L’idea di parlare di giochi new wave, nome forse improprio come vedremo in seguito, e di old school, mi è venuta dopo i numerosi commenti nati a seguito della mia recensione su Dungeon World sulla pagina Facebook di Sesso Droga e D&D, che l’ha gentilmente ospitata.
Prima di scrivere ho cercato di documentarmi il più possibile e quello che ho desunto dai numerosi topic nei vari forum è che l’argomento risulta piuttosto spinoso e c’è una frattura molto netta fra chi ama i giochi di ruolo new wave e chi gli old school. Personalmente credo che vi sia un unico tipo di gioco ed è quello che ci piace giocare, indipendentemente dalla filosofia che vi sia dietro la sua realizzazione.
Quando ci riuniamo per giocare lo facciamo per passare una serata con dei buoni amici e divertirci insieme, questo aspetto, tra l’altro, deve essere tenuto in considerazione nel design dei giochi secondo il Big Model, che è alla base di molti giochi new wave, forse di tutti.
Detto questo, perché scrivo questo articolo? Semplicemente per offrire spunti di riflessione e far conoscere questi due modi di vedere la nostra comune passione per il gioco, che può essere magari considerata arte nell’accezione di abilità nel creare qualcosa di nuovo attraverso la propria inventiva.
Quindi qui non troverete prese di posizione, se non nel limite della mia interpretazione di ciò che ho letto e che sto tentando di riportarvi, né giudizi di merito. Questa scelta è dovuta alla mia volontà di creare un sano dibattito in chi legge e non far piovere dall’alto un dogma da accettare che definisca ciò che è giusto o sbagliato. Dopo questo lungo preambolo passiamo al cuore dell’articolo.
Definire cos’è un gioco old School non è un’impresa facile, sia perché non stiamo parlando di un argomento scientifico in senso stretto che quindi permette una completa astrazione e oggettivazione di ciò che si studia e di fatto dei confini se non rigidi quanto meno ben delineati, sia perché, da quello che ho letto, non esiste una univoca definizione e molti degli elementi che dovrebbero rientrare secondo alcuni, non vi rientrano secondo gli altri.
Nonostante questo, c’è un elemento che sembra mettere d’accordo tutti quanti ed è la presenza della Regola 0 o System 0. Per giochi basati sul System 0 si intendono quei giochi dove, implicitamente o esplicitamente, viene utilizzata la regola secondo la quale il Master ha l’ultima parola su tutto anche sulla possibilità di modificare le regole se servono al buon andamento del gioco, quindi il Master è il direttore ultimo, passatemi il termine, del gioco.
Già questo primo approccio porta a interessanti dissertazioni su come, seguendo questa regola, il gioco di ruolo sia l’unico gioco in cui si possano cambiare le regole durante una partita. Situazione che in altri casi ne destabilizzerebbe l’esperienza di gioco là dove non impedirebbe proprio la possibilità di proseguire la partita, ed inoltre sarebbe l’unico gioco dove questa cosa sarebbe accettata.
Questa riflessione apre un interessante dibattito che esula dagli scopi di questi articolo e
per questo accennerò soltanto. Il punto della questione verte sulla natura del gdr e se esso sia un gioco come gli altri, in questo caso il System 0 di fatto ne viola la natura permettendo di infrangere le regole di base che tutti i giocatori accettano nel momento in cui si siedono ad un tavolo, come per ogni altro gioco, modificando quindi l’esperienza finale, oppure sia un “tipo” diverso di gioco e per questo non sia soggetto a questa sorta di contratto sociale, legato alle regole condivise, che tutti i partecipanti a una partita normalmente sottoscrivono implicitamente.
Dunque un primo punto per definire un old School è la presenza del System 0, basta questo? Direi di no, quindi veniamo al secondo aspetto che, secondo me, definisce un old school e cioè proprio la necessità del System 0, necessità rappresentata dalla presenza di regole spesso ingombranti e troppo legate alla simulazione.
Per chiarire il concetto basta pensare ad un tipico gdr, al suo interno avremo un’ambientazione che definisce il mondo di gioco dove ci muoviamo ed un corpus di regole che gestisce la fisica del nostro mondo, un motore vero e proprio come quello dei videogiochi, dove sono spiegate le meccaniche per gestire le varie situazioni di gioco, intese come reazione del mondo ad un’azione del PG. Sarà quindi spiegato quanto tempo ci vuole per salire su un albero e i danni che si subiranno cadendo, oppure il danno che fa un arma e la sua gittata in unità di gioco.
