Diario del dott. Flammini 23 Ottobre 1957 – Parte I
Questa notte non sono riuscito a dormire, ho fatto degli strani incubi e la mano mi fa ancora male. Credo di aver sognato nuovamente quel maledetto incidente anche se non ne sono sicuro. Forse è più una suggestione nata dalla visita di quel luogo dove mi ha portato Raimondo.
Ne trascriverò comunque qualche pezzo cosi che mi rimanga bene in mente.
Ero in un posto molto scuro ed ero seduto. Mi sentivo come legato, i miei movimenti erano rigidi come se fossi bloccato da qualcosa.
Insieme a me sentivo chiaramente la presenza di altre persone, i loro cuori battere, i loro respiri, eppure nessuno si muoveva, come me. Tutti erano immobili, al loro posto…
All’improvviso un odore mi pervade le narici, ricorda molto l’odore dell’amido, lo ricordo perfettamente perché quell’odore nauseabondo lo utilizza la mia suocera per indurire i colletti delle camicie del marito. Ho fatto qualcosa, come per tenere lontano da me quel tanfo, poi un lamento… E infine il silenzio.
Mi sembra come se fosse passasse una eternità, giuro. Poi, all’improvviso, sento provenire un forte colpo dal basso, mi sembrò come se qualcuno avesse dato un calcio alla sedia su cui ero seduto e mi fece ritrovare sobbalzato in aria.
Urla, strilla, lampi di luce. La mia vista era annebbiata, infine il silenzio.
Un ricordo vago di quella casa dove mi portò Raimondo qualche giorno fa; si, l’interno, quelle pareti ammuffite e annerite. Una sala da pranzo ed io che esco nel cortile dove un candido cavaliere bianco corre verso di me e mi soccorre. Poi più nulla.
Devo riflettere su questo, forse è la chiave di tutto.
Anzi, credo scenderò a fare due chiacchiere con il padrone dell’albergo.