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Giochi di ruolo

I migliori “trucchi” televisivi e cinematografici da usare nel gioco di ruolo

Quando mi capita di descrivere il concetto di “gioco di ruolo” a gente ignara del fenomeno (per altro in perenne crescita, come vi raccontavo qualche tempo fa), il modo più semplice per farlo è paragonarlo al cinema, ma ancora meglio alla televisione. L’idea è che la sessione media a Dungeons & Dragons, Pathfinder o Il Richiamo di Cthulhu sia una sorta di “serie tv condivisa”, dove i giocatori interpretano gli attori protagonisti, mentre il Game Master rappresenta… tutto il resto dagli antagonisti, i comprimari, passando per luci, fotografia, sceneggiatura e colonna sonora.

È un paragone che funziona bene per parlare del gioco di ruolo efficacemente, per dare un primo impatto a chi non ne sa nulla. Il paragone con la serialità televisiva e la Settima Arte sono quanto mai calzanti anche per una serie di tecniche, “produttive” e di narrazione, che come vedrete ben si sposano con le dinamiche dei giochi di ruolo più classici.

È bene fare una premessa, infatti: la quasi totalità dei trucchi dai cui vi parlo funzionano esclusivamente con i giochi di ruolo “old school”. Per intenderci, quelli dove è concepita la figura di un giocatore che ricopre il ruolo di Master, che ha quindi potere decisionale per quanto riguarda la trama e gli eventi in gioco. Ciò di cui vi parlerò nell’articolo è quindi facilmente integrabile con i titoli di “nuova concezione”, dei quali vi abbiamo parlato in questo nostro speciale. O almeno, andrebbero pesantemente adattati e plasmati secondo le caratteristiche del gioco stesso.

Fatta questa doverosa premessa, andiamo al sodo. Parliamo di ciò che dovreste imparare a fare come Game Master, elementi che dovreste gestire per dare ancora più spessore alle vostre campagne.

A volte i colpi di scena non funzionano.

Colpo di scena

Elemento abusatissimo, un sempreverde delle narrazioni di ogni tipo: il colpo di scena, o “plot-twist” per i millennials. Il colpo di scena è, per definizione, una svolta improvvisa nello sviluppo della trama, atta a stupire lo spettatore e mantenere vivo l’interesse verso la narrazione. Nel gioco di ruolo, arrivare ad essere maestri di questo elemento di sceneggiatura è difficile perché, altrettanto per definizione, non c’è (giustamente) controllo totale della trama da parte del GM.

Ma non è impossibile infilare dei colpi di scena ben assestati. La prima cosa, come accennato, è non abusarne. Abituare i giocatori ad un plot-twist a sessione, o magari più di uno, significa annullare tutta l’efficacia di questo magnifico strumento. Sia che prepariate la sessione o vi troviate a dover improvvisare (questa la maggioranza dei casi) un coup de theatre, fatevi una domanda: cosa stupirebbe davvero i giocatori stavolta? Tutti i giocatori si aspettano che un alleato si riveli un nemico, ma forse è più sorprendente che un parente, magari molto stretto, si riveli un villain. Questo esempio è assolutamente banale, ma è il risultato della domanda che, come GM, mi sono fatto in una delle mie campagne, e la cosa ha funzionato.

Come per molte altre vicissitudini, fatevi sempre delle domande. Non abusate del colpo di scena, piazzatene pochi ma di sicuro impatto. Importantissimo, fondamentale direi per tutto questo ragionamento, dare anche un senso alla svolta di trama. I giocatori ameranno scoprire i retroscena di una svolta così importante della loro campagna, fate in modo che ci siano e che possano trovarli.

Per l’amore degli Antichi e Nuovi Dei, evitate le sceneggiature alla Lost, almeno nel gioco di ruolo. Fatelo per me.

Sospeso.

Cliffhanger

Piccola menzione veloce per il cliffhanger, o finale a sorpresa, che potremmo definire una costola del concetto di colpo di scena. Semplicemente, si tratta di un espediente per cui la narrazione si conclude con una interruzione brusca in corrispondenza di un colpo di scena o di un altro momento culminante.

Il trucco è che non deve per forza essere un colpo di scena. La sessione può finire anche con un semplice: “aprite la porta del dungeon e, con mille dubbi e domande, mentre il vento dall’interno vi investe… finiamo qua”. Funziona, perché crea comunque aspettativa per l’appuntamento successivo senza dover per forza sconvolgere gli animi. Anche in questo caso non abusatene, altrimenti i vostri giocatori sapranno che, a qualche minuto dall’orario solito di fine sessione, state preparando un cliffhanger e, come nel caso del colpo di scena, farlo diventare un appuntamento fisso fa sì che perda tutto il suo valore.

