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Giochi da Tavolo

Recensione U-boot | We all live in a German submarine

The risk I took was calculated. But man, I’m bad at math.

Questa è la sensazione che mi porto dietro cominciando a scrivere questa recensione. Quando mi sono approcciato ad U-boot per la prima volta l’ho fatto con l’estremo entusiasmo di chi si aspettava un’esperienza nuova, diversa dal solito, ed era pronto a tuffarcisi a capofitto.

E mi sono ritrovato di fronte esattamente quello che mi aspettavo. Una mole di informazioni enorme, idee classiche ma applicate a in un modo che nella mia carriera di giocatore non avevo ancora esplorato. Mi sono ritrovato di fronte a una ricostruzione dettagliata, quasi maniacale, di concetti e situazioni prese da un contesto storico assolutamente reale, ma per forza di cose a me completamente alieno.

U-boot, la mastodontica opera ludica di Artur Salwardoswsky e Bartosz Pluta, pubblicato in italia dalla Cranio Creations, mi ha costretto a una lunghissima riflessione volta a capire a che punto ero della mia carriera di giocatore, nonché di recensore. Non tanto perché ci troviamo di fronte a un gioco unico nel suo genere, ma perché un gioco di questa complessità “apparente” (vedremo più avanti perché la definisco tale) rende estremamente complicato comprendere dove andarlo a inserire nelle proprie abitudini ludiche, e soprattutto a chi consigliarlo e perchè.

Se state leggendo questo articolo oggi, a ormai molti mesi dall’uscita, sarete stati portati qui non dall’hype o dal desiderio di trovare la spinta a comprare il gioco di cui tutti stanno parlando, ma da una scintilla di interesse scaturita da informazioni sparse, da impressioni raccolte nel tempo, ma mai concretizzate nella possibilità di provare il titolo. Avrete cercato “U-boot recensione”, e vi sarete ritrovati davanti questa pagina. Vi stavo aspettando. Mettiamoci comodi, perché dobbiamo fare una lunga chiacchierata.

La scatola senza fondo

L’esperienza di U-boot comincia nell’apertura della scatola e nel defustellamento. Sul vostro tavolo si andrà ad impilare quella che noi del mestiere chiamiamo “una mezza vagonata” di token di varie forme e colori, alcuni simili tra di loro, alcuni a doppia faccia, tutti assolutamente incomprensibili a una prima occhiata, ma facilmente distinguibili e separabili, con illustrazioni stilizzate ma adattissime ai loro scopi una volta apprese le meccaniche che li governano.

Alla fine di tutto questo defustellare avrete tra le mani pure un righello, un goniometro, e uno strano aggeggio fatto da tre dischi e una lancetta, che avrete colto essere il famoso regolo d’attacco, e comincerete molto velocemente a riconsiderare tutte le scelte della vostra vita che vi hanno portato a questo singolo momento.

Ma non c’è tempo per i dubbi, perchè il vostro prossimo compito sarà dare un senso a quelli che identificherete come i pezzi del mastodontico sottomarino che dovrete montare, e in futuro pilotare con profitto. Onestamente ho visto istruzioni più chiare per creare origami super complessi come rose o draghi che acquisiscono autocoscienza una volta completati, ma dopo un paio di tentativi falliti, diverse diottrie perse per distinguere i pezzi sul manuale e qualche pezzo di nastro adesivo a tenere insieme le varie sezioni (non obbligatorio, ma sinceramente raccomandato dal sottoscritto), potrete appoggiare al centro del vostro tavolo un imponente bestione di circa novanta centimetri, per rendervi dunque conto che:

  1. Ora capite quelli che si comprano il SUV.
  2. Sul tavolo non ci sta più niente. È ora di cambiarlo con uno molto più grande.

Ora tocca alle plance, ipertrofiche e con un sacco di sezioni a prima vista assolutamente indecifrabili come più o meno qualsiasi altra componente abbiate affrontato fin ora, ma per usare le parole del poeta Alongi, “Belle da Dio”. Ognuna infatti è decorata da illustrazioni realistiche di quella che potrebbe essere tranquillamente la scrivania di ognuno degli uomini che ricoprirebbe il ruolo che rappresenta, dalle carte e gli appunti del Capitano, agli strumenti del Direttore di Macchina, con tanto di indicatori mobili di velocità e profondità del sottomarino. A completarle ci sono le tessere equipaggio, una per plancia con sopra quattro marinai per ognuna delle due facce. Questi uomini dallo sguardo fiero sono i soldati di cui sarete responsabili durante la navigazione.

