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Giochi di ruolo

Sine Requie Anno XIII. La Gioia di non vivere nel IV Reich

Quando penso al IV Reich non può che aprirsi un sorriso sul mio volto. Il solo concepire una società simile mi sconcerta e mi fa riflettere su quanto sarebbe potuto essere diverso il mondo in cui avremmo potuto vivere.

Provate per un attimo ad immaginarlo: il nazismo vince la Seconda Guerra Mondiale e il suo progetto di egemonia si estende su tutto l’occidente, influenzando il resto del mondo. Due magnifici libri – tra i miei preferiti – presentano molto bene queste possibilità; si tratta di The Man in The High Castle, in italiano conosciuto come La Svastica sul sole di Philip K. Dick, e Fatherland di Robert Harris. Sono queste due ucronie in cui il nazismo ha trionfato ed il mondo si è accordato alla melodia che il regime suona incessantemente da Berlino.

Un mondo cupo, tetro, alimentato dal sospetto e dalla diffidenza, in cui gli scontri velati o meno che siano sono all’ordine del giorno tra i vari poteri che si contendono il controllo dello stato. SS contro politici, industriali contro leggi, stato contro cultura, etc. etc. etc. Un mondo dai colori più freddi, più sfuocato e più buio, dove la morale umana passa in secondo piano rispetto all’ordine, la disciplina e il controllo.

Questo e molto altro era il III Reich: non devo nemmeno ribadire le atrocità commesse da questa folle ideologia che solo male ha procurato all’uomo. E’ lampante, è sotto gli occhi di tutti, basta recarsi ad Auschwitz per vedere l’orrore, quello vero. Basta sfogliare “Se questo è un uomo” di Primo Levi per comprendere il processo di deumanizzazione messo in atto dalla “macchina” nazista. Basta parlare con un “nonno” per sapere cosa hanno fatto i nazisti.

Ecco, ora immaginate che tutto questo abbia vinto la guerra, come dicevo prima, e che l’abbia vinta in un mondo sprofondato nell’orrore dei Morti. In quell’orrore che si genera nel momento in cui i cadaveri decidono di non rimanere inerti a terra ma di rialzarsi per vagare nel regno dei vivi con il solo intento di cibarsene.

Questo è il IV Reich, una versione più brutale, crudele, folle del III, dove a sopravvivere è stato tutto ciò che si è privato di quella morale umana che ci caratterizza come uomini.

Il IV Reich è la merda ragazzi: è l’iperuranio del fascismo inteso come ideologia di oppressione e, sinceramente, Leo&Curte sono riusciti a creare un prodotto che, quando lo scopri, ti lascia allibito perché ti fa comprendere quanto tu sia LA vittima di un sistema che deve funzionare e dunque non può permettersi di scendere a compromessi con la coscienza.

Ecco perché mi si apre un sorriso quando penso a questa ambientazione di Sine Requie Anno XIII, perché so che è solo finzione, è un artificio creato per intrattenere.
Quando si è finito di giocare, si prende il manuale e lo si ripone sulla mensola insieme ai suoi fratellini, consci che è solo un gioco.

Capite perché mi rende felice? Perché oltre ad essere un prodotto della fantasia, la sua sola esistenza pone la fatidica domanda “Se…” e credo che questo pensiero sia radicato anche nella mente dell’uomo che illustra questo folle stato nel manuale base. Di lui sappiamo ben poco: prende psicofarmaci, è un agente della Gestapo, ricopre un ruolo di potere, è roso dal rimorso.

Questi quattro elementi sono sufficienti a contraddistinguere un tipico abitante del “reich millenario” che vive il suo costante dramma interno generato dal binomio coscienza-obbedienza.
E’ lui stesso a spiegarci che è un attivista del partito della prima ora, di quando ancora venivano sbattuti in cella perché ammazzavano la gente per strada a Monaco, e di come abbia goduto dei frutti del nazismo quando questo ha preso il controllo della Germania ed è sopravvissuto alla furia dei Morti.

E’ sempre lui a fornire al lettore gli strumenti per sopravvivere nel suo folle mondo attraverso lo strumento dell’epistola, in questo caso destinata ai partigiani oltre il Muro di Parigi. Si, avete capito bene, anche qui esiste un muro costruito lungo la Senna che divide quella che era la capitale di Francia in Parigi Est, in mano al IV Reich, da Parigi Ovest, in mano ai Partigiani.
Più le cose cambiano, più restano le stesse devono aver pensato gli autori.

Dalla lettera emerge il sentimento di confusione che pervade lo scrittore. E’ palese che costui non condivide quello che sia diventata la sua nazione, primo fra tutti quel sentimento di aleatorietà che volteggia sulle 9 leggi del Reich che permettono una fin troppo labile interpretazione a chiunque abbia un briciolo di autorità per imporle e farle rispettare, e lui, da uomo d’ordine quale è, non può tollerare una cosa simile… e da qui il suo male di vivere.

E che dire della da poco fondata Chiesa Teutonica? Il sentimento provato verso questa folle istituzione è palese. E’ artificiale, finta, creata appositamente per eradicare quei sentimenti di fiducia in qualcosa di superiore, la Fede ultraterrena, che non possono trovare spazio in un mondo dominato dall’ideologia dell’aquila uncinata.

