Diario del dott. Flammini 2 Novembre 1957

Diario del dott. Flammini 2 novembre 1957 - Capitolo XXI

Diario del dott. Flammini 2 Novembre 1957

Vivo! Sono vivo!
Sono due notti che fuggo come un disperato; ora credo non mi stia inseguendo più ma ho il suo volto ben stampato in mente. Ho ancora il batticuore.
Scrivere mi distrarrà e mi aiuterà a calare la tensione. Mario è con me, continua ad affilare la sua pala. E’ qui, sul letto posto fianco al mio.

Sto scrivendo al lume di una candela ora, in una casetta di un piccolo paesino piemontese che pare ben protetto. Sono già andato dagli Excubitores, a fare rapporto. Credo sia stato il vestito che indosso a salvarmi, si, questa sorta di tunica…Templare.
Se mi avessero visto con indosso abiti civili, probabilmente non mi avrebbero fatto nemmeno avvicinare e invece cosi si sono fidati immediatamente.

Solo alla Domus Populi ho realizzato tutto; qui ho incontrato una donna, mi ha avvicinato con la scusa di porgermi una ciotola d’acqua e mi ha baciato le mani, ringraziando per quanto facciamo ogni giorno per la povera gente. Sembrano molto attaccati alla figura dei templari qui dove ora mi trovo e mi domando Perché.

Sto iniziando a rilassarmi, scrivere fa bene, lo sento. Quella notte è stata l’inferno, non credo di aver mai avuto cosi tanta paura in vita mia, nemmeno quando le bombe fischiavano nell’aria e i corpi si riducevano in brandelli.

Quegli esseri, sembravano sputati fuori dal peggior incubo che si potesse fare: è iniziato tutto con un silenzio. Mi ero addormentato da qualche ora, credo, e Raimondo mi ha destato dal mio sopore avvicinandosi. Lui era di guardia, era il suo turno, ma gli altri erano già in piedi, armati e pronti a far…qualcosa.

Attimi interminabili in cui restammo spalla-a-spalla; il fuoco era alle nostre spalle, serviva per sfruttarlo al meglio e non capivo cosa stesse succedendo. Poi Raimondo sussurrò “sono loro, arrivano“. Io non capivo, non sapevo, non potevo immaginare.
Dalle basse frasche, d’improvviso, qualcosa partì: un dardo, forse.

Valter venne colpito al volto e cadde giù. Un singolo colpo di qualcosa bastò per ucciderlo. Dal nulla, quattro forse cinque, esseri sciamavano verso di noi. Magari erano di più non lo so, non riesco a ricordare, DIO COSA E’ SUCCESSO!

I cavalli nitriscono, il fuoco esplode in tutto il suo fragore, le braci si sparpagliano ovunque… Mario. Mario è di fianco a me, vuole proteggermi, lo capisco subito, ha capito che sono l’anello debole e la sua pala è posta di piatto in mia protezione. Un solo, potente colpo sbatte a terra uno di quelli e con un veloce fendente gli mozza la testa con il filo della stessa. Solo ora capisco cosa stava facendo con quel sasso, la affilava.

La testa rotolò ma gli occhi, quegli occhi incastonati in quel cranio sfasciato, mi osservavano ancora e la bocca fremeva stentava a star ferma, come se volesse leccarmi, assaporarmi, gustarmiDIO MIO, SENTIVO CHE VOLEVA ME!

La battaglia continuava, Giorgio si muoveva pesante e letale. Due di loro erano su di lui ma questi se ne fregava. Era solo, Valter era morto… da non so quanto e anche lui, presto, sarebbe andato perché Raimondo e Francesco non potevano aiutarlo, erano anch’essi in difficoltà; fianco-a-fianco si proteggevano vicendevolmente, incalzati da altri due di quei mostri. La temperatura si alzava ovunque, il sangue copriva i nostri corpi nostri occhi, ricordo che Mario urlava perché la sua pala scivolava via e non voleva star ferma e quei tonfi sordi su corpi non-vivi.