Passando alle carte, leggere e un po’ preoccupanti dal punto di vista della resistenza al mischiaggio e alla manipolazione, troverete carte Evento, Morale, Ferita, e del Direttore di Macchina. Tutte queste carte andranno a gestire diverse situazioni di gioco, e presentano un layout di semplice comprensione e testi chiari. Discorso a parte per il discorso delle Carte del Capitano, per cui la scelta di stampare il testo in corsivo per dare il senso dei discorsi di incoraggiamento è sicuramente stilisticamente e tematicamente interessante, ma veramente poco amichevole da un punto di vista dell’utilizzo e della lettura del testo.

Avrete tra le mani anche un bel plico di carte, contenente le mappe da utilizzare durante le missioni, il registro del capitano, il terrificante antenato del foglio excel da usare come cifrario per i messaggi criptati del codice Enigma, e un bello schema riassuntivo di ogni ruolo utile ad evitare attacchi di panico durante le partite. Tutti questi fogli hanno uno stile deliziosamente retrò, e per evitare di rovinarli vi consiglio di farvi qualche fotocopia da usare durante le partite.

È ora di parlare della plastica e delle amate&odiate miniature, qui rappresentanti l’equipaggio, con la gradevole soluzione di dividere i vari marinai in base al colore e alla forma geometrica della basetta, ognuno per altro scolpito in maniera diversa. Pur non essendo ricche di dettagli, fanno sicuramente la loro figura e sono discretamente solide e maneggevoli, così come i busti che andranno a fungere da token per i tracciati comando del Capitano. Ad abbellire il sottomarino ci saranno anche i due cannoni e la torretta da montare sul ponte superiore.

L’impatto scenico del tavolo apparecchiato per giocare ad U-boot è incredibile. Con l’app aperta sul device del primo ufficiale, siete pronti ad immergervi (AH!) nell’esperienza di gestire l’equipaggio di un sottomarino tedesco. Tutto splendido. Ah, ci sono ancora SETTANTA PAGINE DI MANUALI (50+20) DA LEGGERE.

La complessa eleganza di un cilindro di ferro subacqueo.

Come dicevo in apertura, se siete arrivati a leggere questa recensione adesso è perché siete curiosi di capire se questo gioco fa per voi. Sicuramente avrete sentito parlare della complessità di U-boot e del suo mastondontico regolamento, e questo è un punto che merita di essere affrontato.

Sicuramente il regolamento è lungo, prolisso, difficilmente digeribile, pieno di eccezioni (Un po’ come questa recensione). Ogni ruolo rappresenta un gioco a sé stante, e tra poco affronteremo le basi di ciascuno di essi. Quello che vi posso consigliare, è di prendervi  il vostro tempo e provare a leggere integralmente il regolamento, una sezione per volta. Vi consiglio poi di dare un’occhiata su youtube sia ai video tutorial, sia ai playthrough messi a disposizione dagli autori. In ultimo, per quanto sia un’esperienza da sangue dalle orecchie, prima lanciarvi nell’impresa titanica di fare i tre quarti d’ora abbondanti di spiegazione al vostro futuro equipaggio, che andrà opportunamente legato alle sedie e privato di dispositivi elettronici, fate una partita in solitario, quantomeno la missione tutorial.

La buona notizia, però, è che dietro la sua difficoltà da riscontrare nell’incastro delle sue numerose componenti, U-boot è un gioco fondamentalmente lineare ed elegante, e neanche così complesso. Data l’impossibilità di entrare nel dettaglio delle regole in questa sede, cercherò di darvi il quadro generale: quasi tutte le azioni volte alla gestione del sottomarino sono rappresentati dagli “Ordini” a disposizione del Capitano, che scatenano il seguente ciclo:

  • Il Capitano impartisce un Ordine, spendendo un punto sul tracciato ordini o morale.
  • I giocatori degli altri ruoli verificano che sia possibile eseguire l’ordine. Questo viene determinato dalla presenza di membri dell’equipaggio con specifiche capacità sulle sezioni appropriate del sottomarino.
  • Se è necessario viene eseguita una Mobilitazione, per cui è possibile modificare la posizione dell’equipaggio nel sottomarino.
  • Una volta che è possibile eseguire l’ordine, viene speso un’altro punto ordine o morale, e i relativi marinai vengono “attivati” (a tutti gli effetti “stancati”, in quanto ciascuno può gestire solo un determinato numero di attivazioni). Se necessario l’effetto dell’ordine viene registrato nell’applicazione, che reagisce presentando un esito un timer di attesa del completamento dell’ordine, che va esaurito prima di impartire il successivo.

Ognuna di queste fasi comporta ovviamente tutta una serie di considerazioni da fare, risorse da impiegare, e conseguenze da gestire. E U-boot si può riassumere fondamentalmente in questo: un sistema di cause ed effetti gestito da un timer che scorre in continuazione, a cui ognuno dei giocatori deve prestare estrema attenzione per evitare disastri dovuti a una mancanza di risorse necessarie in un determinato momento che erano sotto la sua responsabilità.

