Oggi parliamo del Clan Lasombra, uno dei due pilastri del Sabbat del mondo di Vampiri: la Masquerade. Prima di iniziare, però, devo fare una premessa: molti di voi sanno che ho un un nome d’arte, Giuliano Pezzini, ma pochi sanno chi sia davvero Giuliano Pezzini.
E’ questo il nome di un mio lontano personaggio giocato ormai più di 15 anni fa. Era un giudice inglese abbracciato da una misteriosa donna, dopo che moglie e figlie furono uccise da una banda criminale di Soho.
Comunque, il succo del discorso è che io mi feci una mia personale idea dei Lasombra: esseri fatti di profondo odio, maestri della manipolazione ed estremamente violenti, imbevuti di cattolicesimo sino al midollo. Non andai molto lontano dalla verità in un certo senso ma ciò che provai quando lessi per la prima volta il manuale fu un senso di sconforto. Mi aspettavo che in quelle pagine fosse racchiuso chissà quale segreto, quale mistero, che tutti i dubbi che mi ero sempre posto come “chi fosse il loro progenitore?“, “da dove arrivassero i loro poteri?“, “perché non si riflettevano?“, insomma tutto quel mistero che orbita intorno a loro venisse infine svelato.
Non fu cosi.
Da quel momento smisi di giocare il Lasombra, sia dal vivo che da tavolo, facendo talune eccezioni limitate al periodo dei Secoli Bui e che comunque non superarono mai il numero di 3 volte.
Perché vi dico tutto questo? Per esprimere tutta la mia delusione provata all’epoca e della mia recente redenzione trovata pochi giorni fa, nel momento in cui ho nuovamente letto questo manuale per poter scrivere questo articolo, e ne sono rimasto folgorato come sulla via di Damasco.
Una nuova personale Estasi, consacrata dalla bellezza di riscoprire qualcosa che non si è colto a suo tempo.
Ricordavo, infatti, poco il racconto posto all’inizio del manuale chiamato “L’oscurità ti reclama“. Rimembravo solo che era una delle poche cose interessanti che lessi all’epoca, eppure avevo dimenticato, o meglio non avevo percepito affatto, il suo continuo messaggio di fede, speranza, redenzione, odio, distruzione e rivalsa. Un qualcosa che da storico non posso che associare alla dottrina catara da cui questo Clan sembra attingere a piene mani.
Una sorta di apologia in cui loro rivestono il ruolo del Male incarnato in terra e in cui la fede in Dio, ovviamente, quella del Bene spirituale posto nell’alto dei cieli.
E’ curioso però come, nonostante il cattolicesimo permei sin nelle radici questo clan tanto da rendere il Sabbat una grottesca imitazione di questo (Vescovi, Arcivescovi, Cardinali, Inquisitori etc.), nel racconto non vi sia mai un singolo riferimento alla chiesa mentre invece ve ne sono molti a Dio, alla Fede, agli Angeli e cosi via.
Ad esempio, più di una volta “Andrew“, l’invalido alla guida del van che ha appena fatto incidente, domanda alla Lasombra che gli si è avvicinata se questa sia un Angelo, perché lui “non ha alcuna voglia di avere a che fare con gli angeli“… Stiamo correndo troppo, andiamo per ordine.
E’ curioso vedere come la White Wolf abbia deciso di ambientare entrambi i racconti dei Clan del Sabbat nel passato; chissà, magari c’è qualche passaggio che mi sfugge.
Comunque, il nostro “Andrew“, che da ora in poi sarà “Il Paralitico“, si è appena ripreso da un incidente d’auto.
I genitori che erano insieme a lui sono morti. La descrizione dei loro cadaveri dilaniati dalle lamiere è struggente e si ha la percezione che “Il Paralitico” si soffermi molto su questo elemento come se volesse sottolineare la caducità della vita.
Lei è “La Congolese“, l’artefice di tutto questo, e sarà proprio lei a rivelarlo a “Il Paralitico” proprio in questo momento con una semplicità come quella con cui si chiede un caffè al bar: “è stato il mio hobby per dieci anni“, rovinarti la vita.
