Dopo aver spacchettato Battle For Rokugan volevo mettermi le mani nei pochi e strapparmeli tutti uno a uno.
Segnalini! Una montagna di segnalini, 10, 20, 100, 250… 400 e passa! Tutti mescolati assieme, tutti di colore diverso, tutti da dividere.
Nota: certo avrei potuto ordinarli mentre li staccavo dalla griglia di cartone, ma che volete… Nessuno è perfetto.
Comunque sia, l’immensa mole di segnalini mi ha fatto subito pensare a un mega giocone super infinito. Invece vi devo dire che, pur mantenendo una certa piacevole complessità, Battle For Rokugan è abbastanza veloce, e soprattutto divertente.
Ma andiamo con ordine.
Battle For Rokugan è distribuito da Asmodee, gli autori sono Molly Glover e Tom Jolly, i quali consigliano di avere almeno 14 anni per gustarsi appieno le atmosfere orientali del gioco, che, per inciso, si possono assaporare da un minimo di 2, a un massimo di 5 giocatori.
Per poter affrontare questa difficile prova ho chiesto l’aiuto di veri e propri esperti. Buegrasso non poteva mancare. È un po’ tonto certo, ma è il mio “combattente, ma severo, coraggioso e battagliero”. Esperto di scherma medievale e robe affini, chi meglio di lui?
Giulio Giammario, da San Francisco, era con noi in video-conferenza (lo odiamo tutti perché vince sempre, per insultarlo gli blocchiamo momentaneamente l’audio e auguriamo a lui e alla sua progenie ogni genere di male intestinale). Infine, ci siamo affidati alla preziosa consulenza di Tat “Inoki” Tiana, esperta di anime e, conseguentemente eletta a somma luminaria per tutto ciò che riguarda il Giappone e l’oriente in generale.
Ma bando alle ciance e partiamo.
C’erano tutti? E che ne so, mica mi sono messo a contare oltre 400 segnalini… Durante le partite comunque non è mancato nulla. Quindi possiamo dire di sì, bravi!
La scatola è un misero quadrato troppo angusto per contenere: plancia, schermi giocatori, carte e tesserini.
Inoltre non ci sono bustine. Ho passato una mezz’oretta buona a dividere tutti i segnalini -ho usato i sacchetti gelo per conservarli. Quest’operazione è una scelta obbligata, altrimenti ogni volta che si prende il gioco si rischia d’impazzire.
Ma dico io: vi costa davvero così tanto regalare ai giocatori un paio di bustine di plastica? Madoska che tirchieria!
Questa è l’unica nota negativa sui materiali. Per il resto il gioco è fatto molto bene.
Esteticamente mi piace, la plancia si presenta egregiamente – che parolone -, forse c’è una leggera sovrapposizione di colori tra segnalini e terreni, ma non molto rilevante. Gli schermi del daimyo sono pratici ed eleganti, i segnalini chiari e leggibili, le carte piacevoli al tatto.
“Il vento agitava i vessilli che formavano una fila colorata […], i fedeli samurai del Clan tenevano la mano pronta sull’impugnatura della spada […], gli shugenja del Clan iniziarono a intonare un canto […] non cedete di un passo, soldati! Per l’imperatore! Per Rokugan!”
Se non fosse abbastanza chiaro parliamo di Giappone medievale, quindi: ninja, samurai, daimyo, gli impronunciabili shugenja (saranno dei maghi o qualcosa del genere) e, naturalmente, il tema centrale del gioco. La lotta tra i clan per la conquista di Rokugan, un immaginario territorio già presente in Legend of the Five Rings e in alcune ambientazioni di D&D.
In realtà l’atmosfera giapponese sfiora solo marginalmente il gioco che potrebbe essere adattato al fantasy europeo o a un’ambientazione di guerra moderna, senza che la meccanica ne risenta minimamente.
Fatto sta che ci troviamo tra i monti, le pianure e le terre dell’Ombra di Rokugan, e qui dobbiamo mettere alla prova le nostre abilità strategiche per ottenere tanto onore e, conseguentemente, la vittoria finale.
Ogni giocatore controlla un Clan tra – ve li elenco perché mi piacciono molto – Granchio, Gru, Dragone, Leone, Fenice, Scorpione e Unicorno, e riceve due tipi di segnalini: esercito e controllo, lo schermo del daimyo proprio del suo clan (ogni clan ha un’abilità speciale indicata in alto sullo schermo), un obiettivo segreto e una manciata di carte (esploratori e shugenja).
Si posiziona la plancia di gioco al centro del tavolo. La mappa di Rokugan è divisa in province, che a loro volta formano 7 territori relativi ai 7 Clan del gioco e 2 territori speciali della “Terra dell’Ombra”.
A ogni territorio, che può essere costituito da 3 o 4 province (le Terre dell’Ombra fanno eccezione), corrisponde una carta speciale “Carta territorio” che si può ottenere controllando tutte le province di uno stesso territorio.
Queste carte vanno posizionate attorno alla mappa di Rokugan.