Onori e oneri del Capitano

Come spiegato in precedenza, la funzione principale del capitano è di impartire gli ordini, avendo cura di conoscere in maniera quantomeno generale le funzionalità degli altri ruoli al tavolo. A lui tocca il peso di gestire il morale dell’equipaggio, la meccanica che vi porterà il più velocemente al game over fra tutte se non controllata a dovere, che utilizza tra le altre cose i tre mazzi di carte morale, che contengono tutta una serie di spiacevoli conseguenze all’affaticamento dei marinai.

Gli uomini del capitano sono generalmente addetti al controllo dei sistemi di monitoraggio e delle armi del sottomarino.

Ufficiale di rotta, tra matite righelli e coltelli

L’ufficiale di rotta, sorpresa sorpresa, si occupa del movimento e direzionamento del sottomarino. A sua disposizione avrà righello e goniometro, con cui tracciare sulle mappe fornite con il gioco delle righe che permettano al sottomarino di muoversi senza intoppi dal punto A al punto B, avendo cura di comunicare i gradi effettivi di virata in caso di cambio di direzione. Inoltre a seconda della velocità del sottomarino sarà anche in grado di calcolare il tempo di percorrenza di tali tratte. La mappa quadrettata sulla sua plancia servirà inoltre a tenere traccia tramite le miniature a disposizione della presenza di eventuali bersagli.

L’ufficiale di rotta gestisce anche il regolo d’attacco, meglio conosciuto come “Marchingegno dello Dimonio”, ovvero il sistema che permette di calcolare la posizione del sottomarino rispetto ai bersagli dei suoi attacchi, per determinare se sono in linea di tiro o meno.

L’ultima meccanica dell’ufficiale di rotta, come se non ne avesse abbastanza, è quella della preparazione dei pasti: tramite un sistema di combinazione dei token a disposizione sulla plancia potrà infatti decidere che pasto somministrare all’equipaggio quando viene ritenuto necessario. Il numero di ingredienti impiegati ha effetti variabili sul recupero del morale dell’equipaggio, che noterete non essere particolarmente ben disposto al continuo consumo di panini al tonno.

I marinai agli ordini dell’ufficiale di rotta sono adibiti all’osservazione in plancia, all’utilizzo del cannone da 20mm, alla preparazione dei pasti e all’utilizzo del sestante.

Primo ufficiale, l’interfaccia uomo-macchina

Il primo ufficiale sovverte una regola fondamentale di molti tavoli di gioco, infatti lo vorrete il più possibile attaccato allo schermo del suo device (La modalità aereo salva amicizie e vite) a gestire le informazioni da dare all’app e a riportare le direttive fornite da quest’ultima riguardanti obiettivi, nemici, e stato di completamento degli ordini, nonché la sempre graditissima pesca delle carte evento.

Inoltre il primo ufficiale è responsabile delle azioni di primo soccorso: le ferite infatti riducono il numero di attivazioni disponibili per i vari uomini dell’equipaggio, e il primo ufficiale ha a disposizione le risorse per trattare le diverse condizioni mediche e liberare gli slot attivazione dei feriti.

Gli uomini del primo ufficiale gestiscono il codice enigma, l’idrofono, la navigazione, il cannone da 80mm e le operazioni di primo soccorso.

Direttore di macchina, AKA salvatore della baracca

I sottomarini, si sa, sono posti tranquilli. Del resto è assolutamente naturale che dei grossi tubi di metallo carichi di gente e roba molto esplosiva si aggirino per le profondità marine, ed è improbabile che qualcosa vada storto. I guasti (Condizioni tecniche) sono semplicissimi da riparare, e figuriamoci se qualche disastro più grave (Condizioni ambientali) può causare, chessò, il ferimento o addirittura la morte di qualche povero disgraziato che non sappia gestire la situazione a dovere.

O sia mai che sia necessario riparare al volo una falla nello scafo, magari risolvendo un puzzle che faccia incrociare gli occhi per ricostruire una parte del sottomarino al volo, prima che tutto l’equipaggio diventi una salsa di marinaio a causa della depressurizzazione.

Se non si fosse capito, il compito del Direttore di Macchina è far trottare come cavalli i suoi uomini, tendenzialmente adibiti alle riparazioni e alle operazioni di gestione delle immersioni e variazioni di profondità.

Questo è solo un sommario delle idee e delle meccaniche dietro ai vari ruoli di gioco. Ci sono ancora diverse meccaniche periferiche da considerare all’interno dell’economia di gioco, ma per quelle vi rimando al regolamento completo.

E quando lo giochi?

