Nato all’alba degli anni ’90 (la sua prima incarnazione è del 1991) Vampiri: la Masquerade sta riscoprendo lentamente una sua seconda giovinezza dopo “il periodo della perdizione“.
Molti di voi già lo sapranno, però è bene ribadirlo: Questo gioco ha visto la sua conclusione nel 2004 con l’uscita del suo ultimo volume, “Gehenna” (quantomeno per quel che riguarda l’evoluzione del suo Metaplot), un manuale dedicato a fornire i migliori strumenti per farvi vivere la tanto temuta “Apocalisse” dei vampiri; è inutile che facciate i saputelli a dire, “ma no c’è la V20, ha portato avanti la storia” perché a dirla tutta a sapere che nell’ultimo Concilio di Venezia del 2011 è stato nominato un Conciliatore Assamita lo Sceriffo di Milano Kasym Bayar e i Gangrel sono “rientrati” nella Camarilla, in Italia, lo sappiamo in pochi, davvero pochi, quindi andate ad istruirvi in merito, perditempo, che dopo vi interrogo.
“PADRE, PERDONA LORO PERCHE’ NON SANNO QUELLO CHE FANNO!”
Ehm! Dicevo… Dopo questa chiusura non c’è stato null’altro, o meglio, c’è stato un “qualcosa” che io chiamo “il periodo della perdizione” e che è conosciuto dagli infedeli come Vampiri: il Requiem, o se preferite (come me) “il GDR che vuole a tutti i costi NON essere Vampiri: la Masquerade“. Questo prodotto, infatti, sebbene riprenda in parte alcune dinamiche del suo fortunato predecessore, come ad esempio la creazione del personaggio “a pallette” o i nomi dei Clan (BUAHAHAHAH!!!, fantasia pari allo zero), si è dimostrato un prodotto poco amato dal pubblico, tanto da subire una forte battuta d’arresto negli ultimi anni che ha favorito un ritorno al più “ortodosso” Vampiri: la Masquerade.
Insomma la White Wolf ha fatto una cazzata stupidaggine ma, forte del motto “sbagliando si impara“, ha appreso dai proprie errori tornando subito sui suoi passi, prima con la V20 e poi, notizia piuttosto recente, con l’inizio dei lavori per una quinta edizione di Vampiri: la Masquerade.
Già, uno sbaglio, ma a quanto pare la “WW” non è la sola a farne: anche io ne faccio.
Ebbene, chi mi conosce di persona sa che sono un appassionato di questo GDR, ma forse voi lettori ciò che non sapete è che io scoprii questo gioco, appunto, per sbaglio.
Ero giovane, molto giovane, all’incirca 13 anni se non ricordo male, e da poco avevo scoperto il mondo dei giochi di ruolo.
E’ la storia di molti, lo so, e si, anche io iniziai con D&D, con la “scatola rossa“, ma la mia storia cambiò sotto il “segno con la stella“.
Sono certo di avervi incuriosito abbastanza da poter procedere, quindi proseguiamo.
La storia inizia cosi: io ed i miei fidi amici Giuseppe e Matteo, quali novelli re Magi, ci armammo e partimmo, dando inizio cosi alla nostra “Epifania“, inseguendo una stella cometa. La nostra meta era Pescara perché era li che brillava quella luce nel cielo che ci indicava il cammino: Starshop, il locale negozio “NERD“.
Quando arrivammo non ci fregò nulla ne del torneo di Magic in atto, ne dei fumetti ivi custoditi, ne dell’omino al bancone che ci chiedeva se poteva aiutarci.
No! Noi sapevamo benissimo cosa volevamo, non avevamo bisogno di aiuto, ed infatti iniziammo subito a “svuscicare” tra i vari titoli presenti nel settore GDR del negozio nella speranza di trovare ciò che cercavamo.
Ecco, il miracolo è compiuto: la 3.5 di D&d era li, davanti a noi ed era ciò che fino a quel momento credevamo di volere. Avevamo trovato il nostro tesoro. Eravamo felici. Eravamo soddisfatti di essere riusciti nella nostra impresa… ma successe qualcosa.
Su quello stesso scaffale vi era un altro manuale, un manuale verde con sopra disegnata una rosa.
Matteo lo vide e disse (non lo scorderò mai): “ehi, ma esiste il gioco di ruolo di “Vampire Redemption“.
“Ma che stai a dire? del videogioco?” rispose Giuseppe; mentre io, silenziosamente, lo presi tra le mani ed iniziai a sfogliarne le pagine.
Ne fui rapito e l’emozione che mi pervase in quel momento fu l’Estasi.
Quelle immagini in bianco e nero, quei racconti, quella nuova visione del vampirismo, ci conquistarono immediatamente. A quel punto fu facile guardarsi in faccia e capire cosa tutti e tre davvero volevamo: “volevamo sangue e a galloni“.
Volevamo essere dei vampiri e volevamo esserlo subito. Quindi, senza indugiare, comprammo quello che fu il nostro primo manuale, tutt’oggi custodito quale reliquia sacra, e mandammo a cagare salutammo bellamente “Crotali&caverne“.
Il “libro” che ci apprestavamo a leggere si apriva con un racconto, un racconto di una giovane ragazza scelta da un antico vampiro per divenire la sua infante: quanta emozione se ci ripenso. Il modo in cui era scritto. Le sensazioni che ci suscitò. Le immagini che si crearono nella nostra mente. Era come avevamo appreso dai libri di Bram Stoker e di Anne Rice, dai film con Tom Cruise e Brad Pitt, dalle “legnate” di John Carpenter; era tutto in quelle pagine… ma era di più, molto di più.
