Carissimi peoni, questa non è una recensione come tutte le altre. Questo è qualcosa di più personale, di più… intimo. Qualcosa che posso raccontare solo così, solo a voi: all’ombra di una candela, mentre gli esattori delle tasse sono lontani e i miei occhi stanchi possono fingere di dimenticare le cruente e fratricide lotte per il potere, mentre li consumo su questa pergamena. E’ la storia di una tragedia, di una maledizione: di un qualcosa di innaturale, forse blasfemo, che da molti anni sconvolge la mia vita e quella delle persone a me care. E’ la storia di The Great Dalmuti.
Era il 2005. Ero ancora giovane, capelluto, e pieno di fiducia nella vita e nelle persone. Non ero ancora sposato con l’amore della mia vita, ma eravamo già fidanzati, e ci sollazzavamo nella capitale estera facendo le classiche cose che fanno gli innamorati: foto brutte, abbuffate di fish and chips, e ricerche oziose di negozi dall’aria esotica. Fu lì che lo trovammo.
All’epoca non sapevamo ancora che The Great Dalmuti è un gioco di carte non collezionabili pubblicato da Wizards of the Coast nel 1995, basato su un gioco preesistente chiamato Presidente. Il suo autore è lo stesso Richard Garfield che ha inflitto al mondo la mortale piaga di Magic: the Gathering, altra maledizione che all’epoca già portavo con me. Il gioco è per 4-8 giocatori ed è commercializzato per una età da 8 anni in su, cosa assolutamente crudele: nessun minorenne andrebbe esposto all’abiezione e alla violenza raggiungibili al tavolo da gioco di The Great Dalmuti… e nemmeno vecchiette o persone impressionabili, a dirla tutta.
La confezione violacea, con il titolo vergato in un prezioso stile medioevale, ci attendeva nel negozio di giochi londinese che infine scovammo mentre eravamo alla ricerca di vecchi giochi di ruolo. Era anche in fortissimo sconto. Lo acquistammo. Portammo il male con noi, nella nostra casa.
Nella confezione, oltre allo stringato manuale di regole, ci sono 80 carte: 1 The Great Dalmuti, 2 Archbishop, 3 Earl Marshal, 4 Baroness, 5 Abbess, 6 Knight, 7 Seamstress, 8 Mason, 9 Cook, 10 Sheperdess, 11 Stonecutter, 12 Peasants e 2 Jester. Ciascuna riporta il suo valore (da 1 a 12) insieme all’illutrazione.
Durante il gioco, il giocatore di turno può giocare una singola combinazione di carte: tale combinazione può comprendere quante carte vuole dello stesso identico valore, ma nessuna di un valore differente. I Jester valgono come un 13 quando sono da soli, e come le carte a cui si accompagnano quando vengono giocati. Ad esempio, possono essere giocati un The Great Dalmuti e un Jester, oppure 5 Peasants, oppure due Knights: ma non possono, sempre per esempio, essere giocati uno Stonecutter e una Sheperdess insieme.
Il giocatore successivo può quindi giocare a sua volta: ma solo mettendo sul tavolo una combinazione di altrettante carte, ma di un valore inferiore. Ad esempio, può giocare una Baroness (4) sopra a un Knight (6) precedente, ma non viceversa, e non può giocare due Baroness. Allo stesso modo può giocare tre Stonecutter (11) sopra a tre Peasants (12), ma non cinque Stonecutter. Se non dispone di una simile possibilità, deve passare la mano.
La cosa prosegue lungo tutto il tavolo fino a quando nessuno può o vuole giocare nulla: a quel punto, l’ultimo che ha giocato diviene il giocatore di turno, e ha il privilegio di giocare per primo una nuova combinazione di carte iniziale.
Scopo del gioco è liberarsi di tutte le carte della propria mano prima di ogni altro giocatore. Chiaramente, cercare di essere colui che mette giù una combinazione non più contestabile perché troppo bassa di valore o troppo numerosa di elementi è molto vantaggioso, perché consente di giocare quel che si vuole nella mano successiva in cui si giocherà per primi. Questo apre la strada a una infinità di calcoli di convenienza, e di congetture su chi avrà o meno le carte in grado di batterci.
Il gioco nasconde molte altre insidie. Prima della prima partita vengono determinati casualmente alcuni ruoli sociali: chi estrae la carta migliore sarà The Great Dalmuti, chi ha la seconda migliore sarà The Lesser Dalmuti (subito ribattezzati al mio tavolo Re e Vicerè); i due con le carte peggiori saranno Greater Peon e Lesser Peon (“Peone e Gran Peone”). Tutti gli altri giocatori saranno Merchants, i Mercanti.
