Dopo l’horror, il giallo è un altro genere che mi appassiona in modo particolare: sono molto selettiva a riguardo, quindi potrei non essere una grande fan di autori blasonati (non senza merito, sia chiaro) e invece seguirne altri forse un po’ più di nicchia – la cui produzione, tuttavia, non ha niente da invidiare. Danila Comastri Montanari, scomparsa di recente, è per esempio la mia autrice italiana preferite, di cui porto nel cuore l’intera serie dedicata a Publio Aurelio Stazio; la segue a ruota Marion Chesney, in arte M. C. Beaton, la mente dietro l’improbabile detective Agatha Raisin. A proposito di Agatha, non può certo mancare la scrittrice per eccellenza, con la quale ho però un rapporto strano: apprezzo entro certi limiti Miss Marple, in forma scritta, mentre non sopporto affatto Poirot e leggere i romanzi equivale a una tortura, eppure a livello televisivo Geraldine McEwan, Julia McKenzie e David Suchet mi hanno fatto amare i personaggi al punto, se passano in TV, da farmi rivedere episodi di cui conosco l’esito.
Ad ogni modo, proprio Agatha Christie è il modello d’ispirazione per la serie di giochi da tavolo In Giallo, del quale andrò a recensire il primo. Trattasi di un’esperienza investigativa cooperativa durante la quale dovremo metterci nei panni della, in questo caso, giovane Claire Harper per confrontarci con tre misteri apparentemente irrisolvibili, o comunque piuttosto complessi. Ambientati negli anni ’30, questi casi prendono vita e si modellano sulle base delle scelte dei giocatori, che saranno totalmente liberi di decidere come procedere con le indagini ma dovranno tenere in considerazione una sorta di “timer invisibile” dettato dal numero di carte che decideranno di utilizzare nel corso dell’indagine.
Nel complesso, questi primi tre casi si sono rivelati piacevoli da giocare. Non mancano di qualche ingenuità e una costruzione narrativa a tratti incerta ma restano comunque coinvolgenti e, soprattutto, sono accessibili da chiunque. Ho giocato sia con persone della mia età sia con un gruppo misto in cui c’era anche partecipanti molto giovani senza che questo influenzasse l’andamento delle partite. “Il vero delitto è non giocarlo”, recita la pubblicità, e mi trovo d’accordo: non sarà l’esperienza investigativa del secolo ma l’ho trovata perfetta tanto per i neofiti quanto per i più esperti che, magari, cercano una sessione di “defaticamento” da altri giochi da tavolo in generale più impegnativi nelle meccaniche.
Vediamo più da vicino il debutto sulle scene di Claire Harper e come In Giallo potrebbe rivelarsi una valida alternativa per trascorrere una serata di gruppo diversa dal solito.
Cosa c’è dentro la scatola?
Come sempre, diamo uno sguardo generale ai contenuti della scatola, che sono il primissimo elemento a farci intuire la complessità di un gioco e delle sue potenziali regole. In tal senso, In Giallo, è molto essenziale esattamente come il suo regolamento, che vedremo a breve.
Come anticipato, ci sono tre casi da risolvere: per ciascuno avremo tre schede (per il secondo caso, una di queste sarà in forma di depliant), un mazzo da poco meno di sessanta carte e una busta contenente la soluzione. Null’altro. Oltre al regolamento, questo è tutto ciò che ci serve per giocare. Poche cose, come poche sono le regole da mandare a mente. Non fatevi ingannare dal contenuto, perché ogni caso potrebbe prendere ben più dell’ora e mezza indicata sulla scatola: dipende dalle persone con cui giochiamo, oltre a noi stessi, e quanto sono inclini alle congetture. La mia prima partita, ad esempio, è durata quattro ore.
Prima di entrare nei dettagli di come si gioca, mi prendo un piccolo spazio per fare un plauso alle illustrazioni delle carte, che essendo l’elemento principale del gioco sono state trattate con particolare cura: possono rappresentare un luogo, una persona oppure un oggetto (a volte anche una “situazione” come nel caso di impronte) e sono tutte di ottima fattura. Personalmente ho apprezzato in modo particolare i luoghi ma, di fatto, non c’è un elemento che sia trattato con più dettaglio degli altri. A modo proprio, ognuno rimane impresso per la meticolosità delle illustrazioni e dei loro particolari, capaci di richiamare il periodo storico.
Poche ma semplici regole: anche troppo
Com’è ovvio, l’obiettivo di In Giallo è smascherare il colpevole del crimine che viene perpetrato in ciascun caso ma si tratta solo di una piccola parte del nostro lavoro. Il vero compito è ricostruire il caso nella sua interezza e rispondere correttamente alle domande che il gioco ci permette di conoscere fin dall’inizio: in genere sono cinque ma nel secondo e terzo caso ce n’è una aggiuntiva che può aiutarvi a ottenere più punti alla fine della partita.
Esatto, perché consegnare il colpevole alla giustizia dipende dal punteggio accumulato e dovuto non solo alle risposte corrette (in caso contrario non si ottengono punti) ma anche alle tempistiche con cui le abbiamo offerte. Vi ho accennato, nell’introduzione dell’articolo, a un “timer invisibile” dettato dal numero di carte utilizzato. Bene, una volta letta preparato il necessario e letta l’introduzione per avere un’idea di ciò che ci aspetta, siamo assolutamente liberi di condurre l’indagine nel modo che riteniamo opportuno – dopo esserci consultati con gli altri partecipanti qualora ve ne siano, questo perché è anche possibile giocare da soli.