Per non parlare della ripartizione dei poteri del Reich nelle mani di un Quadrumvirato. Il glorioso impero non ha più una guida illuminata quale era Adolf Hitler ma è suddivisa, spacchettata, in quattro poteri ben distinti: economico, incarnato dal Borgomastro di Berlino Uwe Puch; legale, posseduto dall’Ispettore Generare Franz Heisen; sanitario, tutelato dal dott. Friedrich Wolf; politico, personalizzato dal Reichfhurer Hermann Rupert Reichmann. Le certezze che lo hanno portato ad abbracciare il partito non ci sono più ed ora è giunto il momento di fare qualcosa… qualunque cosa.

Le promesse di un futuro radioso sono state disattese e il Lebensraumm è invaso dai Morti. Anche l’illusione di una razza perfetta è inficiata dalla consapevolezza della sopravvivenza della razza ebrea ancora segretamente in attività, nonostante si pubblicizzi per giornale e radio – gli unici due autorizzati, in intende – la sua totale estinzione, per non parlare dalla nascita dei nuovi mostri genetici partoriti dai segreti laboratori scientifici dei folli medici di Classe A che operano ogni giorno per assicurare al nazismo i suoi degni eredi perfetti dall’altisonante nome di Sigfried.

Bimbi mostruosi creati in provetta per possedere tutte le caratteristiche fisiche dell’Ariano perfetto.
Un giorno questi cosi prenderanno le redini del mondo, tutti lo sanno ma pochi hanno compreso bene quello che vuol dire: il nostro scrittore lo ha ben chiaro e, forse, è questo uno dei motivi che lo spinge a fornire informazioni ai partigiani che combattono giorno e notte contro la Wehrmacht.

Già, la Wehrmacht. E’ rimasto ben poco di quella che era la gloriosa arma tedesca. Apprendiamo che uno stanco Feldmaresciallo Willelm Keitel altro non è che un burattino dei quattro poteri. Il glorioso OKW si limita a fare da babysitter alle innumerevoli fattorie sparse per i territori del Reich. Unico scopo: proteggere dalla furia dei Morti gli interessi economici dello stato.

Ridicolo, se non fosse che qualcosa ad est si sta muovendo. Il nemico rosso sembra essere sopravvissuto: è questo che riporta la GrossDeutchland, la divisione corazzata  del Colonnello August Hausemann. Vigliacche città di metallo proteggono il nemico sovietico dalla furia nazista… ma è davvero cosi?
No, il nostro scrittore non sa tutta la storia: per lui i sovietici sono come quelli di 13 anni fa, non sa del Soviet. Mi fa quasi pena.

Quando si finisce di leggere il manuale dedicato la sensazione che si ha, o almeno quello che ho provato io, è di sollievo: il contenuto è stilisticamente impeccabile ma è il fattore umano che lo rende una perla. Cosi come leggendo le parole scritte dal nostro traditore ci si immedesima perfettamente in un mondo tutto sommato non troppo dissimile dal nostro, poiché dominato da dinamiche socio-culturali a noi familiari: il manuale ha dentro cosi tanti elementi plausibili che lasciano a bocca aperta. Vi faccio un esempio che basterà a spiegare cosa intendo.

La cinematografia nella Germania nazista è incentrata sull’esaltazione di canoni estetici Ariani e sulla discriminazione di tutto quello che non lo sia.
Da una sceneggiatura dedicata ai bambini scopriamo che tale concezione viene inculcata sin dalla tenera età attraverso cartoni animati e fumetti. Nello specifico la scena vede un povero bimbo ariano terrorizzato dalla possibilità che un ebreo si nasconda nel suo armadio. La mamma interviene per rassicurarlo con una frase che dovrebbe far scoppiare dal ridere la sala dove il film viene proiettato. Recita grossomodo cosi: “ma no, figlio mio, non preoccuparti. Lo sanno tutti che gli ebrei non esistono più!

Tutti ridono! Ma il messaggio è chiaro ed esplica chiaramente la mentalità dominante della popolazione. Per loro è la normalità, tanto normale da poter essere utilizzata come manifestazione di innocenza di un bambino di pochi anni perché, poverino, è normale che abbia paura degli ebrei al pari di fantasmi e mostri sotto il letto, no?
Dopotutto nessuna di questi tre esiste.

Ecco perché posso affermare che questo manuale mi procura Gioia: il mio mondo è umanamente migliore della concreta alternativa rappresentata dalle Forze dell’Asse.

“Se…”

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Se l’articolo ti è piaciuto ti suggerisco la lettura di questa interessante guida tematica dedicata a Sine Requie Anno XIII – seconda edizione.

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This post was published on 8 Ottobre 2017 17:00

Andrea De Bellis

Appassionato da sempre di gioco di ruolo, intervallo per anni la mia vita tra questi, lo studio e il lavoro. Dopo un periodo da giornalista professionista decido di laurearmi in storia, mia altra grande passione. Da qui il passo alla scrittura è breve. Comprendendo come l'intrattenimento non possa essere in alcun modo scisso dal provare emozioni, mi propongo quale recensore emozionale per Player.it, ideando e curando nel frattempo le rubriche "Italy&Videogames", "Interviste Impossibili", "LARP: A Night With...", "Autori di Ruolo: D12 domande a..." e "Spade di Gomma", scrivendo il romanzo "Il diario del dott. Flammini" e ideando e lanciando le rubriche "Venerdì Oldies" e "Recensioni Emozionali", sostenendo sempre quanto sia più interessante parlare di "cosa suscita un titolo quando lo si gioca" piuttosto che l'evergreen "cosa è e come come funziona questo gioco". Il gioco è intrattenimento, l'intrattenimento è emozione, l'emozione è vita.

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