sfonda la quarta parete, insomma. Può piacere come no, io personalmente non l’ho trovato troppo fastidioso.
Croce e delizia purtroppo de L’Ingranaggio – il gioco di ruolo è proprio l’essere “il gioco di ruolo”: durante la lettura del manuale, infatti, ho costantemente sentito qualcosa “stonare”, come se migliaia di persone urlass… no, non esageriamo, semplicemente ho sentito come un rumore di fondo (bianco, direbbe un tecnico del suono) che mi ha accompagnato durante tutta la lettura. Dopo alcuni giorni ho compreso che era lo star leggendo un adattamento di una serie di romanzi, un elemento che traspira molto: l’ambientazione infatti fa continui riferimenti a cose che poi non leggeremo nel manuale e che mi ha molto disturbato non poter approfondire, sebbene secondarie (e che ipotizzo siano invece ben trattate nei libri).
In ultimo le immagini: che dirvi, L’Ingranaggio (stavo quasi dimenticando di citare Valerio Amadei e Andrea Marmugi, gli autori del gioco) è illustrato da Stefano Simeone e sono certo che qualcuno ha riconosciuto la sua mano nelle immagini comparse sin ora. Per chi non lo sapesse, Simone è già autore per un botto di roba tipo Disney, Pixar, Lucas film, Sergio Bonelli Editore e BAO Publishing. Ecco, non dico questo sia sinonimo di garanzia (i gusti son gusti) ma indubbio gli riconosco un merito: è riuscito ad immortalare quei cosi schifosi che “vivono” con poche sapienti linee (esattamente come i tratti somatici dei costrutti che DEVONO essere del tutto assenti). Questo semplice elemento mi ha reso lampante un messaggio di sotto-testo del gioco: la Malinconia di quei corpi, forse vivi, forse morti.