Qualsiasi nostra azione, però, richiede il consumo di una carta a seconda di cosa vogliamo fare. Prendiamo ad esempio il primo caso, “Delitto a Villa Allister“: dobbiamo indagare sulla morte della giovane padrona di casa e per farlo abbiamo buona parte della villa a nostra disposizione da esplorare, nonché un buon numero di persone con cui parlare e diversi oggetti da esaminare. Qualunque cosa decideremo di fare, dovremo pescare la relativa carta e tenerne conto, poiché il punteggio per ciascuna domanda dipende proprio da quante ne avremo usate prima di dare la risposta, si spera, corretta.
Da una a trenta compresa guadagniamo cinque punti; da trentuno a quarantacinque ne otteniamo quattro; infine, sopra i quarantasei sono previsti soltanto tre punti. Il gioco non ci impedisce, una volta data una risposta, di cambiarla in qualunque momento tuttavia va tenuto conto del numero delle carte utilizzate qualora ciò dovesse succedere: se, per esempio, abbiamo stabilito il movente entro le trenta carte ma, indagando ancora, cambiamo idea quando il numero ha superato il primo limite, dovremo abbassare di default il punteggio a quattro in attesa di sapere se la risposta sarà corretta. Qui sotto potrete trovare lo schema, preso dal caso in questione, per farvi meglio capire quanto appena descritto.
Il gioco termina, da regolamento, quando non ci sono più carte indizio. Non è specificato se si possa interrompere prima, forti della certezza di aver azzeccato tutto, e questa è un po’ una pecca perché, al di là che le situazioni possono ovviamente variare, un gruppo particolarmente sul pezzo potrebbe davvero aver concluso il caso ma si troverebbe costretto ad andare avanti per inerzia, in particolare quando manca appena una manciata di carte alla conclusione. Ad ogni modo, una volta finito c’è il calcolo del punteggio che può portare a quattro diverse situazioni: un disastro totale, un’occasione mancata, un caso bene o male risolto oppure un’indagine perfetta. Pur avendo apprezzato la descrizione delle singole risoluzioni, non mi trovo d’accordo con il punteggio che le determina.
Togliendo infatti la soluzione più disastrosa per cui servono zero punti (pressoché impossibili da ottenere), quella successiva in cui si prevede che il criminale la scampi occorre quando si accumulano tra uno e quattordici punti: poiché le domande sono almeno cinque e consumando tutte le carte non si possono ottenere meno di tre punti a risposta, facendo i debiti calcoli va da sé che siamo di nuovo davanti a un fallimento molto difficile a verificarsi. Se un gruppo si accontenta dunque di un risultato non perfetto ma positivo, con il colpevole arrestato, è sufficiente tirare avanti la partita fino all’ultima carta e dare tutte le risposte allora per ottenere in ogni caso una vittoria. Il senso di sfida va dunque un po’ a perdersi, sapendo in ogni caso di poter raddrizzare il tiro prima di decretare conclusa la partita.
Il fatto di sapere in anticipo a quali domande rispondere è, secondo me, un altro fattore determinante in questa critica: se da un lato è vero che concentrarsi troppo su alcune, o anche una sola, potrebbe portare a un eccessivo consumo di carte, dall’altro l’indagine resta comunque abbastanza pilotata nel suo andamento. Arrivare alla fine del caso con l’incertezza di cosa si possa aver risolto e cosa no avrebbe dato un maggior senso alla gestione del punteggio almeno così com’è proposta ma, a mio avviso, l’avrebbe dato anche a carattere generale come esperienza.
Detto questo, però, nel corso della partita ci sono delle condizioni da rispettare sia per avere accesso ad alcune carte sia per avere una maggiore chiarezza di alcuni eventuali indizi scoperti. Ci sono infatti carte che presentano una o più linee di collegamento e possono essere messe a confronto con altre nel caso in cui le avessimo a disposizione: ad esempio, un’impronta può essere affiancata a uno o più personaggi per capire se la misura del piede corrisponde e dunque inserirli o meno nei potenziali sospetti. Nel caso invece di carte speciali bloccate, come il medico nell’indagine a Villa Allister, serve trovare specifici simboli contenuti in altre carte per poter scambiare due parole con lui. Esistono infine situazioni tali per cui, prendendo una decisione anziché un’altra, alcuni percorsi ci sono preclusi: tuttavia è comunque possibile aver intrapreso una determinata strada prima che questa ci sia preclusa e questo depotenzia un po’ il bivio nell’indagine.
Nonostante queste osservazioni, e qualche lieve mancanza nella costruzione dei casi, In Giallo è un’esperienza accattivante e ben realizzata. Senza sbavature avrebbe potuto essere molto di più ma resta un gioco valido sia perché può essere giocato da grandi e piccoli persino all’interno dello stesso gruppo, sia perché a dispetto delle imperfezioni c’è una messa in scena valida e capace di intrattenere molto più dei novanta minuti indicati per ciascun caso.
Conclusione
Forte della semplicità delle sue regole (sebbene a volte un po’ troppo semplici), di una realizzazione estetica delle carte veramente ottima e di una complessiva messa in scena convincente, a dispetto di qualche sbavatura qui e lì, In Giallo è un gioco che ben richiama le atmosfere à la Agatha Christe. Il livello di difficoltà nella media lo rende adatto a chiunque, dai ragazzi agli adulti, e alcune idee come l’accostamento delle carte per finalizzare alcuni indizi sono molto apprezzabili. Il concetto delle carte e relativo punteggio andrebbe un po’ rivisto, o quantomeno la possibilità di conoscere in anticipo le domande si dovrebbe ripensare meglio (se non eliminare), inoltre il fatto di dover tenere il conto di quante ne sono state usate rischia di spezzare un po’ il ritmo. Ciononostante è un’esperienza consigliata per passare una serata diversa in compagnia di amici e parenti, qualcosa che gli appassionati di gialli potranno apprezzare.