I giocatori si siedono in ordine di rango, partendo dal Great Dalmuti, e procedono ai Commerci e alla riscossione delle Tasse. I Mercanti possono scambiare una singola carta con un’altra singola carta fra tutti loro, il che significa che se sono in numero dispari uno di loro sarà sicuramente fregato. Il Greater Peon consegna come Tasse al Great Dalmuti le sue due carte migliori, ossia quelle con il numero più basso, e ne riceve due a discrezione del Great Dalmuti. Il Peon consegna al Lesser Dalmuti la sua carta migliore, e ne riceve una a discrezione del Lesser Dalmuti.
Già questo dice molto del gioco, ma che dico del gioco, della sanguinosa arena che si sta scatenando. La sopraffazione del forte sul debole, del Re sul Pezzente è tangibile, palpabile… come è palpabile l’odio e il risentimento del popolino, costretto a privarsi delle proprie carte migliori.
E non è tutto! Il gioco suggerisce di entrare nei ruoli durante il gioco: i Dalmuti possono essere benevoli o spietati, i Peon sottomessi o ribelli, e i Merchants leccare i piedi dei potenti feudatari o parteggiare per il proletariato. Le regole opzionali propongono alcune interessanti variazioni sul tema, come destinare ai Dalmuti le sedie più comode della stanza, o assegnare oggetti per sancire lo staus quo: coroncine per i Dalmuti, cappelli di paglia per i Peon…
Ma qui arriva la vera perversione di The Great Dalmuti. Quando la partita termina, il primo a esaurire le carte vince e soprattutto diviene The Great Dalmuti della partita successiva! Il secondo a esaurire le carte diviene il Lesser Dalmuti; gli ultimi due, il Lesser Peon e il Greater Peon; mentre tutti gli eventuali giocatori in mezzo saranno i nuovi Merchants.
Lo so che state sorridendo, sogghignando con sufficienza a questi miei avvertimenti. Certo, siete veterani, voi. Ne avete viste di cotte e di crude al tavolo da gioco, non siete certo gli ultimi arrivati che scambiano le loro prime pecore a Coloni di Catan.
Folli.
Nulla può prepararvi a ciò che si scatena al tavolo durante una lunga serata o un pomeriggio passati a giocare a The Great Dalmuti. Avete mai visto la stessa persona pescare l’1 per dieci volte di fila? Avete mai visto il compiaciuto gongolare di qualcuno che diviene The Great Dalmuti ancora, e ancora, e ancora, saccheggiando le mani del Greater Peon nella migliore e più comprensibile allegoria della violenza feudale del forte sul debole, e tramite tale furto mascherato da tasse perpetuare la sua posizione di vantaggio per altre partite ancora?
Avete mai avuto una combinazione di carte ottima ma resa inservibile dalla sequenza delle giocate altrui, in una spirale di disperazione e invocazioni blasfeme che vi conduce a essere il nuovo Greater Peon?
Provate, provate voi, a giocare di prima mano otto Stonecutter, o a battere tre Peasants usando tre Earl Marshal, e poi venitemi a dire come vi chiameranno i vostri più stretti amici, più amati parenti. Ho visto scene… ho udito cose… no, no, non posso riferirvelo. Non posso. Non sarebbe giusto.
Avevo una sola consolazione: io e i miei amici eravamo ormai perduti, certo, per sempre avvinti in un vortice inestricabile di reciproca malevolenza e conti in sospeso che si rinnova a ogni incontro da anni e anni… ma il gioco è ormai vecchio, raro, e venne ristampato solo una volta nel 2005, quindi gli sarebbe stato impossibile mietere nuove vittime.
Mi sbagliavo.
Come quando l’assassino viene ucciso… ma inspiegabilmente torna dalla tomba per mietere nuove vittime; come quando il portale oscuro sembra chiuso… ma il Grande Antico lo varca ruggendo, sconvolgendo le menti di chi provava a fermarlo… così è arrivato The Great Dalmuti: Dungeons & Dragons, a distruggere amicizie e turbare ritrovi ludici con il suo inesauribile pozzo di nefandezza. Annunciato ad Agosto 2020, è arrivato nei negozi il 17 Novembre 2020, in tempo per festeggiare i venticinque anni dall’uscita del gioco originale. Le illustrazioni di questa edizione sono realizzate superbamente da Harry Conway e mostrano una sequenza di creature celebri come la gorgone, il drider, il coboldo e il mind flayer.
Ecco. E’ tutto. Ora sapete, e potete scegliere se scendere anche voi nell’abisso del feudalesimo, della violenza e della sopraffazione più estrema, portandovi dietro amici e parenti… o resistere, come non ho saputo fare io.
La scelta è vostra.
Solo, poi non dite che nessuno vi ha avvisato.
This post was published on 3 Dicembre 2020 11:39
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