Queste caratteristiche non ci sono in un new wave? Dipende dall’esperienza che il gioco vuole trasmettere, come vedremo in seguito. Questa quindi diviene, insieme all’assenza del System 0, la grande discriminante, secondo me, tra i due tipi di gioco.
Quanto influisce il sistema sul gioco? Molto più di quello che si possa credere sia in termini di mondo di gioco che di metagioco, inteso come il complesso di azioni che facciamo al di fuori dello spazio immaginario per gestire le situazioni che si svolgono in esso e ciò che ne deriva in termine di interazioni tra Giocatori, badate bene Giocatori non Personaggi.
Facciamo un semplice esempio. Quattro amici si ritrovano a giocare ad Exalted, un gioco fantasy con atmosfere simili al manga Inuyasha e affini, perdonate la semplificazione ma ai fini dell’articolo basta sapere questo. Durante la partita si preparano ad uno scontro epico a suon di poteri divini ed effetti cosmici, nel momento di sferrare il primo colpo però si scontrano con il sistema che richiede il lancio di un’infinità di dadi, questo crea un bel rallentamento nel gioco, una gran noia nei giocatori e una generale sensazione di disappunto.
Questa che ho appena descritto è una tipica situazione di metagioco, nell’accezione che gli ho dato all’interno di questo articolo. Di sicuro alla maggior parte dei giocatori non piace passare la serata a lanciare dadi, altrimenti consiglio di giocare a Risiko nelle sue varie incarnazioni, appare quindi evidente come l’esperienza di metagioco viene compromessa dal sistema che si utilizza. Il sistema, però, non danneggia solo il metagioco ma anche, come accennato precedentemente, il mondo immaginario.
Pensiamo banalmente alla creazione del personaggio, ogni gioco dà dei parametri di creazione a cui attenersi che ne indirizzano ovviamente il risultato costituendo di fatto un recinto oltre il quale non si può andare. Un esempio banale è il gdr di Warhammer, che a me personalmente piace molto nella sua seconda incarnazione nonostante alcuni bug.
Se date uno sguardo alle tabelle di creazione delle statistiche delle varie razza vi accorgerete che ciascuna di esse è delineata in modo tale che un nano, ad esempio, non sarà mai granché agile, per usare un eufemismo, ma avrà una robustezza tale da divenire quasi inabbattibile, in linea con l’ambientazione? Sicuramente, poco personalizzabile? Direi proprio di si, dato che tra l’altro i tiri per ottenere gli attributi di base sono casuali.
Stesso discorso può essere fatto in altri giochi dove vengono posti paletti fissi che divengono assiomi anche dell’ambientazione, per fare il parallelo con il mondo videoludico, pensate ai vari pseudo gdr dove le possibilità di modifica e di equip del vostro personaggio sono limitati al tipo di personaggio che utilizzate.
Ovviamente il problema, a mio avviso, è nell’eccesso sia da una parte che dall’altra, bisognerebbe evitare sistemi stile l’Original D&D, dove un nano che non sia guerriero non può esistere, oppure giochi techno fantasy dove il rapporto tra magia e tecnologia è gestito così male dal sistema, da rendere di fatto incredibile la sopravvivenza di una in confronto all’altra, nonostante nel setting sia prevista. Dall’altra parte un’eccessiva possibilità di personalizzazione rende poco peculiare ogni aspetto dell’ambientazione. Facendo un esempio grossolano, se il sistema ti permette di ottenere qualsiasi caratteristica si voglia al di là della razza del mio PG, che senso ha avere delle razze che di diverso hanno solo il nome?
Un ultimo aspetto che secondo me accompagna gli old school è il loro più o meno esplicito legame con il wargame e quindi un’area di gioco definita da miniature e mappe. Quando giocate a un gdr e sentite che funziona meglio se usate delle miniature e delle mappe, molto probabilmente è un gioco old school come lo era D&D, poi se preferite questa parte al resto, suggerisco giochi da tavolo come l’ottimo Descent. Per fare un esempio recente, pensate a D&D quarta edizione, è più che evidente che il suo funzionamento senza un tabellone sia duramente messo alla prova, inoltre il fatto che i poteri vertano principalmente al combattimento, non aiuta la parte narrativa intesa come esterna al combattimento, tanto da trasformare una serata di gdr in una di gioco da tavolo.
Quindi riassumendo nei giochi Old School sono presenti:
Qui si conclude la prima parte dell’articolo. Se siete interessati a scoprire cosa siano i giochi new wave potrete leggere la seconda parte dell’articolo qui
This post was published on 12 Ottobre 2017 11:00
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