Quando si pensa alla mitologia greca, la mente corre spesso e volentieri verso l’Odissea e l’Iliade. Vero, la cultura ellenica ci ha regalato tantissimi altri miti di valore, come ad esempio in ordine rigorosamente sparso quello di Teseo, quello di Icaro o, perché no, le innumerevoli scorribande amorose di Zeus, ma è indubbio come siano l’assedio di Troia e il seguente ritorno a casa di Ulisse a catalizzare la maggior parte delle attenzioni e dei ricordi. Molto meno note, anche perché non spesso trattate a scuola, sono invece le avventure degli Argonauti, una cinquantina circa di eroi che, guidati da Giasone, si misero alla ricerca del Vello d’oro. Un’avventura memorabile e colma di personaggi epici, che non è però riuscita a fare completamente breccia come le illustri avventure precedentemente citate.
A provare a rendere onore a tale impresa è stato quest’estate il board game Trial of the Gods, opera di Ludus Magnus Studio e di Diego Latini e Lorenza Pigliamosche che ripercorre proprio la ricerca del Vello d’oro. Un’avventura competitiva da 2 a 4 giocatori basata sulle carte, in cui il cammino dei giocatori si intreccia con quello di dei e creature mitologiche. Dopo svariate partite e imprese titaniche siamo finalmente pronti a parlarvene nel dettaglio.
La prima cosa che balza all’occhio con Trial of the Gods è sicuramente l’imponente confezione in cui è presente tutto il necessario per gettarsi all’interno del board game. I componenti contenuti all’interno della scatola sono del resto davvero molti. Oltre all’immancabile tabellone e alle 4 plance dei giocatori, possiamo infatti trovare più di 40 meeple, oltre 200 carte, circa 150 segnalini e un centinaio abbondante di altri componenti, tra cubi, templi e case delle divinità.
Da segnalare è poi la grande cura con cui sono stati creati, sia in quanto a materiali che all’aspetto stilistico. Tutti i vari meeple, ad esempio, sono in legno, mentre le carte presentano delle illustrazioni davvero apprezzabili e capaci di catturare lo sguardo quando le si osserva. Volendo fare degli appunti, essi sono relativi ai templi e alle plance dedicate ai Mostri, Argonauti Neutrali e alle Olimpiadi. I primi sarebbe stato bello avere anch’essi in legno o plastica e non componibili in cartone, mentre le plance risultano un po’ troppo leggerine e dalla facile incurvatura.
I templi più grandi, conosciuti nel gioco come Case Divinità e che fungono da porta carte, sono poi anche particolarmente voluminosi e non riescono a rimanere tutti all’interno della confezione da montati, richiedendo di essere appiattiti ogni qualvolta si voglia riporli. Operazioni, quelle di montarli e smontarli, che a lungo andare portano a renderli meno resistenti e più proni a piccoli strappi. Si tratta in ogni caso di problematiche su cui non è un gran problema soprassedere vista la grande qualità degli altri componenti del board game.
Come potrete immaginare, dato il numero di contenuti presenti nella scatola di Trial of the Gods, sono svariate le meccaniche che ne governano le partite e anche il setup iniziale non è un qualcosa di immediato. Nel tabellone principale, che mostra un arcipelago ellenico, vengono disposti in ogni isola dei tesori, tra i quali anche i famigerati pezzi del Vello d’oro. Sulla loro sommità a celarli dei templi, con tanto di bonus collegato per chi li controllerà nel corso del gioco.
Dei mostri marini vengono poi disposti nelle zone di mare pericolose, con tanto di plancia dedicata volta ad accoglierli. Dei mostri terrestri e degli Argonauti nemici rappresentano poi altre sfide, anch’esse da porre su plancia e tabellone. In Trial of the Gods trovano poi anche spazio 6 differenti Case delle Divinità, con tanto di carte dedicate, una plancia Olimpiadi e altri mazzi di carte per le varie azioni possibili in gioco.
Ogni singolo giocatore si dota invece della propria plancia, un capitano e due gregari, i meeple del proprio colore, svariati segnalini e una serie di carte, tra cui anche quelle dedicate al capitano scelto e due carte Talento per ognuno dei tre livelli presenti nel gioco da tavolo. Alla fine di tutto ciò posiziona sulla plancia di gioco in una zona di mare esterna la pedina del proprio eroe e si da finalmente inizio alla partita.
Come avrete immaginato, l’obiettivo di Trial of the Gods è quello di diventare l’Argonauta più meritevole tra i vari sfidanti. Per farlo sarà necessario ottenere più punti dei vari avversari nelle diverse sfide presenti nel board game, ossia:
Il tutto nel corso di quattro o cinque differenti turni in base alla modalità di gioco scelta, alla fine dei quali verrà decretato il vincitore della partita.
Ognuno dei turni dei giocatori è poi a sua volta diviso in cinque fasi:
Alla fine dell’ultimo round si contano i punti ottenuti dai vari giocatori nelle categorie indicate a inizio paragrafo e si consegna l’alloro al vincitore.
Dobbiamo essere onesti: le prime partite a Trial of the Gods non sono state semplicissime, anche perché abbiamo provato a coinvolgere pure amici non tra i più esperti di board game. Le numerose meccaniche di gioco, i vari effetti, le diverse condizioni di vittoria da tenere in mente e conseguire hanno reso difatti i primi scontri più dei match di preparazione che altro, nei quali abbiamo consultato spesso e volentieri il manuale tra un’azione e l’altra.
Appena apprese le meccaniche di gioco, il gioco da tavolo di Ludus Magnus Games è però riuscito a divertirci, facendoci immergere in avventure di poco meno di due ore dove abbiamo esplorato l’arcipelago ellenico, sconfiggendo mostri, ottenendo il favore degli dei e recuperando artefatti nascosti.
L’unico appunto che ci sentiamo di fare sul gioco, oltre alla meccanicità iniziale, è relativo alle Olimpiadi. Tale fase, per quanto ben congegnata e dotata di spunti niente male, risulta infatti essere un po’ un corpo estraneo di Trial of the Gods. Un’aggiunta ben fatta, certo, ma che non ha molto da condividere con le altre fasi di gioco e che risulta spezzare un po’ il ritmo e l’immersione dei giocatori all’interno di questa avventura in compagnia degli Argonauti.
Alla fine dei conti Trial of the Gods ci ha divertito e ha saputo regalarci qualche serata in compagnia di amici niente male, anche se ci ha messo un po’ troppo a ingranare. Le meccaniche e le cose da tenere a mente sono infatti diverse e per apprenderle serve ben più di qualche partita. D’altro canto, lo stile artistico, soprattutto delle varie illustrazioni, è davvero meraviglioso, così come è assuefacente immergersi nelle gesta degli Argonauti. Da segnalare qualche meccanica non coesa benissimo con le altre, vedi ad esempio le Olimpiadi, ma per il resto il board game di Ludus Magnus Studio, Diego Latini e Lorenza Pigliamosche è convincente. Non perfetto e non per tutti, ma capace di regalare buone sensazioni insomma.
This post was published on 24 Novembre 2024 12:00
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