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Giochi di ruolo

Vulcania: il Kickstarter, Eberron, la società steampunk, tutto nella nostra intervista a Simone Raspi

Poco più di un anno fa vi raccontavamo della poco prevedibile svolta nelle tendenze dei progetti Kickstarter, la seconda vita che i progetti legati al mondo del gioco analogico stanno avendo sul portale di crowdfunding più famoso del mondo. Tanti sono i casi di successo su questa piattaforma, tra progetti nati da nomi di autori ed aziende più o meno altisonanti, fino ai progetti nati dal mondo indipendente che, col tempo, sono diventati altrettanti fenomeni diffusi. Tra gli ultimi progetti di cui vi abbiamo parlato c’è l’italianissimo Vulcania, un gioco di ruolo steampunk frutto di GearGames, neonata etichetta che è approdata su Kickstarter lo scorso 15 gennaio.

Nel momento in cui scriviamo Vulcania è stato finanziato per il 52%, con altri 23 giorni rimanenti per completare la campagna. Del gioco vi avevamo già parlato in occasione di un nostro approfondimento di qualche mese fa, in cui potete trovare l’analisi (ovviamente non definitiva) delle meccaniche di gioco. Stavolta abbiamo avuto l’occasione di parlare con Simone Raspi che, insieme a Mattia Arnaudo, è l’autore del gioco e compone GearGames, che nasce come casa di produzione e fucina di giochi contestualmente con l’avvio di Vulcania su Kickstarter.

Nell’intervista abbiamo parlato delle ispirazioni di Vulcania, di come si approda e sopravvive su Kickstarter, dell’ambientazione e delle tematiche in essa presenti, ma anche di come Twitch può aiutare o meno la diffusione del gioco di ruolo.

Buona lettura!

Eberron è stata una delle ispirazioni per Vulcania, e si nota da artwork del genere.

Come mai lo steampunk? È stata una scelta di mercato, oppure vi piace così tanto che lo avreste scelto comunque anche se il mercato fosse stato pieno di giochi di ruolo steampunk?

Onestamente non credo che l’avremmo fatto comunque. Diciamo che ci piace perché era una bella idea, steampunk è molto ampia come categoria, infatti molti ci hanno detto “eh ma il vostro gioco non è pienamente steampunk!”. Nel senso stretto, il termine dovrebbe essere una cosa ambientata nel nostro mondo, la definizione è “se il futuro fosse arrivato prima”, una cosa del genere. Il nostro, essendo un mondo di fantasia, non può essere così, ma ci permette di dare una forte caratterizzazione al gioco. Ci piace molto come sottocultura.

Parlando dell’estetica, dei dogmi dello stile steampunk, c’è qualcosa che vi ha ispirato in tal senso?

Anche se non è propriamente steampunk neanche quello, Eberron è la mia ambientazione di D&D preferita di sempre, e quindi quel mondo ha lasciato il segno. È stato il punto di partenza per me, quando ho deciso di lavorare su un motore di gioco mio avevamo appena finito di giocare a questa campagna durata tantissimi anni. Poi sono stato ispirato, ma sono anche andato a cercare ispirazione, nella letteratura. In particolare una serie di romanzi, in Italia è uscito solo il primo, chiamata Tales of the Ketty Jay, in italiano è uscito solo I Pirati del Cielo, traduzione di Retribution Falls. Un’altra fonte ispiratrice è stata Firefly, la serie tv, l’equipaggio di questa nave con delle tinte che sforavano un po’ sul western. Anche Guiscardi senza gloria, di Mauro Longo, tocca lo steampunk in parte.

Giochi che vi hanno ispirato, invece?

Tantissimi giochi. Nel momento in cui il progetto ha preso piede ho iniziato a studiare tanti prodotti differenti. A volte prendevo delle idee, a volte ne avevo e mi rendevo conto che erano già state utilizzate in altri giochi e pensavo “Ah, ma allora qualcuno l’ha già fatto!” [ride]. La derivazione da cui sia io e Mattia veniamo è Dungeons & Dragons, soprattutto 3.5, ma c’erano cose che non ci piacevano e ci annoiavano così abbiamo iniziato a sperimentare. Poi Numenera, che ha un po’ lasciato il segno, in particolare la questione del tiro di dado dal punto di vista del giocatore è stata abbastanza illuminante.

Non è semplice essere originali nel ritrarre lo steampunk.

Come genere, cosa pensi che possa portare lo steampunk di diverso, o di nuovo, in termini di gioco e narrazione rispetto ad altri generi? Ha qualcosa di unico?

Dal punto di vista delle meccaniche non saprei dirti, forse l’equipaggiamento. Dal punto di vista estetico e narrativo ovviamente l’abbigliamento, gli oggetti, le navi volanti, e il concetto di una società che esce dalla rivoluzione industriale. Alla fine, poi, ogni ambientazione steampunk ha le sue particolarità in termini politici, economici e sociali.