L’arco narrativo, da manuale.

Arco narrativo

Una storia, pur fantasiosa ed intricata che possa sembrare a prima vista, viene costruita sulle stesse basi create dall’alba dei tempi della tragedia greca. Uno dei concetti relativi alla narrazione moderna, soprattutto televisiva, è quella dell’arco narrativo. Si tratta di una linea narrativa estesa o continuativa di un racconto episodico. La saga di Freezer, che inizia con il viaggio su Namecc e finisce con la morte dell’imperatore galattico, è un arco narrativo di Dragon Ball Z. Le run a fumetti di un tale scrittore di casa Marvel o DC Comics sono gli archi narrativi della testata Thor o Batman, ad esempio.

Nel caso di una campagna di un gioco di ruolo abbiamo la campagna in sé che è l’arco narrativo principale, più ci possono essere una miriade di archi narrativi secondari. Immaginiamo ad esempio una campagna modulare di quelle ufficiali per Pathfinder, divisa in capitoli con un libro dedicato ad ognuno.

Nel nostro caso, è bene schematizzare gli archi narrativi e preparare solamente dei momenti chiave per ognuno, delle cose che dovrebbero succedere in un determinato momento, al verificarsi di tali condizioni. In questo caso vi verranno in aiuto i background dei vostri personaggi, sui quali potrete costruire degli ottimi archi narrativi personalizzati. Un nemico ricorrente, una visione parzialmente comprensibile, una tragedia i cui strascichi tormentano ancora il personaggio, tutti spunti ideali per creare le sotto-trame che danno pepe all’avventura.

Preparate uno schemino per ognuno dei personaggi fatto di soli tre punti: l’ingaggio, il climax, la fine.

L’ingaggio rappresenta il come la storia del PG entra nel filone principale della trama. La visione di un tremendo futuro è collegata ad uno schema molto più grande; il parente scomparso è esattamente la persona che stanno cercando anche agli altri PG.
ll climax è il momento più alto di quel racconto, in cui il PG apprende la maggior parte delle informazioni e la cui storia ha una svolta molto importante. Qualcuno spiega al PG la visione in modo dettagliato, facendogli capire quanto in realtà l’avesse male interpretata; e se il parente non fosse scomparso ma fuggito?
La fine è come l’arco narrativo si conclude, i cui strascichi modificheranno la vita del PG e diventeranno momenti indelebili del suo passato. La visione che da anni tormenta il personaggio è in grado invece di donargli un grande potere, con il quale salverà molte persone; il parente è fuggito per evitare un destino amaro, al quale però non si potrà sottrarre perché la sorte è beffarda.

Con questo breve schema riuscirete ad appassionare ulteriormente i giocatori, dando loro un ulteriore spunto per sedersi al tavolo. È anche un ottimo modo per inserire nella narrazione i personaggi dotati di background problematici o molto diversi dallo stile della campagna.

A volte serve un solo protagonista.

Episodio “spotlight”

In ogni racconto seriale c’è sempre un momento in cui la narrazione si concentra su un solo personaggio. Nelle serie tv, gli episodi di questo tipo vengono definiti “spotlight”, proprio perché c’è un personaggio che, rispetto agli altri, è sotto i riflettori. Si ricollega perfettamente al concetto di arco narrativo, perché le sessioni in cui si manifestano l’ingaggio, il climax e la fine possono tranquillamente essere quelle in cui un personaggio spicca più degli altri.

Ora, è importantissimo non fare l’errore di dedicare l’attenzione solo ad un giocatore al tavolo, perché al contrario di una serie tv il gioco di ruolo è un’attività condivisa, prima di tutto. Quindi, piuttosto che far giocare un solo PG, fate sì che l’intera sessione verta sulle sue vicende e che gli altri giocatori possano avere un ruolo attivo.

L’esempio più classico, nonché forse banale, è quello della resa dei conti con l’arcinemico. Fate in modo che tutto il gruppo di gioco sia coinvolto, in un modo o nell’altro, nella scena in questione. Che combattano insieme al PG sotto ai riflettori, oppure semplicemente siano presenti in qualche modo, non lasciate mai in disparte gli altri.

D’altra parte, se la situazione richiede la concentrazione massima su una singola vicenda, non eliminate del tutto l’idea di affrontare una sessione in solitaria con il giocatore di turno. Saltuariamente, è un grande strumento narrativo.

Lost.

