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Vampiri: la Masquerade. Il Silenzio degli Innocenti Cappadocii

Il simbolo del Clan

Parlare di Clan quando si ha in mente di intavolare un discorso sui Cappadocii, o Cappadociani che dir si voglia, è molto difficile: sono ancora un Clan? Non sono più un Clan? Sono ora una linea di sangue? Sono semplicemente estinti?

Per poter rispondere a questa domanda dovremmo prima sapere cosa distingue un Clan da una Linea di Sangue. Molti sostengono che la via da seguire sia semplicemente quella che “se questi hanno un progenitore che può risalire sino al Diluvio Universale, allora questo è un Clan“, altri invece ritengono che “se questo ha un membro che possiede la Terza Generazione, allora è un Clan“.

Io invece la vedo cosi: un Clan è un gruppo di vampiri che possiede un proprio Clanbook.

Si, è molto riduttivo, ma questa definizione ci è utile per porre l’attenzione su un punto fondamentale: gli autori ritengono tale stirpe cosi degna di importanza da dover necessitare di un modulo apposito loro dedicato, e questo è proprio il caso dei Cappadocii.

Allorché voi risponderete “ma non esiste alcun Il Libro dei Clan: Cappadocii“. Vero e falso allo stesso tempo; questo esiste ma non è di Vampiri: la Masquerade bensì di Vampiri: Secoli Bui ed io lo possiedo, in italiano, peraltro acquistato ad una somma ridicola: un euro. Uno solo! E dato che per quel che mi riguarda questa stirpe di Vampiri ladri di cadaveri ha segnato la storia del Mondo di Tenebra, ritengo che meritino il loro spazio in una delle mie recensioni.

Per chi non lo sapesse i Cappadocii sono un Clan estintosi il 4 aprile del 1444.
Vi starete sicuramente domandando perché una data cosi precisa: semplice, è questo il giorno del compleanno del Clan Giovanni, nonché il giorno in cui questi hanno ammazzato Cappadocius, l’Antidiluviano del loro stesso Clan, ed hanno iniziato la crociata che ha estinto in poco tempo tutti i loro cuginidal cognome sbagliato.

Ironico come il Clan della Morte sia morto, vero? Ma erano solo questo l’erudita famiglia messa su da Cappadocius? Tutto si riduce a dei silenti Ladri di cadaveri ossessionati da cosa vi sia oltre l’esistenza? No, non è cosi semplice. Questi erano prima di tutto eruditi e consiglieri che per millenni ospito fra le loro fila studiosi, intellettuali, letterati, filosofi, storici, matematici. Ed è grazie a loro, se vogliamo dirla tutta, che buona parte della conoscenza in nostro possesso sono tali perché sono stati costoro trascriverla e tramandarla, nel più totale anonimato e silenzio.

Sfortuna ha voluto che i Cappadocii si siano ritrovati un capostipite più interessato alle cose cose ultraterrene che a quelle materiali e un esito come l’estinzione non poteva che trovare il suo normale svolgimento nel momento in cui si è deciso di accettare tra le proprie fila una famiglia come quella Giovanni. Ma, ancora una volta, è tutto qui? Di nuovo la risposta è sia si che no.

I cappadocii sono si vampiri eruditi e colti ma questo è solo conseguenza causata da una necessità: quella del proprio Antidiluviano, e a cascata della sua stirpe, di trovare un modo per “ascendere al divino“. Avete capito bene: Cappadocius ha creato un intero Clan solo per essere aiutato nella sua ricerca dell’ascensione, di quella che ti spoglia della carne e ti eleva nello spirito a vette di compiutezza che solo un essere paradisiaco può raggiungere. Si, sto proprio parlando di Dio Onnipotente.

Molti ritengono che il piano di Cappadocius fosse quello di Diablerizzare Dio e prenderne il posto, piuttosto ambizioso; io credo, invece, che questi semplicemente volesse Andare Oltre, sperimentare nuovi stati di esistenza e superare quello che noi definiamo “terreno“, elevandosi appunto ad entità ultraterrena. Trasformarsi da Fisica a Metafisica, se volessimo provare a scimmiottare Aristotele visto che tanto di cultura stiamo parlando.

E allora come non concentrarsi ad istruire i proprio figli nella costante analisi della Morte se non per trascenderla?
Come non sbattere la realtà davanti agli occhi degli Infanti già dai primi momenti della loro rinascita causata dall’Abbraccio?

Esempio ne è proprio il protagonista del racconto di apertura de “Il Libro del Clan: Cappadocii” (eh si, come vi ho già detto questo esiste ma ha una i di meno e una l di più, ed io me lo sono assicurato per solo un euro, yeah) che chiameremo “La Salma“, data la sua peculiarità di esser stato sepolto vivo appunto come una salma.

Non sappiamo nulla di questo individuo e sinceramente non ci interessa. Quello che ci interessa è che, contrariamente a tutti gli altri racconti, costui non ci viene mai presentato vivo ma solo dopo essere già stato abbracciato; direi in linea con il Clan della Morte, non trovate? Comunque, quando scopriamo che esiste questi è già un Cappadocio e in qualità del suo status clinico di cadavere è stato, giustamente, sotterrato.

Se ci rifletto mi rendo conto che deve essere stata una esperienza orribile risvegliarsi chiusi in un involucro di pietra, al buio nel più totale silenzio, senza nemmeno più il proprio cuore che batte a farci compagnia, stretto in un sudario.

Questo è il primo pensiero che invade la mente de “La Salma“: il cuore non batte, il sangue è fermo, eppure sono vivo.
Questo è un Cappadociano: una persona che analizza, si pone domande e si da risposte.