L’ambientazione di Vulcania cos’ha di unico? Magari qualche elemento legato alla nostra attualità.

Abbiamo cercato di infilare diverse tematiche nella nostra ambientazione, che potessero essere delle critiche a quella che è la nostra società.

Ad esempio, il fattore culminante che ha portato la fine di una guerra, terminata una decina di anni prima rispetto al tempo di gioco, è stato un ordigno lanciato da una nazione dentro il vulcano di un’altra, che è un rimando alla fine della Seconda Guerra Mondiale. Una delle problematiche è quella dei sopravvissuti, quelli che potevano permetterselo sono scappati, ed è uscita la problematica del “dove la mettiamo questa gente?”. La gente che viveva lì è stata scacciata, poi c’è il discorso dei coloni che hanno iniziato a fare propria quella terra. Tutte situazioni riconducibili ad eventi storici, anche non troppo lontani. Abbiamo anche uno Stato che è retto da una teocrazia al femminile, dove gli uomini sono considerati bassa manovalanza (quando va bene), anche una frecciatina all’Isis, perché vogliamo farci odiare da tutti in maniera equilibrata [ride].

Baslet, una delle isole-nazioni dell’ambientazione.

Per quanto riguarda il lavoro dietro a Vulcania, voi avete cominciato nel 2013 il progetto. Questi sei anni, che sono tanti, sono il “tempo minimo” per creare un progetto di qualità su Kickstarter?

No, non credo, si può fare in molto meno. All’inizio è nato come un sistema per giocare a qualcosa di diverso con il nostro gruppo, come succede al 90% delle persone che giocano di ruolo molto assiduamente e dopo un po’ hanno bisogno di cambiare. Soprattutto un po’ di anni fa, quando il mercato non era così fervido e non c’erano molte alternative, e se c’erano erano difficili da trovare.

La scintilla che vi ha fatto capire che potesse essere un progetto più “serio”?

È stato l’incontro tra me e Mattia Arnaudo. Io e lui ci conosciamo da una vita, ma per una serie di vicissitudini siamo finiti io a Torino e lui a Lugano. Ad un certo punto ci siamo ritrovati che stavano lavorando ad un progetto su un gioco di ruolo, e parlando tra noi abbiamo trovato un punto d’incontro per un eventuale progetto, ed abbiamo iniziato a lavorare insieme. Quindi, adesso che c’è Kickstarter che è uno strumento bellissimo anche se bisogna sgomitare con realtà grosse, che producono più che auto-producono, abbiamo pensato: “Se dobbiamo fare una cosa, facciamola bene!”.

Parlando di grandi aziende su Kickstarter, non è un rischio per le realtà piccole? Andrebbe regolamentato in qualche modo, o resa chiara la differenza tra un progetto come Zombicide ed uno indipendente come Vulcania, secondo te?

Più che regole, che alla fine non mi piacciono troppo per come sono fatto io ed alla fine si trova sempre un modo per aggirarle, qualche strumento di visibilità o incentivo per gli indipendenti potrebbe essere sicuramente una buona idea. D’altra parte è ovvio che la presenza delle grandi aziende è negativa perché ti trovi a combattere con dei colossi, ma allo stesso tempo porta la qualità degli indipendenti ad alzarsi. Oggi è impensabile presentarsi con il progettino, imbastito velocemente, senza una veste grafica all’altezza, su Kickstarter. Screma un po’ il progetto che è nato per essere giocato tra gli amici il giovedì sera, che forse deve rimanere relegato nel giovedì sera.

La mappa di Vulcania.

Perché avete optato per il crowdfunding, invece di rivolgervi ad un editore magari?

Intanto per la libertà, fare esattamente quello che si vuole senza paletti o vincoli. L’editore è un passo successivo. Anche perché le stesse grandi aziende usano questo strumento, e quindi è difficile trovare un editore che ti pubblichi a condizioni accettabili. Abbiamo preferito fare la nostra strada, visto che gli strumenti ci sono.

Quindi che significa, oggi, arrivare su Kickstarter? Se dovessi fare un prontuario breve di quello che è necessario per creare un progetto solido, cosa consiglieresti?

Voglia e determinazione, tanta. Non è una cosa che uno può fare full time, partendo da indipendente, quindi devi impiegarci tanto del tuo tempo libero. Voglia e possibilità di investire per creare un pacchetto grafico, proporsi al pubblico, e promuovere le pagine social. Poi serve quell’idea innovativa, o che comunque piaccia in maniera che le persone siano incentivate ad investire su dite.

Vediamo tanti progetti che sono belli, a volte bellissimi, ma che poi non si rivelano un granché quando si giocano. Quanto pesano quindi l’estetica e la presentazione, rispetto al contenuto, per avere successo?

