Non ho mai avuto nessuna consapevolezza dell’esistenza de “L’isola di Fuoco” fino alla recente publicazione in italia della nuova edizione ad opera di Asmodee. Ho diversi ricordi dei giochi da tavolo giocati da bambino, quando la mia passione era ancora acerba, poco analitica e difficilmente a qualcuno interessavano le mie seghe mentali raffinate elucubrazioni a riguardo.
Ho un ricordo molto vago delle esperienze avute con i vari Brivido, Il castello incantato, e altri giochi da tavolo indirizzati a un pubblico giovanissimo e pieni di elementi fisici che li avvicinavano molto all’idea di giocattoli, piuttosto che a quella che oggi associamo al gioco da tavolo. La sensazione rimasta negli anni è più legata alle storie e agli scenari che mi piaceva creare con gli elementi di quei giochi che all’effettivo valore come giochi da tavolo, e affidandomi alla mente alveare del mio gruppo di gioco, ho scoperto di non essere stato solo in questi primi approcci.
Questo per dire che la sensazione che si prova prendendo in mano L’Isola di Fuoco è difficilmente ascrivibile a quello che oggi sentiamo aprendo, defustellando e immergendoci nei regolamenti che in quanto giocatori scafati andiamo a cercare di volta in volta, ma è più simile a quell’emozione del giocattolo nuovo, un mondo di meraviglia slegato dalle regole e dalle aspettative di una produzione e alimentato dalla fantasia e dal desiderio della scoperta.
Aprendo la scatola del gioco da bambino, avrei probabilmente dato di matto.
I tre componenti principali dell’isola sono dei plasticoni dai colori vibranti, con stradine, cunei rocce, e bivi che dividono l’isola in zone differenti e distinte in cui far muovere le miniature dei nostri avventurieri, che per quanto estremamente piccole vantano un livello di dettaglio e similitudine ai disegni dei personaggi riportati non indifferente per il tipo di gioco di cui stiamo parlando.
Mano a mano che andiamo ad aggiungere i ponti e scale di plastica e le palme,e soprattutto le biglie che lanceremo verso gli altri giocato, l’isola acquisterà sempre più tridimensionalità e vita, fin all’aggiunta finale del gemmone che rappresenta il cuore di Vul-kar, il tremendo vulcano dalle cui fauci verranno sparate biglie per tutta la partita, e dell’imponente Vul-kar stesso non mi trattengo dal dire che la presenza al tavolo del gioco è davvero bella e maestosa.
Avrete poi da darvi da fare a defustellare tutti i segnalini dei tesori, belli spessi e solidi, e a costruire le fauci in cui mettere i tesori perduti, nonchè l’elicottero con cui gli avventurieri arriveranno e scapperanno dall’isola, che a livello di gioco rappresenta nient’altro che una casella in più fuori dall’isola, ma aggiunge un tocco di giocosità al set di componenti.
I tre tipi di carte che avremo a disposizione Azione, Souvenir e Fotografia sono ben distinguibili tra di loro, chiare nei testi degli effetti e nei simboli delle azioni a cui danno accesso. Apprezzabile anche che le carte Azione Cataclisma abbiamo una distinzione grafica dalle azioni regolari.
Dopo aver effettuato il setup piazzando casualmente i trentasei gettoni tesoro, che mentre si compie l’atto sembrano trecentosessanta (quindi fatelo fare ai vostri pupi, con la scusa di insegnare loro il valore della pazienza), ad ogni giocatore vengono distribuite due carte azione.
I giocatori partiranno tutti dall’elicottero,effettuando il primo movimento sulla casella eliporto, per poi andare ognuno per la propria strada. Finchè non sarà ora di rubarsi i tesori a vicenda ovviamente.
Il turno del giocatore si svolge così:
Nel caso la miniatura di un giocatore venga abbattuta da una palla lanciata da un altro giocatore, dovrà consegnare uno dei suoi tesori a quest’ultimo. Se un giocatore abbatte la sua stessa miniatura dovrà piazzare uno dei suoi tesori nelle fauci.
La fase finale della partita si attiva nel caso un giocatore riesca a scattare tre foto di tipo diverso in giro per l’isola, o se tutte le palle di fuoco sono state piazzate nella cicatrice dell’isola dopo aver giocato nove carte cataclisma.
