Con l’avvento di internet e la diffusione sempre più massiccia dei social network, quali YouTube, Instagram, TikTok e compagnia bella, sempre più persone hanno avuto la possibilità di interfacciarsi questo mondo interamente digitale, che in buona parte dei casi è diventato un lavoro a tutti gli effetti per alcune persone che hanno perseverato e creduto in questo ecosistema del mondo contemporaneo. Molti di questi influencer tendono anche a promuovere determinate tipologie di prodotti: tuttavia è emerso da delle recenti analisi che molti di questi non rispettano una determinata legge molto importante.
Dal 2004 – anno di nascita di Facebook – fino a oggi, di acqua sotto i ponti ne è passata parecchia: il mondo dei social si è pesantemente evoluto, diventando sempre più variegato e se all’inizio questi erano dei semplici strumenti con cui rimanere in contatto con le persone, man mano sono diventati sempre di più un lavoro per molti. A riguardo basti pensare a YouTube, che ha visto l’affermarsi di influencer e creatori di contenuti in maniera massiccia: facendo qualche esempio, abbiamo Mr. Beasts, Pewdiepie oppure KSI (per citare quelli più famosi a livello internazionale).
Molti di questi hanno quasi sempre portato video di reaction o di sfide di vario genere: soprattutto Mr. Beasts, che ha speso anche moltissimi soldi per la loro realizzazione. Tuttavia vi sono anche altri content creatore e influencer che sono diventati parecchio famosi grazie alla loro attività promozionale di varie tipologie di prodotti: proprio di recente vi è stata un’indagine condotta a livello europeo, che ha messo in evidenza come nell’80% dei casi molti di loro non dichiarino esplicitamente la realizzazione di contenuti multimediali aventi una finalità pubblicitaria.
La suddetta indagine ha messo in evidenza una situazione che potremmo definire come “grigia”. Infatti con essa sono state messe in evidenza diverse irregolarità, che riguardano diversi elementi inerenti alla pubblicizzazione e promozione di determinate tipologie di prodotti.
Infatti il 30% degli influencer non dà le informazioni essenziali delle aziende che producono i prodotti promossi nei loro post (con ciò si intende, per esempio, l’e-mail o il nome dell’azienda stessa). Successivamente almeno il 38% non fa uso delle etichette specifiche richieste per questa tipologia di operazione come “partnership a pagamento” su Instagram o “inserimento di prodotti promozionali” su YouTube, ricorrendo invece a termini non così tanto specifici come “collaborazione” o “partnership”.
Dopodiché, e forse questa è la cosa più grave, il 60% non dichiara in maniera diretta la natura pubblicitaria e promozionale dei loro contenuti. Insomma, la situazione non è poi così tanto delle migliori e ciò dovrebbe far capire come ci debba essere maggiore regolamentazione a riguardo, al fine di tutelare le persone comuni e anche quei creatori di contenuti e influencer che svolgono un lavoro impeccabile e che rispettano le regole.
This post was published on 23 Febbraio 2024 7:30
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