Poi le bestemmie e le invocazioni ai santi: era la fottuta malebolgia.
Strilli e ululati infestavano l’aria e poi di nuovo silenzio.
Tutto sembrava placatosi in quell’angolo di mondo che aveva visto quattro templari manifestare la gloria infinita di Nostro Signore Gesù Cristo.

BAM! Un altro di quegli esseri era stato abbattuto, Mario continuava a farli a pezzi e questi si ritiravano, come avessero paura. Paolo e Raimondo insistevano sempre nel dirmi che i morti non si ritirano, mai, che con ragionano e dunque non hanno istinti di preservazione ma questi lo hanno fatto. Hanno indietreggiato tenendoci ben sott’occhio e hanno approfittato delle tenebre per dileguarsi.

Poi la mia attenzione fu catturata dal qualcosa vicino il fuoco: Valter non era morto e si stava rialzando, posandosi con tutta la forza che aveva in corpo sulla sua grande spada. Raimondo speranzoso si girò e in un attimo si schiantò su di lui. La sua mano sinistra che impugnava la spada vibrò come per colpirlo ma Valter, con un secco rapidissimo impattò sul volto di Raimondo… Il suo elmo, l’elmo con cui lo vidi litigare lo protesse; si era rotto sul lato destro, certo, era un fendente violentissimo e la barba di Raimondo era visibile adesso, chiaro indice che non avrebbe fornito più alcuna protezione, ma era ancora li.

Un attimo dopo due di quei diavoli saltarono fuori dalle ombre e lo assalirono, lo colpirono alle spalle i vigliacchi e lo buttarono a terra. Colui che una volta era Valter lasciò la spada quale fosse inesistente e si aggiunse a quel banchetto. Giorgio e Francesco si precipitarono per salvare il loro compagno ma altri ancora sbucarono fuori dalle fottute tenebre e fummo nuovamente punto e a capo. Lo scontro era reiniziato.

Raimondo fu trascinato con la forza lontano da noi, Giorgio e Francesco era chiaro non avrebbero ancora tenuto a lungo; il primo era ferito gravemente al braccio e uno di quelli stringeva ancora i denti nella sua carne e fu in quel momento che Mario mi afferrò con la forza, mi buttò su un cavallo e mi salvò la vita.

Mentre scappavamo dai nostri compagni potevo ancora vederli: Giorgio era a terra, strappava via il suo elmo con forza mentre urlava qualcosa nella nostra direzione, Francesco combatteva ancora. Era ancora in piedi e tremavo per lui, quando vidi dalle tenebre sbucare un redivivo Raimondo. Con un colpo imparabile tagliò di netto la testa di quello che fu in vita un suo compagno e mentre lo faceva mi osservava e strillava parole incomprensibili in una lingua morta da secoli.

Pregai come mai avevo fatto in vita mia quando lo vidi saltare a cavallo e spronare la bestia a inseguirci. Mario sferzava il nostro puledro ma in due eravamo troppo pesanti e forse solo la divina provvidenza ci salvò perché in un modo o nell’altro quell’ombra demonica non riuscì a raggiungere e alla fine desisti dal suo intento. Forse pesava molto più di noi o forse un briciolo di umanità era ancora dentro di lui o forse è stata solo fortuna.

Il cielo era stato sereno sino a quel momento quanto d’improvviso mi resi conto che pioveva: forse il cielo aveva deciso di piangere i suoi figli e solo ora, riflettendoci, noto l’analogia e l’ironia di tutto questo. Era la notte del 31 Ottobre, era Tutti i Morti ed io lo vidi per un ultima volta prima di capire che avevo salva la vita.

Lui era fermo mentre il suo cavallo si issava sulle possenti zampe posteriori. Un fulmine cadde dal cielo non troppo lontano da quella teatrale figura che ora volgeva un’enorme spada al cielo e rivelava tutta la sua inumana bellezza: il lacero nero mantello svolazzava nell’aria spettrale, l’elmo dilaniato ne rivelava la sua non più umana condizione e il suo ghigno beffardo ed io capii davvero cosa volevan tutti spiegarmi avvenne il Giorno del Giudizio.

Riposa in pace Raimondo.

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