Da quando ho scritto la recensione dell’edizione in inglese di Brass: Lancashire (fratello maggiore del gioco odierno) la biodiversità ludica in Italia si è evoluta incredibilmente. Complice anche la capacità di Ghenos Games di accaparrarsi localizzazioni incredibili, quasi insospettabili.
La coppia Brass: Lancashire e Brass: Birmingham è probabilmente l’esempio più lampante di ciò. Non sembrava esserci speranza per l’edizione nostrana di un grande classico e della sua versione – a detta di molti – migliorata. Tuttavia (e per fortuna) siamo stati smentiti dai fatti.
Oggi ho una missione: voglio assolutamente trovare un difetto al gioco che attualmente occupa la quinta posizione nella classifica di BoardGameGeek, per mettere al bando tutte le voci che denunciano una propensione al sensazionalismo da parte di noi poveri recensori. Parliamo quindi di Brass: Birmingham, gioco da tavolo di Gavan Brown, Matt Tolman e (soprattutto) Martin Wallace da due a quattro giocatori, portato in Italia da Ghenos Games.
Confermo: la stragrande maggioranza di regole e meccaniche di Brass: Birmingham si può riconoscere tra le caratteristiche di Brass: Lancashire.
Per questo motivo (e per non rischiare di avere due recensioni in gran parte simili tra loro) vi consiglio di andare a leggere la recensione di Brass: Lancashire, in quanto qui esporrò solo le differenze principali.
Inoltre, penso sia comodo conoscere il terreno fertile su cui il titolo odierno pone le sue (solide) fondamenta.
Ecco cosa c’è di diverso in Birmingham.
Tutte le merci vengono vendute seguendo le stesse regole, ma l’azione stessa di vendita è completamente rinnovata. Infatti…
La vendita avviene solo ed esclusivamente tramite le città che contengono i Token Mercante: essi indicano il tipo di merce che tale città è pronta a ricevere.
C’è un token che raffigura tutti e tre i tipi di merce, così come diversi token che non ne raffigurano alcuna. Essi sono posizionati a caso a inizio partita, con la possibilità quindi di rendere una città completamente vana al commercio.
Per girare una tessera relativa a un bene commerciale essa dovrà essere collegata a una città che possa comprare tale bene, senza dimenticare che bisognerà – a volte – suggellare il patto con… Una bella pinta di birra.
La birra è un nuovo tipo di risorsa, che si pone a metà tra il ferro e il carbone: quella derivante dai propri birrifici può essere utilizzata senza necessità di collegamenti (come se fosse ferro), mentre quella di proprietà altrui dovrà essere trasportata (esattamente come il carbone).
Ogni birrificio produce un barile di birra se lo si costruisce nell’era dei canali, altrimenti due. Essi vengono girati quando non hanno più barili su di essi.
Come preannunciato, la birra serve durante alcune vendite. In tal caso si possono usare anche i barili già presenti nelle città con cui si commercia, ottenendo in cambio un piccolo bonus.
Infine, la birra è un costo aggiuntivo per costruire due collegamenti ferroviari in una sola azione.
Non si possono più usare entrambe le azioni di un turno per eseguire una costruzione ovunque si voglia. Tuttavia, l’azione Spionaggio permette, scartando due carte qualsiasi, di ottenere una coppia di carte Jolly: una di tipo Industria e una di tipo Città.
Non c’è più scelta a riguardo: si ottengono sempre trenta sterline scendendo di tre slot sul tracciato della rendita.
Inoltre, la partita inizia con sole 17 sterline nelle proprie casse.
Le modifiche quindi non sono molte, e alcune sembrano rendere il tutto più immediato (soprattutto per quanto riguarda la comprensione del regolamento).
Tuttavia, l’impatto che hanno sul gioco è enorme, e le dinamiche al tavolo cambiano notevolmente: Birmingham da molta più libertà di scelta al giocatore, lo mette di fronte a situazioni ampie e difficilmente calcolabili sul lungo termine, e lo fa sentire ancor di più in competizione con gli avversari.
Molto più che in Lancashire, le azioni vanno pesate non solo considerandone il valore intrinseco, quanto il timing con cui vengono eseguite. La birra, infatti, aggiunge un‘interazione tra i giocatori che rasenta pericolosamente quella di tipo diretto.
Costruire un birrificio per poter vendere le proprie merci quando la birra già presente sul tabellone è finita, infatti, potrebbe portare all’utilizzo di tale bene da parte dei propri avversari con conseguenze disastrose: un picco di punti vittoria per loro, e un misero birrificio girato per noi.
Come già detto, Birmingham da molto più spazio al giocatore, permettendogli un numero molto alto di azioni disponibili ogni turno, con conseguente difficoltà a ragionare sul lunghissimo termine (considerando, oltretutto, il punto precedente relativo all’interazione tra giocatori, che aumenta di gran lunga l’incertezza sul successo dei nostri piani).
La semplificazione di alcune azioni, quindi, si è resa necessaria per non aggiungere ulteriore complessità a un titolo che si espone molto di più a un approccio in profondità rispetto al precedente (già assai difficile da esplorare).
Siamo finalmente arrivati al punto in cui devo completare la mia missione: trovare un difetto a un gioco apparentemente perfetto.
Mi sembra giusto pesare le recensioni sul target al quale il prodotto si riferisce: Brass Birmingham è pensato per giocatori di veri e propri cinghiali, calcolatori, germanacci indefessi, che rabbrividiscono all’idea di maneggiare un componente che non sia in legno.
Persone che apprezzano la strategia, la pianificazione, l’interazione limitata e mai totalmente distruttiva, e che non si lamentano troppo del giocatore afflitto da paralisi da analisi (a cui questo titolo porta con facilità).
Individui che trovano nell’alea e nella casualità il demonio stesso, e che possono tollerarla solo se facilmente maneggiabile – o comunque malleabile.
Ecco, per questo gruppo di giocatori, per coloro a cui consiglio Birmingham, il difetto è…
Inesistente.
E lo dico dopo aver fatto più partite, aver visto diverse strategie dipanarsi di fronte ai miei occhi, averne parlato con più persone, aver cercato con il lanternino una caratteristica che fosse un deal-breaker per l’acquisto di questo gioco da parte di una persona in pieno target. Non riesco a trovarne un difetto.
Smagliature magari, sì, come la predisposizione alla paralisi da analisi o la minuscola, infima, irrisoria possibilità di non riuscire ad essere in partita a causa delle carte. Ma non difetti.
Brass: Birmingham prende l’eredità di Lancashire e con essa diventa un gioco nuovo e migliorato, che accontenterà tutti gli amanti del genere. Porta con sé una longevità notevole, un aspetto estetico paragonabile a quello della nuova edizione di Lancashire, e una voglia di rigiocarlo – nonostante la lunghezza non banale – incredibile.
Ringrazio Ghenos Games per la copia di review.
This post was published on 3 Febbraio 2020 13:30
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