A questo punto i giocatori potranno tornare sull’elicottero e fuggire, oppure dopo due giri di tavolo verranno lasciati sull’isola a subire la furia del terribile vulcano.
Il conteggio dei punti sarà dato delle fotografie e dei vari tesori in possesso dei giocatori, il valore dei quali aumenterà per ogni tesoro dello stesso tipo raccolto.
No, onestamente no.
Partiamo dalla domanda fondamentale: sotto l’abbondante plastica de L’isola di Fuoco si nasconde un buon gioco? Sì. Ed è anche un gioco che proporrei alla prole o a bambinume vario se ne avessi a portata di mano e avessi la necessità di impegnarlo per quaranta minuti.
Ha un sacco di elementi interessanti dalla sua: gestione della mano, qualche spolvero di destrezza, un buon stimolo logico nel decidere i percorsi con cui esplorare l’isola. Il gioco scorre veloce e in allegria, offrendo anche ai giocatori più grandicelli un bel momento di leggerezza e la possibilità di essere malvagi nell’utilizzo dei tizzoni da scagliarsi addosso, nonchè la possibilità di prendersi a male parole quando si va strategicamente a rubare un tesoro che era nel mirino degli avversari. Ho apprezzato anche molto l’utilizzo del random solo nell’esplorazione delle caverne, che lascia un buon retrogusto quando si riesce a mettere in atto il passaggio da una caverna all’altra nella maniera desiderata, fregando qualche tesoro in più agli avversari. In questo frangente vorrei far notare però che spesso ci è capitato che le biglie seguendo anche percorsi molto lunghi non prendano abbastanza velocità per abbattere le miniature, creando dei momenti di delusione profonda nei nostri cuori di bimbi.
Ma se per i bambini ha anche il valore di un giocattolo, su cui costruire mille avventure su un’isola con un vulcano senziente (E buona fortuna a togliergli il trauma), per un gruppo di adulti difficilmente può rappresentare qualcosa di più che un tuffo nostalgico nel passato, in quanto le scelte significative durante il gioco sono ridotte ai minimi termini.
A tenere vivo il gioco, dunque è sicuramente l’entusiasmo di chi è seduto al tavolo con voi, e la voglia di abbandonare regolamenti complessi in favore di un’esperienza più caciarona, seppure vi ritroverete matematicamente con dei compagni che riusciranno ad andare in paralisi da analisi nella speranza di trovare la mossa giusta per rubarvi il cuore di di Vul-kar(Vero Andrea?).
Ipotizzando però che non siate un gruppo di trentenni che sta provando un gioco consigliato dagli otto anni in su con l’obiettivo di recensirlo, è il regalo giusto per i vostri pupi, considerando anche il prezzo di sessanta euro?
Da un punto di vista puramente “giocoso” mi sento di dire di sì. Questo gioco, per dirla come Marie Kondo, crea gioia. È un’attività coinvolgente per un bambino, un setting affascinante, e un momento di divertimento “attivo”. Dal punto di vista di un genitore/giocatore che cerca di avvicinare la propria progenie all’hobby, però, sarei più combattuto. La poca complessità non verrebbe a noia in poco tempo, ma non lascerebbe spazio neanche a un’ipotetica crescita dell’interesse del pupo. Se il vostro obiettivo è creare un futuro compratore compulsivo, vi consiglio di dare un’occhiata alle recensioni del nostro Luca, che in quanto educatore se ne intende di come crescere i vostri figli secondo i vostri terribili piani.
L’Isola del Tesoro è un onesto giocattolone da tavolo, piuttosto costoso per quello che offre. È una bella idea regalo per un collezionista nostalgico, con l’idea di fare una partita di tanto in tanto, e per dei bambini fantasiosi che vedranno qualcosa oltre le regole del gioco, pronti a perdersi nelle tortuose strade dell’isola e a sfidare Vul-kar con i loro amici e l’immaginazione. Per i giocatori abituali e le famiglie che stanno crescendo dei futuri adepti dell’hobby, il mercato fornisce innumerevoli opzioni più interessanti, sia nostalgiche che non.
Ringraziamo Asmodee Italia per aver fornito la copia recensita.
This post was published on 3 Settembre 2019 16:38
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