Tantissimo, senza nascondersi dietro ad un dito. È un aspetto fondamentale, senza di quello non si va da nessuna parte. Il tuo progetto potrà essere magnifico, ma se non attiri l’occhio è inutile. I contenuti servono ovviamente, soprattutto in una seconda fase di vita del prodotto. Una volta che la persona ha il prodotto in mano se il prodotto è brutto, è brutto, ed in un secondo momento non andranno a seguire gli autori, o l’azienda, in altri progetti se non gli è piaciuto il primo.

Ovviamente bisogna far vedere anche i contenuti, perché la gente si aspetta di vedere qualcosa. È un po’ più complicato perché essendo un progetto in crowdfunding, quindi in corso d’opera, non si può mostrare niente di pronto. Per adesso ci siamo adoperati con un quickstarter, che però abbiamo decido di lasciare solo agli addetti ai lavori. Perché comunque è una guida di 25-30 pagine, a fronte di un manuale di 400 circa, perciò non può trasmettere quello che è Vulcania per intero. Abbiamo fatto qualche live streaming, qualche evento, questo è quello che si può fare. Speriamo di aver trasmesso quelli che sono i contenuti, perché sull’aspetto grafico credo che la squadra abbia già fatto un gran bel lavoro.

Le singolari schede dei personaggi di Vulcania.

State pianificando delle presenze a PLAY, e fiere più piccole, per far provare il gioco?

Ci saranno sicuramente delle occasioni. Ci piacerebbe essere a PLAY, ma non abbiamo ancora pianificato niente anche un po’ per scaramanzia [ride]. Vediamo prima come va a finire.

Che aspettative hai per Vulcania? Sia per il Kickstarter che per il gioco. Finora quali sono stati i feedback generali?

Fino ad ora abbiamo avuto una fanbase che ci ha emozionato. Hanno seguito il progetto con passione e ci hanno fatto molti complimenti. Durante le live sono stati creati dei personaggi che spero di inserire nella versione finale del gioco, perché meritano di essere trasportati nel libro stesso. Dopo l’uscita, per come è impostato il gioco perché Vulcania è più un gioco da campagna che da one-shot, mi piacerebbe che si crei una community che possa permettere di approfondire anche l’ambientazione, che è l’aspetto che mi sta più a cuore. Sui numeri non mi esprimo, vediamo [ride].

L’equipaggiamento è una parte fondamentale dello steampunk.

Riguardo le fanbase in generale, come vedi l’avvento su Twitch del gioco di ruolo?

È uno strumento di diffusione del gioco di ruolo potentissimo. Dà anche la possibilità a chi non riesce a trovare un gruppo di amici, o per diversi problemi non riesce a spostarsi di casa, di giocare. Ovvio che il gioco al tavolo è un’altra cosa. Personalmente le giocate online le ho scoperte con Vulcania, dovendo farlo vedere. Non l’avevo mai fatto prima, e infatti mi sono trovato in imbarazzo a fare il niubbo della situazione [ride], però l’ho trovato molto interessante. Non è la stessa cosa che avere la socialità del tavolo, ma è indubbio che ha delle potenzialità incredibili, e ben venga, altroché.

Può funzionare come strumento promozionale o rischia di travisare i contenuti? Proprio qualche settimana fa Matthew Mercer si è scagliato (per l’ennesima volta) contro chi dice che quello di Critical Role non è il “vero” Dungeons & Dragons.

Magari qualche rischio ce l’ha sicuramente, perché non è così facile trasmettere le meccaniche di gioco tramite Twitch. D’altra parte ti permette di arrivare a tantissime persone. Si possono fare degli eventi e delle fiere, abbiamo fatto una bellissima serata a Torino organizzata da Sesso Droga & D&D, ma posso farla a Torino perché è la mia città, però se devo pensare di far provare in giro per l’Italia non è molto comodo.

Se volete sostenere la campagna di Vulcania, a questo indirizzo trovate la pagina della campagna su Kickstarter. Inoltre, per scoprire le iniziative di GearGames potete raggiungere il sito ufficiale e la pagina Facebook.

Ringraziamo Simone Raspi per la disponibilità, e nell’occasione l’intera redazione di Player.it fa un grosso in bocca al lupo a Vulcania!

This post was published on 22 Gennaio 2019 11:00

Valentino Cinefra

Valentino Cinefra scrive di videogiochi per varie testate italiane, tra cui SpazioGames, BadTaste e VideoGamer Italia. Su queste pagine si occupa di giochi di ruolo, tra report delle fiere più importanti, analisi dei prodotti del momento, ed approfondimenti più o meno eclettici che mischiano vari argomenti di cultura pop nella speranza di tirare fuori qualcosa di sensato. E pensare che, quando da piccolo gli venne chiesto di provare Dungeons & Dragons, lui rifiutò vigorosamente perché inorridito dall'idea di passare pomeriggi interi a tirare dadi e "raccontare buffonate". Non solo il gioco di ruolo è diventata sua croce e delizia, ma farebbe di turno per tornare in quell'epoca fatta di pomeriggi incredibili, tra avventure senza senso, zero rispetto per il regolamento, e tanta improvvisazione e delirio.

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