Diario del dott. Flammini 5 Novembre 1957
Ormai siamo in vista di Torino, è a poco più di un chilometro da qui.
Mario è ormai andato via, ha detto che non può rischiare di entrare li dentro. Ho pensato fosse giusto lasciargli cavallo, bussola, mappa e pistola – a me spero non serviranno più – ho tenuto con me solo la lettera che cercherò di consegnare quanto prima al Maestro della Rocca locale.
Scrivo oggi queste righe perché finalmente mi sono sentito a casa: ero assorto nei miei pensiero quando ho sentito un rumore familiare in alto nel cielo, il rumore di un motore. Ho alzato gli occhi e l’ho visto: un enorme uccello di acciaio che si librava libero nell’aria.
Finalmente qualcosa di familiare.
Immenso, avrà avuto una apertura alare di oltre 30 metri e ben 5 eliche; un mostro della tecnica. Si stava abbassando, con molta probabilità stava atterrando da qualche parte e tra poco andrò li a vedere.
Quale singolarità, la mia vita finì con un aereo e ora sembra iniziare nuovamente con uno di essi. Eccomi qui, in un mondo che non mi appartiene vestito da Templare mentre stringo forte una lettera redatta su una pergamena, che osservo un paesaggio fiabesco e su di me un aereo a cinque motori.
Benzina! Scienza! Potere!
Che posto incantato e al contempo angosciante è questo Sanctum Imperium.
E’ ora che io recuperi le mie poche cose e mi prepari a partire. Sono felice e stento a crederci dopo gli ultimi avvenimenti.
La visione di quel mostro di ferro credo sia stata ispiratrice e profetica in qualche modo. Che sia un segno? Un simbolo della mia nuova vita? Qualcosa di grande si sta delineando d’innanzi a me, lo sento, ma ancora non so bene cosa.
Andiamo!
Torino mi aspetta.
<-Capitolo XXII – Capitolo XXIV->
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