Parto subito con una premessa: posso dire di essere un fan di Star Wars, ma non di esserci cresciuto assieme come molti miei coetanei han fatto.
La mia prima visione di un film di questa saga è stata alla non-troppo-tenera età di tredici anni, al cinema, con l’uscita di Episodio III: La Vendetta dei Sith. Accompagnai diversi amici, tutti aventi alle spalle la visione dei cinque titoli precedenti.
Non capii praticamente nulla: durante l’intera proiezione non feci altro che chiedere chi fossero i buoni e chi i cattivi, cosa diavolo fosse l’Ordine 66, perché quel robot avesse un po’ troppe braccia e una curiosa ossessione per le spade laser, e così via.
Per fortuna, dopo quella esperienza tanto confusionaria quanto intrigante, recuperai gli episodi precedenti, rimanendo stupefatto dalla qualità dei prequel e a dir poco interdetto da quel mezzo abominio di Episodio I.
No, non accetto discussioni a riguardo.
Sì, se fosse possibile dimenticarlo lo farei volentieri.
Negli ultimi anni sono sempre andato al day one di ogni nuova uscita della trilogia sequel. Il copione della mia esperienza era costante: inizialmente pieno di speranze, poi disturbato dalla qualità del film durante la visione, e poi distrutto dalle aspettative non rispettate.
Tuttavia, non posso negare che la magia che permea l’universo di Star Wars è qualcosa che difficilmente ha eguali, così come la capacitá di generare amore o odio nei confronti dei vari personaggi ogni riferimento a Han Solo o Jar Jar Binks è puramente casuale.
Ho seguito con interesse la nascita di diversi giochi da tavolo che sfruttano questa intellectual property, nonostante non abbia mai avuto modo di provare: X-Wing, piuttosto che Rebellion o Assalto Imperiale.
Il gioco di cui parliamo oggi, dirò la verità, a prima vista non mi ispirava affatto. Mi sembrava esageratamente caotico, un esempio del “troppo che stroppia” tipico della Fantasy Flight Games, con una valanga di carte tutte diverse tra loro e una marea di stramaledetti dadi, con tutta l’alea che baldanzosamente si portano appresso.
Eppure, grazie all’insistenza non troppo velata della cara Linda (chiamata anche “te lo avevo detto che quel gioco sembrava bello”), sono riuscito a provarlo durante il Lucca Comics and Games dell’anno scorso, per poi giocarlo con più calma durante i mesi pre-lockdown.
Sono quindi qui per parlarvi di Orlo Esterno, gioco di Corey Konieczka e Tony Fanchi per 1-4 giocatori, pubblicato in Italia da Asmodee.
Dopo aver composto la mappa come se fosse un puzzle adatto a bambini in tenera età (e averla riempita con i segnalini pattuglia e i segnalini contatto), ogni giocatore riceve una carta personaggio, una plancia giocatore, una nave base e dei crediti iniziali.
La plancia giocatore serve ad organizzare tutti gli averi del giocatore, nonché il suo valore di fama e la reputazione nei confronti delle quattro fazioni sparse per l’Orlo Esterno.
Infine, si suddividono le carte tra quelle relative al mercatino (che ospita oggetti acquistabili, migliorie per la nave, carichi da consegnare, lavori da effettuare o taglie sui contatti), gli incontri (che avvengono sui pianeti o nei pressi delle boe di navigazione) e il mazzo della Banca Dati (che contiene le carte che narrano gli eventi per la risoluzione di incontri e lavori).
Ogni giocatore, a turno, svolge tre passi:
Il movimento è libero tra pianeti e boe di navigazione, ma deve interrompersi nel momento in cui si raggiunge il Maelstrom o una pattuglia appartenente a una fazione con cui abbiamo una reputazione neutra o negativa.
Nel passo delle azioni si possono scambiare attrezzature con giocatori nello stesso luogo, consegnare carichi e taglie, oppure comprare oggetti dal mercatino (eventualmente spostandone una carta in fondo al relativo mazzo per sostituirla con qualcosa di probabilmente più succulento). Ottenere oggetti potrebbe insospettire le pattuglie, che in tal caso si muoveranno in direzione dell’acquirente.
Infine, gli incontri possono essere svolti tramite le carte (che mostrano svariate situazioni in cui il personaggio incappa) oppure tramite i contatti (ossia i personaggi che si incontrano sui vari pianeti, con i quali si potrebbe instaurare un rapporto lavorativo, o ai quali si regalano un bel paio di manette o un buco in testa a causa della loro succulenta taglia). In alternativa si può combattere con la pattuglia sulla nostra stessa casella, opzione obbligatoria se non siamo affatto in buoni rapporti con la relativa fazione, oppure provare a svolgere un lavoretto che ci siamo precedentemente accaparrati.