I giocatori hanno a disposizione un certo numero di segnalini controllo che, uno alla volta, andranno posizionati in una qualsiasi provincia della mappa (un segnalino controllo va posizionato sempre sulla capitale del proprio territorio).
Un po’ di pazienza. A questo punto il gioco si svolge in una serie di 5 round che a sua volta sono composti da 3 fasi ciascuno.
In questa fase si determina il primo giocatore e si pescano, fino ad averne 6, i segnalini combattimento che precedentemente erano stati radunati e mischiati a faccia in giù accanto al proprio schermo del daimyo. In questa fase si possono giocare, se si possiedono, le carte territorio.
Si tratta della parte centrale del gioco, i giocatori devono posizionare i segnalini combattimento sulla mappa per attaccare, difendere, razziare, pacificare e bluffare creando confusione in tutta Rokugan.
Ogni segnalino ha delle caratteristiche peculiari e segue delle regole di posizionamento specifiche e rigorose (se si sbaglia a posizionare un segnalino, questo viene scartato nella fase successiva).
Ci sono 7 diversi segnalini combattimento.
Si risolvono i segnalini combattimento che i giocatori hanno posizionato sulla mappa. Niente di più, niente di meno. La logica con cui questo avviene è spiegata molto bene nel manuale che, nonostante sembra essere stato scritto da lillipuziani, descrive tutto in maniera molto precisa. Una volta risolte le battaglie, bruciate o pacificate le province, si possono rivendicare le carte territorio – bisogna controllare tutte le province di un singolo territorio. Fatto questo si avanza al turno successivo.
Nel nostro caso sempre Giulio Giammario, per questo gli auguriamo sempre il peggio, ma per essere sicuri che non si sia eletto vincitore ad capocchiam, controlliamo i suoi punti onore.
I punti onore si ottengono controllando le province più fighe della mappa, in base a quante carte territorio si possiedono e con la ricompensa prevista dal proprio obiettivo segreto, se raggiunto.
Il gioco è un mix molto ben riuscito di risiko e diplomacy senza la componente aleatoria del primo e la rigidità del secondo. Il segnalino bluff e le regole di posizionamento dei segnalini combattimento consentono di intavolare diverse strategie di gioco dove anche l’inganno assume un ruolo molto importante.
Le partite sono abbastanza bilanciate e non permettono a un giocatore di prendere un vantaggio troppo largo. A ogni turno si posizionano solo 5 segnalini combattimento che danno la sensazione di essere pochi rispetto alle azioni che si vorrebbero compiere, ma che tutto sommato permettono di avere sempre delle mappe molto equilibrate.
Le carte territorio possono essere importanti – secondo me mai fondamentali – e alcune sembrano decisamente più potenti di altre. La cosa di per sé non è grave, queste carte sono accessibili a tutti e, sapendo che alcuni territori sono più fruttuosi di altri, nulla vieta di indirizzare verso questi territori la propria strategia.
Restano le carte esploratore e le carte shugenja che tutti riteniamo essere un’aggiunta abbastanza inutile. Non spostano molto e sono praticamente tutte uguali, quindi il vantaggio ottenuto giocando una di queste carte, si perderà non appena la stessa carta verrà giocata da un altro giocatore.
Buegrasso che non ama i giochi di guerra (lui la guerra la fa per davvero, con armatura, spada e scudo), e che temeva che il gioco lo annoiasse quanto la vista al cinema di Pacific Rim e il suo immortale seguito, ha trovato l’esperienza abbastanza piacevole.
Giulio Giammario lo abbiamo silenziato appena ha cominciato a spiegarci la strategia con cui era inevitabile che primeggiasse su tutti (il gioco lo ha trovato semplice, ma carino).
La nostra nippofila Tat “Inoki” Tiana, che sperava di immergersi in un mare di orientitudine, è rimasta un po’ delusa, ma ha comunque lodato la veste grafica: complimenti al responsabile grafico Brian Schomburg, e la velocità delle partite che in 2 giocatori è molto inferiore ai 90 minuti indicati sulla scatola e giusta quando si gioca in 4 o 5.
A me personalmente il gioco è piaciuto, subito dopo la prima partita m’è venuta voglia di approfondirlo con una nuova giocata. Si tratta di un gioco dalla complessità non eccessiva, ma neanche troppo banale, che mi piace avere a portata di mano, magari in una calda serata d’estate.
This post was published on 5 Giugno 2019 15:46
Si prospetta una nuova ennesima rivoluzione per le connessioni video: il formato HDMI 2.2 è…
La celebre "Naruto run" diventerà parte integrante del nuovo capitolo di Assassin's Creed in uscita…
Arriva la conferma sull'interprete del villain Skeletor, nel prossimo live action in sviluppo dedicato al…
Una grande e felice sorpresa: Carlo Conti chiama a Sanremo 2025 una delle più chiacchierate…
Allo stato attuale delle cose è del tutto inimmaginabile vivere senza una connessione internet ed…
Il 2024 videoludico è agli sgoccioli, bisogna già pensare al 2025 con questi titoli non…