Genova, giugno 2019.
All’interno di un palazzetto dello sport si sta tenendo la terza edizione del “GiocaCon il Nostro Tavolo”, un evento creato dai nostri amici del blog Giochi sul Nostro Tavolo, i quali mettono in piedi una giornata fatta di giochi, scambi, aste e goliardia. In ogni edizione sono stati presenti – oltre ai lettori del blog – anche diversi editori, con appresso nuove uscite e succose anteprime.
Nell’edizione dell’anno scorso, immersa in un caldo infernale aggravato dalla totale assenza di vento (cosa più unica che rara in Liguria), ho incontrato il mio amico Christian, presidente di Dimensione Arcana, l’associazione ludica italiana che più mi sta a cuore.
Con lui passo tutta la giornata a cimentarmi in giochi di ogni tipo: da gestionali pesanti al Crokinole, da Couleurs de Paris a Ricochet Robots, finché a un certo punto ci troviamo seduti a un tavolo circondato da mostri sacri della divulgazione ludica.
Cinque giocatori che fissano un gioco ancora inedito in Italia, ma che presto sarebbe stato portato in terra nostrana da Raven Distribution.
E quindi, oltre a Christian (che conduce podcasts de La Tana dei Goblin), Agzaroth (capo redattore della già citata tana) Andrea detto “Dado Critico” (blogger Torinese) e TeOoh di Recensioni Minute, c’è un povero pirla che da poco ha iniziato a scrivere per player.it.
Quella fu la mia prima partita – ma non l’ultima – a Tiny Towns, gioco di Peter McPherson da 1 a 6 persone, pubblicato in Italia da Raven Distribution.
Dopo aver sorteggiato gli edifici presenti in partita (uno per ogni tipologia) a ogni giocatore viene consegnata una plancia e due carte Monumento, delle quali ne conserva solo una.
Il giocatore di turno quindi chiama una risorsa (tra legno, grano, mattoni, pietra e vetro), e ogni partecipante al tavolo è obbligato ad ottenere un cubetto di tale risorsa, da posizionare immediatamente su uno spazio libero della propria plancia. Quindi, simultaneamente, ogni giocatore può costruire un edificio di cui possiede i materiali da costruzione disposti nella maniera corretta.
Ogni struttura, infatti, richiede una combinazione diversa di materiali, organizzati seguendo lo schema presente sulla relativa carta. La disposizione è considerata valida anche se ribaltata o ruotata. Per costruire un edificio, un giocatore deve rimuovere dalla propria plancia i relativi materiali e posizionare il segnalino della nuova costruzione in uno dei quadrati precedentemente occupati dalle risorse appena spese.
Inevitabilmente, con il proseguire del gioco, alcuni giocatori si ritroveranno con la plancia satura e senza possibilità alcuna di costruire. Essi hanno effettivamente finito di giocare, e salteranno i loro turni finché tale destino non sarà (in breve tempo) condiviso da tutti i partecipanti al tavolo.
Infine, ogni giocatore somma i punti ottenuti dagli edifici (compreso il proprio Monumento, se è riuscito a costruirlo), sottraendo un punto per ogni spazio della propria città senza alcun edificio sopra. Chi ha più punti vince!
Tiny towns mostra al pubblico un lato particolarmente dolce di sé grazie a colori vivaci, solidi edifici in legno e carte molto accattivanti.
Tuttavia, il gioco è incredibilmente cattivo: l’organizzazione del proprio tableau, nonostante possa sembrarlo, non è affatto la parte più importante dell’intera esperienza, quanto piuttosto riuscire a capire quali sono i materiali di cui solo tu e pochi altri giocatori avete bisogno per evitare di chiamare le risorse più comuni.
Un solo posizionamento errato (o ricevere un materiale inutile nelle fasi avanzate della partita) può compromettere completamente le proprie chance di vittoria: non c’è alcun rollback, nessun modo di mitigare gli errori fatti. Spesso inoltre possono concatenarsi richieste consecutive della stessa risorsa, generando allo stesso tempo odio e gioia su tutto il tavolo.
Durante la partita a Genova é stato incredibile notare come Tiny Towns abbia completamente diviso i giocatori in una miriade di emozioni diverse. Christian, ad esempio, non è rimasto soddisfatto, bollando Tiny Towns come un giochino che non avrebbe giocato spesso.
Teo invece ha subito riconosciuto la cattiveria del gioco, approfittandone per chiamare risorse che avrebbero potuto contemporaneamente dargli un vantaggio e mettere zizzania nelle plance avversarie.
Agzaroth lo etichetta come “simpatico“.
Dado, invece, ogni volta che prendeva un cubetto in mano lo fissava intensamente nella speranza che fosse quest’ultimo a dirgli dove piazzarlo. Penso di aver visto delle equazioni differenziali uscire dalla sua testa.
Ed io, beh, mi sono divertito da matti.
Tiny towns è un filler che però può raggiungere la profondità e la cattiveria di un gioco da due ore a partita.
Non è adatto a tutti, è necessario avere un po’ di intelligenza spaziale e comprendere che questo gioco non perdona errori fatti alla leggera.
Una problematica che si può riscontrare in Tiny Town è la seguente: se ci sono molti giocatori che seguono la stessa strategia di gioco, essi tendono naturalmente ad aiutarsi a vicenda grazie alla chiamata delle risorse, rendendo quindi molto più difficoltosa la partita per gli altri giocatori, bisognosi di materiali diversi.
Questa situazione è mitigata sia dalle carte Monumento (che richiedono materiali e configurazioni estremamente differenti), sia dalla modalità alternativa “Municipio”, che alterna due chiamate di materiali casuali (ottenuti da un mazzo di carte raffigurante questi ultimi) a un round di chiamate “standard”.
Insomma, se siete amanti degli smart filler e non siete preda di facili impeti di rabbia, Tiny Towns fa sicuramente per voi.
Se invece spesso vi prendono fuoco i capelli come Ade, beh… Abbiate l’accortezza di giocare con qualcuno che conosca la manovra di Heimlich.
Fare ingoiare agli avversari dei cubetti cosí grandi potrebbe essere pericoloso.
Ringrazio Raven Distributions per la copia di review.
This post was published on 1 Ottobre 2020 11:28
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