Dieci anni investiti nella distruzione di un individuo, dal primo momento in cui fece il suo primo incidente che lo costrinse su una sedia a rotelle, lungo tutta una discesa infinita verso l’oblio, sino al culmine di questo secondo incidente d’auto che sta ponendo la parola fine alla sua famiglia.
Curiosamente la reazione de “Il Paralitico” è differente da quella che tutti ci saremmo aspettati. Costui cova si odio, è palese, ma non è lo sconforto a dominarlo, assolutamente, anzi, è la sfida, il senso di rivalsa, ad animarlo; le sue continue battute, scagliate in segno di sfida a “La congolese“, lo disegnano quale figura forte e temprata da tutte le storture dalla vita, e divertono la donna poiché sono il segnale che la sua opera sta prendendo forma: tutto quel tempo investito sta generando ciò che lei desiderava, la sua nuova Progenie.
Capite benissimo perché costoro siano i peggiori figli di puttana Cainiti del Mondo di Tenebra e possano tranquillamente affermare di essere LORO il Sabbat, checché ne dicano gli Tzimisce.
Perché sono gli unici ad essere arrivati ala fine di quel lungo percorso di distruzione perpetrato dai loro sire e che li ha resi i CUSTODI della razza dei Fratelli.
Dopotutto questo è IL Clan in grado di imporre la propria volontà con la forza, con le parole e che sa piegare lo stesso Abisso ai propri desideri, e non deve stupire se quando alla domanda “Vuoi accettare il mio dono?” posta da “La Congolese“, l’unica risposta possibile, plausibile e concepibile da “Il Paralitico“ sia un “SI!” perché quel Si! è figlio di dieci anni di inferno in cui quel povero ragazzo in carrozzella è sopravvissuto alla grande, combattendo giorno dopo giorno la sua condizione di “considerato diverso” e che ora si è meritato l’opportunità di scalare la catena alimentare.
Il racconto, proseguendo, guadagna ulteriore sacralità e con un astuto cambio di cornice in cui abbandoniamo le contorte lamiere del furgone e ci spostiamo su un cielo notturno, assistiamo ad una vera e propria Ascensione: le ombre evocate da “La Congolese” si manifestano in tutta la loro forza, squarciano il Van, e avvolgono “il Paralitico” che, in trionfo, viene innalzato al cielo dagli oscuri tentacoli ora perfettamente distinguibili dal buio della notte che lo circonda. L’Apoteosi.
L’Immagine posta sul Clanbook è bellissima, è perfetta a rappresentare il momento e dovrete andare a cercarvela da soli, perché mostrarvela senza il racconto allegato sarebbe un crimine che non voglio commettere.
Posso però dirvi questo: il tratto è appena accennato, quasi più macchie che linee, in primo piano distinguiamo una figura femminile, il male, vestita in abiti palesemente di etnia africana, in secondo piano campeggia una figura umanoide, il bene, che levita a mezz’aria con le braccia tese a ricordare una croce, mentre tutt’intorno macchie nere ondeggiano nell’aere.
Un nuovo Lasombra è nato e merita di essere visto nel suo elemento, quindi recuperate in qualche modo il manuale e dedicate un attimo a questa tavola.
Solo poche righe per farci capire che “Il Paralitico” ancora calca questo mondo e che ha appreso molto da quella notte.
Cosi come “La Congolese“, la sua sire, quella notte gli rivelò di come la sua vita in Africa fosse stata distrutta dagli europei e di come fosse stata abbracciata da uno sconosciuto individuo emerso dagli abissi del mare, ora è il suo turno di introdurre un nuovo Lasombra nel mondo di tenebre, ripetendo quel rito di distruzione e rinascita, quali fossero tutte loro fenici risorte dalle loro stesse ceneri.
Un nuovo individuo ha visto la sua vita distrutta e ascolterà il racconto della nascita del proprio sire, apprestandosi a rinascere quale nuovo Custode del Sabbat.
Un ciclo che continuerà in eterno perché finché esisterà Luce, esisterà Buio.
Fin che esisterà il Bene, esisterà il Male.
Fin che esisterà DIO, esisteranno i Lasombra.
Amen!
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This post was published on 16 Luglio 2017 15:00
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