I combattimenti e le prove di abilità si risolvono tramite tiri di dado. Nel primo caso entrambe le parti tirano tanti dadi quanta la loro forza (della nave se si sta effettuando un combattimento aereo, altrimenti del proprio personaggio) e infliggono tanti danni all’avversario quanti i successi ottenuti. Per le prove di abilità, invece, si controlla se tra le competenze del proprio personaggio e dell’equipaggio ci sono quelle necessarie a una buona riuscita dell’impresa: più si è predisposti, più saranno comuni i risultati dei due dadi che tireremo porteranno a un nostro successo.
Molti eventi durante il gioco porteranno a un incremento della nostra fama: consegnare carichi di contrabbando, piuttosto che risolvere taglie particolarmente insidiose, oppure portare a compimento gli obiettivi del nostro personaggio o della nostra nave. Chi per primo raggiunge i dieci punti fama è il vincitore.
Voglio ora dividere la recensione del gioco in due parti completamente distinte: cosa significa questo gioco per un appassionato di Star Wars, e cosa può dare a chi non ne sa assolutamente nulla.
Partiamo con le domande piú banali.
Il gioco funziona? Sì, assolutamente.
La casualità dei dadi ha un’importanza preponderante rispetto a una valida pianificazione del proprio turno e della propria strategia? No, l’alea può essere mitigata tramite le abilità dei personaggi, dell’equipaggio, della nave e delle carte equipaggiamento. Il fattore fortuna si sente di più sulle carte del mercatino, in quanto alcuni personaggi sono strettamente legati ad alcune strategie – e quindi ad alcuni benefit presenti su certe carte – ma anche questa aleatorietà è gestibile tramite la possibilità di rimpiazzare una carta dal mercatino stesso prima di un acquisto.
Ma soprattutto… Mentre gioco, mi sento dentro all’universo di Star Wars?
Se intavolo un titolo del genere io voglio sentirmi dentro all’Orlo Esterno, in carne ed ossa. Voglio essere la peggio feccia dell’universo. Voglio immedesimarmi in un contrabbandiere se va male, o in un cacciatore di taglie se va peggio.
Sí. Orlo Esterno mi avvolge completamente nelle opere di Lucas, fin dal momento in cui prendo la carta personaggio. E vedere che Han Solo parte con la reputazione Hutt sotto le scarpe, o che Lando Calrissian fa del carisma il suo punto forte, non puó che strapparmi un sorriso.
E lo stesso vale per le navi acquistabili durante il gioco: se sono Boba Fett io voglio comprare una Firespray-31, e voglio assolutamente completarne l’obiettivo per farla diventare la mia amata Slave I.
Da questo punto di vista, quindi, il gioco vale la candela già solo per le emozioni che trasmette, per la storia che racconta e per l’universo che riesce a rappresentare in maniera encomiabile.
Ma cosa succede se facciamo giocare questo gioco a uno che di Star Wars non sa proprio nulla (al punto di chiamare Chewbecca “quello peloso”)?
Entra in campo Alessandro, ex collega che un minimo inorridisce alla vista di Orlo Esterno apparecchiato sul tavolo. Non solo è talmente ignorante sul tema da rischiare di non saper riconoscere Yoda da Darth Vader, ma Alessandro è anche un giocatore dai gusti difficili: gli piacciono giochi strategici, ma non se l’obiettivo da porsi sembra troppo lontano al momento di inizio partita.
Insomma, lui ha bisogno di essere continuamente appagato: ad esempio, apprezza Azul perché riesce a fin da subito a creare parti di mosaico e a crogiolarsi nella resa cromatica, ma non Scythe, perché appena partiti vede troppo lontana la vittoria.
Farlo giocare a Orlo Esterno è stato quindi un tentativo azzardato, ma… Incredibilmente riuscito.
Non conosceva le storie dietro a ciò che succedeva nel gioco, ma gli è bastato sapere che interpretava un contrabbandiere in un setting spaziale per immedesimarsi. Non aveva idea di chi fosse Han Solo, il suo personaggio, e nemmeno del perché abbia potuto arruolare Chewbecca gratuitamente una volta incontrato, ma ciò non ha reso quel momento meno speciale.
In conclusione: Orlo Esterno è un gioco che mi ha sorpreso – nonostante lo stessi mal giudicando già dalla copertina – e del quale non mi è passata la voglia di giocare, grazie anche alla mia curiosità, alla voglia di scoprire quali altri eventi possono accadere e quanti camei posso trovare.
Lo consiglio senza riserva agli appassionati di Star Wars che vogliono un gioco non particolarmente pesante, ma comunque immersivo e coinvolgente, anche se alla presenza di persone come Alessandro.
Con un po’ di fortuna potrebbero essere spinti a guardare i film.
Rigorosamente a partire da Episodio IV, mi raccomando…
… E magari saltando Episodio I.
Ringrazio Asmodee Italia per la copia di review.
This post was published on 29 Settembre 2020 14:10
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