Partiamo parlando della app e dell’esperienza fornita, ci troviamo di fronte a un piccolo miracolo di automatizzazione di sistemi che se fosse stato necessario gestire manualmente avrebbero causato innumerevoli crisi isteriche. L’interfaccia ha ricevuto alcuni aggiornamenti che hanno migliorato la qualità della vita nel tempo, e nonostante non sia super ottimizzata per molti dispositivi l’esperienza di gioco scorre fluida e senza intoppi sui device ragionevolmente “moderni”.

Il gioco è punitivo, claustrofobico, cooperativo nella sua forma più pura, in quanto tutti i partecipanti devono essere sul pezzo dall’inizio alla fine della partita, pena gettare alle ortiche i progressi conseguiti nelle missioni. Col gruppo giusto le sessioni si chiudono piene di soddisfazione e una discreta sensazione di meraviglia per aver affrontato un’esperienza così particolare e atipica.

Giocare ad U-boot è a tutti gli effetti la rappresentazione ludica del navigare un mare in tempesta. L’atmosfera di pericolo costante è palpabile fin dall’inizio delle missioni, e il senso di leggero disagio è anche coadiuvato dal setting, considerato che per una volta ci troveremo dalla parte sbagliata della storia, dovendo interpretare l’esercito tedesco durante la seconda guerra mondiale.

Tutte queste considerazioni mi hanno portato ad amare e ad odiare il gioco contemporaneamente. Se da un lato ci troviamo infatti di fronte a quello che è di gran lunga l’esperimento di ibridazione tra videogioco e gioco da tavolo più riuscito degli ultimi anni, dove andiamo a prendere un tema che richiede delle meccaniche che permettano di gestire una quantità enorme di dettagli e lo uniamo a un sistema che permette di inserire una componente randomica che non sia posticcia e governata da sistemi che hanno decisamente fatto il loro tempo, dall’altro imparare a giocare ad U-boot e portare avanti più di una partita con un gruppo che non sia totalmente dedito alla causa è un’impresa titanica. Il divertimento c’è, la bellezza delle meccaniche è indiscutibile e quando tutto gira come un ingranaggio sembra quasi un sogno, ma tutto questo ha un muro di sbarramento altissimo da superare, che ha reso estremamente difficile intavolare il gioco per delle prove e dare un giudizio ragionato sul suo effettivo target e su ciò che ha da offrire.

Mi sono addormentato otto paragrafi fa.

Tiriamo le somme: Ci troviamo di fronte a un gioco unico, interessante, ben riuscito, ma dal prezzo altissimo e dalla curva di apprendimento lenta e difficile come una scalata di una ripida parete, che richiederà al vostro gruppo di gioco molto più che l’affiatamento utile ad affrontare i normali cooperativi come Pandemic o ad affrontare partite interminabili ai vostri german spaccacervello preferiti.

Il mio consiglio è di trattare il gioco come un Legacy Game. Che decidiate di affrontarlo senza impegno a partite singole o di imbarcarvi (AH!) nella modalità campagna, formate un gruppo con persone spinte dallo stesso interesse verso il gioco e dividete l’acquisto. Mettetevi d’accordo per ciclare i ruoli, e studiate approfonditamente quello con cui volete iniziare. In questo modo l’esperienza di condivisione e cooperazione sarà molto più forte di quanto non riesca già a renderla il gioco, e penso di poter dire con certezza che non resterete delusi.

Posso dare anche una calda raccomandazione a chi è semplicemente affascinato da tutto quello che è stato detto finora, ma qualora decidiate di affrontare questo bestione nella speranza di intavolarlo con un gruppo convinto sul momento, preparatevi a prendervi un sacco di tempo per approfondire il gioco a dovere da soli.

Se invece siete giocatori competitivi, neofiti, o alla ricerca di esperienze più volte allo svago, U-boot probabilmente non farà mai per voi. Ci sono delle esperienze in cui accettare pacificamente che ci troviamo di fronte a un boccone troppo grande, e in ultima analisi U-boot è stato questo anche per me, un gioco che è uscito moltissimo dalla mia comfort zone e ho trovato difficilissimo da comprendere e valutare. Non di meno, sono grato di aver provato un’esperienza così particolare, e spero in futuro di trovare un titolo che rappresenti la giusta via di mezzo tra l’utilizzo di app come orpello decorativo e la possibilità di approfondire meccaniche adatte a generi molto specifici.

Grazie di aver letto questa lunghissima recensione, e grazie a Cranio Creations per la copia review.

This post was published on 20 Ottobre 2019 9:53

Luca Trevisani

Programmatore di giorno, teatrante la notte, sopravvive alle intemperie della vita giocando e facendo giocare. Ci crede tantissimo che un giorno diventerà Game Designer, ma nel frattempo osserva affascinato il rapporto tra le persone e le esperienze ludiche.

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