Diario del dott. Flammini 29 Ottobre 1957
Siamo partiti stamane e adesso siamo accampati in una grotta fredda ed umida nel tosco-emiliano; non ho mai capito dove iniziasse l’uno e dove finisse l’altro.
Siamo quattro oltre me: Raimondo, Giorgio, Francesco e Valter. Che nome curioso Fra Valter, mi fa ridere.
Sembrano tutte persone taciturne e al contempo bellissime. Sono letteralmente rapito ormai da questo posto. Da loro che cavalcano fieri indossando armature splendenti e candidi mantelli. E le loro fiere armi, poi, sempre poste ai loro fianchi ed io sempre vicino. Mi hanno persino vestito come uno di loro.
Ovviamente non porto alcuna armatura, non ne sarei in grado, per non parlare di un’arma, non saprei usarla; eppure mi hanno vestito come uno loro: per proteggermi, dicono, perché nessuno oserebbe fermare un gruppo di templari in marcia
Si definiscono Templari Erranti e non capisco bene cosa significhi e dopo la gaffe di stamattina cosa altro potrei dire. Conosco poco questa società e ancor meno le proprie gerarchie.
Eravamo in procinto di partire Gra… il Maestro della Rocca è venuto a salutarci e a benedire ognuno di noi per viaggio. Io mi sono avvicinato e gli ho baciato le mani ringraziandolo, augurandogli ogni bene e nel farlo mi sono riferito a lui come Gran Maestro.
Mi ha sorriso nuovamente e mi ha chiesto cortesemente di non chiamarlo mai più cosi. Mi ha spiegato che non è lui il Gran Maestro ed ha tenuto a sottolineare che presto avrei avuto l’onore di incontrarlo.
Ora ricordo il suo nome: Paolo, ha detto di chiamarsi Paolo; che bel nome. Anche se Valter mi piaceva di più. E niente, ci armammo e partimmo, come si diceva qualche anno fa.
E’ stata una giornata non troppo faticosa: abbiamo percorso una strada sterrata, immagino ormai siano tutte cosi, e ci siamo avviati verso nord. La nostra meta è ancora lontana, ipotizzo quattro giorni, certamente di più se ci imbatteremo in Morti, cosa molto probabile.
Nel pomeriggio mi sono affiancato a Raimondo nella cavalcata, volevo parlare, volevo chiedergli un po di cose: innanzitutto come aveva fatto a tirarmi fuori dalla Domus Populi.
Mi rispose che era stato il Maestro della Rocca in persona ad autorizzarlo a prendermi perché ero uno dell’Ordine e, pertanto, giudicabile solo dallo stesso. Un astuto stratagemma, dunque!
Era stato l’altro uomo, che ora avevo scoperto chiamarsi Giorgio, a pensarlo. Un tipo taciturno; non parla mai: credo abbia fatto il voto del silenzio… eppure ho sentito dire ha detto dire di avermi visto in caserma. Che scemo, magari lo ha semplicemente scritto.
Tornando a Raimondo, gli ho chiesto anche perché Ultimo era cosi convinto che avessi a che fare con l’uomo bruciato sulla pira. Mi ha messo al corrente di come avessero trovato quell’uomo all’interno della Villa delle Rose.
Ultimo e la sua squadra furono attirati dall’esplosione di cui tutti mi hanno parlato e trovarono li quel povero pazzo. Farneticava di qualcosa di cui nessuno sapeva niente e gli trovarono indosso dei documenti, documenti che Raimondo tirò fuori dal portafogli e mi mostrò.
Ebbi un brivido: una carta d’identità della Repubblica Italiana, una tessera della DC, dei soldi sconosciuti e, in ultimo, una tessera da medico. Uno di quei tesserini che servono a noi.
Un collega: stavamo andando a Vienna per lo stesso motivo.
Il collega… forse Ultimo aveva letto che eravamo medici e pensava ci conoscessimo. Istintivamente portai la mano alla tasca ma non vi trova nulla. Avevo perso il mio portafogli. Ecco come aveva fatto Ultimo a collegarci, aveva sottratto il mio portafoglio ed aveva fatto due più due.
Raimondo continuò il racconto. Ultimo aveva militato per tre anni in una squadra di Conversi affiancati ad un Sotium inquisitoris, qualunque cosa voglia dire, venuti a Ravenna per infiltrarsi e catturare il capo della Potestas Diaboli, tal Terenzio Belli. Il caso ha voluto che io precipitassi proprio nella villa di Terenzio, tre anni dopo.
Io sono stato fortunato, Alfredo, il nome scritto sui documenti, lo è stato di meno.
Ho appreso che Ultimo e la sua squadra scoprirono Terenzio, o maestro Belzebub, volevano aprire un portale sacrificando la figlia per accedere all’inferno. Una storia che trovo molto interessante, molto fantasiosa e molto divertente. Il mio interlocutore, però, non rise. Rimase serio ed io preferii star zitto e limitarmi ad ascoltare a quel punto
Ultimo era convinto che questo Alfredo fosse stato vomitato direttamente dall’inferno e che l’esplosione altri non era che i cancelli dell’inferno che si chiudevano. Una gran bella storia per un uomo con una fantasia da bambino, non c’è che dire.
Ah, si, la confessione che mi sventolò davanti altri non era che una rinuncia al mio credo satanico e una conversione, in ultima istanza alla fede di Dio, cosi da morire purificato nell’anima.
Che Dio abbi pietà della mia anima.
<-Capitolo XVII – Capitolo XIX->
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