James Ernest è un creatore di giochi famoso per l’eccentricità del suo stile nell’ambito dei tabletop game e anche per la comunicazione ironica (e spesso dissacrante) che ha sempre utilizzato per parlare di argomenti di una noia mortale come, ad esempio, le probabilità nei giochi da tavolo.
Nel 2014 Ernest tenne una lezione durante il Gen Con trattando un argomento che avrebbe fatto fuggire un pubblico meno nerd del suo: “Probabilità per i progettisti di giochi, matematica di base”.
Ecco qui di seguito, semplificate e riassunte, le conclusioni che James Ernest condivise con coloro che ascoltarono le sue lezioni e che scoprirono, con notevole sorpresa, che il manuale illustrativo di un gioco da tavolo dev’essere scritto come fosse una relazione sentimentale di lungo corso: ci vuole chiarezza, praticità e bisogna tener viva l’attenzione.
Nessuno ha detto che sia facile.
Come già accennato, ad assistere alla lezione del 2014 a cui faremo riferimento in questo articolo c’erano esclusivamente appassionati e creatori di giochi da tavolo.
La domanda posta in principio e a cui Ernest invita tutti i suoi allievi a rispondere è una domanda quasi filosofica, che incoraggia tutti i game designer del mondo a trovare il proprio posto nel vasto mondo della creatività ludica: che tipo di game designer vuoi diventare?
Le risposte possibili naturalmente sono molte, ma tutto verte intorno a una singola domanda: quanto vuoi far soffrire i tuoi giocatori? Quanto vuoi che “duri” il tuo gioco? Quanto peso vuoi dare al dato prettamente aleatorio nell’insieme delle tue regole?
La teoria della probabilità secondo quanto afferma Ernest fu creata da giocatori con grandi competenze matematiche. Nomi come quello di Blaise Pascal e di un pavese, Gerolamo Cardano (Filosofo, matematico, medico, astrologo e giocatore italiano nato a Pavia nel sedicesimo secolo) hanno contribuito allo sviluppo di questa particolare forma di matematica ludica.
La finalità dei complessi calcoli matematici che i nerd dei secoli addietro hanno cominciato a eseguire intorno a un tavolo da gioco era: comprendere meglio i meccanismi del gioco stesso, migliorare una strategia esistente o metterne a punto una completamente nuova per ottenere i migliori risultati possibili e possibilmente stracciare gli avversari.
Qui di seguito alcuni dei capisaldi della teoria della probabilità per come la conosciamo oggi.
Le probabilità che alcuni eventi si verifichino in una certa sequenza possono essere calcolate moltiplicando le singole quote di probabilità.
Quando si tira una moneta la possibilità che esca “testa” per due volte consecutive è pari al 25%. Questo risultato si ottiene in questo modo: lanciare una moneta implica che c’è il 50% di probabilità che esca testa, cioè 1/2. Lanciare la seconda volta la moneta significa che ci sarà nuovamente una possibilità su due che il risultato sia testa.
Eseguendo l’operazione 1/2 x 1/2 si otterrà 1/4, cioè il 25% di possibilità che uno stesso risultato (testa, nel nostro esempio) si presenti per due volte successive durante il lancio di una moneta.
Due risultati reciprocamente esclusivi sono tali da non potersi presentare contemporaneamente. Per farla semplice, “Piove” o “Non piove”.
I risultati non reciprocamente esclusivi sono molto più interessanti nell’economia regolistica di un gioco da tavolo e la loro probabilità si calcola nel modo seguente.
Tirando 2d10 quali sono le probabilità di fare almeno 10? Almeno 10 implica che almeno un risultato deve essere pari a 10, e nel caso limite entrambi i risultati dei dadi devono essere pari a 10.
Schematizzando, le opzioni per ottenere almeno 10 dal lancio di 2d10 sono le seguenti: 10 – X | X – 10 |10 – 10.
In questo schema naturalmente X può assumere tutti i risultati da 1 a 9, poiché la variabile rappresenta tutte le facce del dado che non siano il 10.