La deduzione è semplice: qualcuno, con molta probabilità il suo Sire, lo ha chiuso li dentro ed ora lo lascia riflettere sulla sua nuova condizione, costringendolo a porsi quell’interrogativo. La risposta al quesito noi la conosciamo ma “La Salma” ancora no. Solo il tempo potrà aiutarlo e fortunatamente la sua nuova condizione ne garantirà un bel po.

Con il tempo apprenderà che esistono cose che vanno ben oltre la semplice apparenza, come la vita e della morte, e le scoprirà non solo grazie alla sua lucida mente, motivo del suo Abbraccio, ma anche per gli strumenti innati forniti dal suo sangue: Auspex, la capacità di trascendere le sensazioni umane; Mortis, la peculiare capacità di alterare le leggi della vita e della morte; Robustezza, l’innata resilienza che garantisce al suo possessore di superare la limitatezza di un corpo vivo.

Che Sorpresa deve essere stata trovarsi in quello stato e farsi una domanda simile, e che Sorpresa deve essere stata quella che ha avuto nel momento in cui si è reso conto di non esser solo li dentro ma bensì in compagnia del proprietario di quella bara. Non viaggiate con la mente, non c’è nessuno zombie, solo un cadavere ammuffito e rinsecchito.

E da qui la seconda domanda: Chi mi ha messo qui dentro se questo corpo è morto? La risposta giunge subito: “Il Maestro“, l’essere che in attesa della sua uscita elargire insegnamenti. Costui è insegnante molto pretenzioso, mi azzarderei a dire di quelli che è sopravvissuto alla grande purga operata da Cappadocius quando ha eliminato tutti coloro che erano considerati superflui per il suo Piano a Kaymakli.

Direi che è il momento di fare il professore di storia: Kaymakli è un luogo dove Cappadocius radunò tutti, sottolineo TUTTI, i membri del suo Clan. Qui ha posto alcune domande, tre per la precisione, ad ognuno di loro e ad ogni risposta fornita li conduceva o meno sempre più in profondità. Alla fine il risultato fu che oltre due terzi del Clan venne sigillato nelle viscere di quella montagna e semplicemente dimenticato. Brutale? No, necessario. La sua stirpe si stava imbastardendo e non stava perseguendo più lo scopo: la ricerca… e alcuni nemmeno sapevano leggere e scrivere. Non andava bene. Bisognava fare pulizia e mandare un messaggio: Kaymakli appunto!

Capite ora perché parlo di insegnante pretenzioso quando mi riferisco a “Il Maestro“? Perché costui è sopravvissuto a tale setaccio e ora vuole che il suo infante affini le sue pratiche il prima possibile. La prova che ovviamente quanto affermo è vero risiede nella sua affermazione, quando “La Salma” gli dice che può rimuovere il cadavere che è con lui prima di andar via. Un laconico “No, penso che lo lascerò li dove sta! Magari potrà rispondere a qualcuna delle tue domande…” è l’unica risposta che fornirà, prima che un profondo silenzio diventi il nuovo protagonista della storia.

Il Silenzio della solitudine.
Il Silenzio.
Il Silenzio che si ottiene nelle Notti Moderne quando si chiede qualcosa su questo Clan.

Ciò avviene spesso perché semplicemente nessuno sa di cosa si sta parlando.
Alte volte perché non è bene parlarne.
Qualcuno sta zitto perché non ha interesse a parlare.
Pochi, invece, decidono di tacere consapevolmente perché sanno. Sanno che questo Clan non è estinto ma semplicemente è mutato in differenti forme: Araldi del Teschio. Samedi. Pisanob. Premascine. Gli stessi Giovanni.
Tutti, in un modo o nell’altro, sono dei Cappadocii e tutti continuano ad impegnarsi costantemente nella ricerca di quel qualcosa per cui sono stati scelti e che risiede nella morte, in quel cadavere lasciato li a far compagnia ad un povero imberbe Infante appena Abbracciato.

Già, ma questa ricerca per conto di chi la si sta svolgendo? Lazzarus? Augustu? Japet? Costanza? Lamia? Pochtli? Baron Samedì? …Cappadocius?

E’ questo il Silenzio degli Innocenti: il silenzio assordante che ha accompagnato un Clan lasciato solo a morire quella lontana notte del 4 aprile 1444, nella totale indifferenza del Mondo di Tenebra.

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Se l’articolo ti è piaciuto ti suggerisco la lettura di queste interessanti guide tematiche:

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This post was published on 3 Settembre 2017 17:00

Andrea De Bellis

Appassionato da sempre di gioco di ruolo, intervallo per anni la mia vita tra questi, lo studio e il lavoro. Dopo un periodo da giornalista professionista decido di laurearmi in storia, mia altra grande passione. Da qui il passo alla scrittura è breve. Comprendendo come l'intrattenimento non possa essere in alcun modo scisso dal provare emozioni, mi propongo quale recensore emozionale per Player.it, ideando e curando nel frattempo le rubriche "Italy&Videogames", "Interviste Impossibili", "LARP: A Night With...", "Autori di Ruolo: D12 domande a..." e "Spade di Gomma", scrivendo il romanzo "Il diario del dott. Flammini" e ideando e lanciando le rubriche "Venerdì Oldies" e "Recensioni Emozionali", sostenendo sempre quanto sia più interessante parlare di "cosa suscita un titolo quando lo si gioca" piuttosto che l'evergreen "cosa è e come come funziona questo gioco". Il gioco è intrattenimento, l'intrattenimento è emozione, l'emozione è vita.

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