Flashback e flashforward

Entrando nell’ambito del flusso di tempo, due tecniche ormai molto comuni nella narrazione episodica sono i flashback ed i flashforward. Se negli ultimi anni siete vissuti in un buco e non avete mai sentito parlare di Lost, che di queste tecniche ha abusato facendone la struttura portante della narrazione, sono dei salti temporali nella linea del racconto.

Il flashback è un salto indietro nel tempo, mentre il flashforward in avanti. Ora, nel gioco di ruolo è molto più facile usare il primo strumento, sempre per il discorso del mancato controllo sulla trama. Si tratta anche di una tecnica molto versatile, perché ad esempio potreste far giocare per una o più sessione i vostri giocatori nei panni dei cattivi. Un po’ come in una serie tv quando si vedono i villain mandare avanti l’ingranaggio del proprio piano malefico.

Sono tanti altri i modi in cui un flashback potrebbe essere inserito in una campagna di un gioco di ruolo. Prendiamo, ad esempio, i tanti fatti pregressi che spesso vengono solo accennati nelle storie delle ambientazioni ufficiali. Potreste farle vivere ai giocatori, così da coinvolgerli ancora di più e raccontare dettagli del mondo di gioco evitando verbosi spiegoni. A prescindere dalla storia raccontata, accertatevi che il flashback sia coerente con la storia principale. Potrebbe anche influenzarla, ma deve farlo a compartimenti stagni cambiando eventi che i PG non ancora vissuto, e non quelli passati.

Lo strumento del flashforward va usato con ancora più attenzione. Il modo più interessante per farlo è raccontare il futuro dei PG in una campagna conclusa. Magari sono invecchiati e si ritrovano per un evento conviviale; sono eroi ancora più famosi e vengono evocati dal popolo che a gran voce richiede le loro gesta; i loro figli hanno intenzione di fare gli avventurieri.

Il Re dello slow motion.

Ralenti

Qui il discorso si fa interessante. Non è intuitivo associare la velocità dell’azione ad un racconto condiviso. A meno di non iniziare a parlare lentamente per rendere l’idea del ralenti (o slow motion per gli stessi millennials di cui sopra), generando però solo ilarità, non ha molto senso raccontare il ralenti nel gioco di ruolo.

Eppure c’è un modo, e l’ho sperimentato personalmente. Semplicemente: usate la parola ralenti. Quando volete raccontare una scena al rallentatore, dite qualcosa come: “La scena rallenta, come in un film”. In questo modo i giocatori sanno che è una simpatica forzatura voluta, ma inconsciamente stanno immaginando la scena al rallentatore. Bingo.

The Big Bang Theory.

Puntata pilota

Questa, più che una tecnica di narrazione, è una dinamica di logistica, per così dire. La puntata pilota, per gli show televisivi, è l’episodio che serve a dare l’idea ai produttori di come sarà lo show. In caso di pollice in su, la puntata pilota diventa nella maggior parte dei casi il primo episodio dello show, al massimo con qualche rimaneggiamento. Se il pollice è verso, regista, attori e crew ricominciano da capo e mettono mano all’episodio.

Nel nostro caso, questo procedimento può essere adattato per la prima sessione di una nuova campagna, soprattutto con giocatori nuovi. Avvertite tutti che la prima sessione sarà una “sessione pilota” per rodare il gruppo e le dinamiche di gioco.

Poteste optare per una one shot con personaggi creati da voi, oppure procedere con quelli che saranno i PG della campagna e, nel caso ci sia qualcosa che non va, mettere mani ai problemi e nel caso ricominciare una volta che tutto è sistemato. Magari un personaggio è venuto troppo sbilanciato rispetto agli altri, il gruppo non si trova bene insieme, oppure le tematiche dell’avventura non piacciono ai giocatori, tutte cose che possono essere sistemate con una sessione pilota.

This post was published on 29 Novembre 2017 13:26

Valentino Cinefra

Valentino Cinefra scrive di videogiochi per varie testate italiane, tra cui SpazioGames, BadTaste e VideoGamer Italia. Su queste pagine si occupa di giochi di ruolo, tra report delle fiere più importanti, analisi dei prodotti del momento, ed approfondimenti più o meno eclettici che mischiano vari argomenti di cultura pop nella speranza di tirare fuori qualcosa di sensato. E pensare che, quando da piccolo gli venne chiesto di provare Dungeons & Dragons, lui rifiutò vigorosamente perché inorridito dall'idea di passare pomeriggi interi a tirare dadi e "raccontare buffonate". Non solo il gioco di ruolo è diventata sua croce e delizia, ma farebbe di turno per tornare in quell'epoca fatta di pomeriggi incredibili, tra avventure senza senso, zero rispetto per il regolamento, e tanta improvvisazione e delirio.

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