Si può rapidamente calcolare che esistono 9 versioni della coppia 10 – X e altrettante della coppia X – 10. Tenendo in conto la coppia 10 – 10 e sommando il tutto, si ottiene 19. Considerando che esistono 100 combinazioni possibili lanciando 2d10 (10×10), possiamo affermare che esistono 19 possibilità su 100 di fare più di 10 tirando 2d10, cioè il 19%.
Sono risultati che hanno la stessa probabilità di verificarsi rispetto a tutti gli altri compresi nello stesso pool di risultati possibili. E’ il classico esempio delle facce dei dadi: ogni risultato ha la stessa probabilità di essere rollato rispetto a tutti gli altri, cioè una sul numero totale di facce del dado in questione. Questo calcolo, di una semplicità disarmante, è leggermente più complesso quando si lanciano più dadi di uno stesso tipo.
Ad esempio, nel gioco Coloni di Catan, il ladro si muove soltanto quando la somma dei 2d6 lanciati da un giocatore è 7. Quanto spesso si muove il ladro sulla plancia? Per rispondere a questa domanda occorre innanzitutto calcolare che esistono 36 combinazioni possibili nel rollare 2d6 (6×6) e di queste 6 danno un risultato di 7. Considerando che 6 possibilità su 36 equivalgono a 1/6, si può affermare che in media il ladro si muoverà una volta ogni 6 lanci.
Gli eventi statisticamente indipendenti sono risultati che non hanno alcuna influenza reciproca l’uno sull’altro. Nei giochi da tavolo non sono risultati interessanti. Molto più interessante è prendere in esame i risultati statisticamente dipendenti per capire come si influenzano.
Per fare un esempio: pescando due carte da un mazzo da poker, quali sono le probabilità che la seconda carta sia un asso? La proporzione che indica la possibilità che la prima carta sia un asso è 4/52, cioè 1/13. Se dopo aver pescato un asso si pesca una seconda carta, qual è la possibilità che anche questa sia un asso? 3/51, cioè 1/17 ovvero il 5,8%
Se la prima carta non è un asso le possibilità che la seconda lo sia aumentano a 4/51 carte, cioè il 7,8%.
Il valore atteso è la media dei risultati derivanti dal lancio di un certo pool di dadi. Come sanno moltissimi giocatori da tavolo o di ruolo, il risultato medio di 2d6 è 7, cioè 3,5 per dado.
La meccanica del valore atteso è legata a doppio filo ai meccanismi psicologici del gioco d’azzardo, dal momento che potendo scegliere tra un risultato certo di 7 e la possibilità (scarsa) di tirare un 12, un giocatore incallito preferirà sempre tirare una coppia di dadi piuttosto che accontentarsi di un mediocre ma sicuro risultato medio.
Dopo aver fatto una rapida carrellata sulla teoria della probabilità, si giunge al cuore del problema: una volta deciso quali meccaniche sfruttare in un gioco da tavolo che contempli l’uso dei dadi, come e quanto queste meccaniche devono essere illustrate al giocatore?
La riposta è allo stesso tempo scontata e sorprendente: James Ernest consiglia a tutti i game designer di non spiegare tutto ai giocatori all’interno del manuale illustrativo del gioco, ma di fornire sempre qualche nozione sulle probabilità inerenti ai vari tipi di lanci previsti dal gioco. Il modo migliore per comunicare queste nozioni è attraverso esempi chiari e pratici che mettano i giocatori nelle condizioni di elaborare strategie efficaci a partire dalle nozioni ricevute dal creatore del gioco.
Alla lettera, Ernest dice:
Il divertimento viene da un mix di sorpresa e comprensione. Troppa sorpresa e il giocatore si sentirà frustrato. Troppa comprensione e il giocatore si annoierà.
Tutto chiaro, quindi? Se avete appena finito di progettare un gioco da tavolo e state pensando a come scrivere il manuale illustrativo, scrivetelo chiaro come il manuale dell’Ikea, siate rassicuranti, aneddotici e piacevoli come un Harmony, ma non svelate tutto e lasciate qualcosa all’immaginazione, come le commedie sexy all’Italiana.
This post was published on 20 Maggio 2018 16:37
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