No, non si limitava ad una allegoria in cui si descriveva “un giocatore che impersona un vampiro“, no, era il manuale “per essere un Vampiro“, una progenie della maledetta stirpe di Caino, completa di tutte le regole ed i suggerimenti per farlo al meglio.
Tutto nero su bianco, “pallette e cotillon“.
Rimanemmo colpiti dalla “biblicità” di quel prodotto e da quella capacità di sfruttare un avvenimento come il primo omicidio per creare la maledizione divina che generò il primo vampiro, Caino, alla base di tutta la “cosmologia” di Vampiri.
Fui anche sorpreso da come interi capitoli erano stati sapientemente dedicati a tale aspetto e in cui l’analisi delle varie generazioni di cainiti, i “nipoti” di Caino, si mescolavano ad aneddoti di storici e mitici, sino a creare una leggenda vissuta attraverso i “ricordi” di antichi vampiri millenari che nelle “narrative” del manuale ci facevano rivivere le loro esperienze fino al Diluvio Universale. Per non parlare di tutto quello dedicato all’analisi dei vari livelli di Abilità, Caratteristiche, Discipline etc. che non potevano superare il valore di cinque “a meno che il sangue non sia abbastanza potente” trascendendo la condizione umana. Insomma, una cosa come “una regola” era stata trasformata in un elemento portante di trama. Scompariva, dunque, la dinamica che voleva separato il regolamento dal gioco e li univa in una unica visione, più profonda, più introspettiva, e permeata di “intimo orrore“.
Esatto! Questo manuale non è solo un modo di giocare “il Vampiro“, no. Ne analizza ogni suo singolo aspetto: la psicologia, le differenze, i punti di forza, la sacralità, le
tradizioni, la storia. Era un vero e proprio mondo ed ora era “il nostro mondo”, dove potevamo essere dei ricchi banchieri impegnati nella loro “Jihad” eterna o dei bulli di quartiere armati di catena che trascinavano teppisti per le strade di Las Vegas. Potevamo essere antichi nobili decaduti che ancora dominavano sui loro feudi ancestrali o potenti maghi che scoprivano che le loro magie erano vere.
Vedete, Vampiri: la Masquerade è un gioco che sotto molti versi si discosta dai più “classici” GDR, (sopratutto all’epoca) perché il mondo di gioco non è fantastico, ma bensì reale. E’ il nostro, fatto di automobili, telefonini, discoteche e qualunque altra cosa ci venisse in mente privo di fanciulle da salvare o draghi da sconfiggere, no; vampiri non è un gioco fantasy ma “un gioco di intimo orrore“, ed è tale proprio perché al centro del gioco non vi è la storia, ma noi stessi, e questa cosa all’epoca era esaltante.
Ci lasciammo conquistare dalle sue atmosfere in cui il sacro si mescolava con il profano e la violenza era spesso espressione di emozioni forti. Dopotutto come potrebbe essere altrimenti se intere discipline ruotano proprio intorno a questi concetti? Non è forse Dominazione la volontà manifestata di prevaricare gli altri? Non è forse Ascendente l’esaltazione della propria superiorità sociale? Non è forse Demenza l’esplosione della nostra follia e delle nostre paure più recondite? E che dire di Taumaturgia e Necromanzia che alterano direttamente la realtà?
Per la prima volta, poi, la figura del vampiro non era una sola, non erano solo dei “succhiasangue“, no. Erano diversi tra loro perché tutti possiedono delle differenze dettate dal sangue del proprio retaggio, dal proprio Clan. Tutti diversi. Tutti con propri scopi. Tutti con propri segreti e, sopratutto, tutti “derivazioni archetipali” di un immaginario comune che era, fino a quel momento, il “vampiro canonico“.
L’aspetto ferale e bestiale del vampiro in grado di controllare gli animali e trasformarvisi a suo piacere era l’anima del Clan Gangrel. L’aspetto di più “Branstokeriana” memoria, forte delle fissazioni sull’onore e l’ospitalità era reso magistralmente dal Clan Tzimisce. La capacità seduttrice era lo scheletro su cui era costruito il Clan Toreador e cosi via, generando quei 13 Clan che altri non sono che un piccolo pezzo di un puzzle di quel nuovo mondo che mano mano scoprivamo.
Ma non ci si può fermare a questo. Il pezzo forte giunge mentre si legge il manuale e si scopre che esiste un’altra società parallela alla nostra, con le sue leggi e le sue regole. Una società popolata da soli vampiri conosciuta come Camarilla, nata con lo scopro di… proteggere. Ecco, quando arrivammo a scoprire questo ci si spense letteralmente il cervello. “Che vuol dire proteggere? Proteggere da chi? Che domande, dal più grande mostro che abita la terra: l’Uomo.”
Eh, già! Per la prima volta i vampiri hanno paura, paura di noi umani perché siamo quasi riusciti ad estinguerli, costringendoli a scappare e a fuggire e, appunto… a nascondersi; e da qui la nascita della Camarilla e della sua legge più importante: la Masquerade, quel sottile velo creato per proteggerli dalla morte da noi, perché…
…non è morto ciò che in eterno può attendere…
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Se l’articolo ti è piaciuto ti suggerisco la lettura di queste interessanti guide tematiche:
- Vampire: The Masquerade – #1 Introduzione
- Vampire: The Masquerade – #2 Meccaniche di Gioco
- Vampire: The Masquerade – #3 Ambientazione
- Vampire: The Masquerade – #4 Spunti di Gioco
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