Stavolta è la scienza stessa a raccomandarlo.
Un nuovo studio sembrerebbe dimostrare che pazienti che soffrono di disturbi da stress post-traumatico beneficerebbero di una terapia a base di magnesio e ibogaina. Probabilmente la maggior parte di voi non ha mai sentito parlare di quest’ultima. L’ibogaina, in parole povere, è una droga o, per dirla meglio, “una molecola psicoattiva dagli effetti dissociativi presente in diverse piante, principalmente nell’iboga (Tabernanthe iboga)” come riportato da Wikipedia. Avendo comprovate proprietà allucinogene, è messa al bando in molti paesi, tra cui l’Italia. Le sue proprietà però sono sempre di più al centro di studi della comunità scientifica, proprio perché ci si sta rendendo conto progressivamente che, in minime dosi, può avere effetti benefici proprio nel trattamento della tossicodipendenza e di altri disturbi. Il PTSD sembra essere uno di questi.
Ibogaina, un rimedio inaspettato contro il PTSD?
Nolan Williams, psichiatra e direttore del Brain Stimulation Lab di Stanford si è imbattuto in resoconti di soldati veterani che hanno riscontrato benefici nell’utilizzo dell’ibogaina per alleviare le sofferenze derivanti traumi cerebrali occorsi in azione. Da lì ha imbastito una ricerca ad hoc piuttosto borderline per sondare la possibilità di un impiego terapeutico mirato di questa sostanza nel trattamento di pazienti affetti da PTSD. Questa sigla, che sta per Post-traumatic stress disorder (disturbo da stress post-traumatico) è un insieme di disturbi psicologici e del comportamento conseguenti all’aver vissuto una o più forti esperienze traumatiche e/o catastrofiche. I militari che operano sul campo sono i principali soggetti affetti da questo disturbo, che tuttavia non incorre solamente in scenari di guerra. Possono soffrirne sopravvissuti a calamità naturali, disastri legati a incidenti di mezzi di trasporto o crolli di edifici, vittime di violenza domestica, sessuale o altro tipo di violenza fisica.
I disturbi derivanti da questa condizione sono numerosi e diversificati, più o meno gravi, e spesso impediscono una vita serena ed equilibrata. Tra i sintomi più diffusi vi sono attacchi di panico frequenti e disturbi del sonno. Inoltre il PTSD spesso porta ad ulteriori complicazioni, come la caduta nel paziente in una o più dipendente, atte a cercare di alleviare i suddetti sintomi: non è raro perciò che un soggetto non curato possa cadere preda dell’alcolismo o della dipendenza da droga e farmaci, con tutte le conseguenze nefaste che tali dipendenze arrecano.
Il problema di realizzare uno studio pratico relativo ai trattamenti a base di ibogaina, è dovuto al suo status di sostanza illegale, anche negli Stati Uniti dove il professor Williams opera. Per poter mettere in atto lo studio perciò ha dovuto ricorrere ad uno stratagemma, come raccontato da Gizmodo, ovvero è ricorso alla collaborazione dell’associazione no profit VETS, che si occupa di aiutare i veterani di guerra ad accedere in modo sicuro e controllato a terapie psichedeliche; grazie all’ente il team del professor Williams è entrato in contatto con un gruppo di ex spec-ops (militari dei corpi speciali) che si stava recando in Messico per sottoporsi autonomamente ad una terapia a base di ibogaina, sostanza non vietata in quel paese. Era un’occasione da non perdere, perché il professore riponeva molte speranze nell’ipotesi degli effetti benefici di questa sostanza, ma aveva bisogno di prove concrete a supporto di questa ipotesi:
Finora è stata condotta poca ricerca sull’ibogaina, e la maggior parte di essa si è concertata sul suo utilizzo con finalità di trattamento di disturbi derivanti dall’uso di sostanze stupefacenti; ma i suoi effetti ad ampio raggio sul cervello, inclusa l’interazione con un gran numero di neurotrasmettitori e la sua possibilità di aumentare i cosiddetti fattori tropici che supportano l’abilità delle cellule cerebrali di crescere e re-intessere collegamenti, rendono plausibile l’ipotesi che l’ibogaina possa avere ulteriore potenziale terapeutico. – Nolan Williams citato da Ed Cara, A Single Dose of Psychedelic Ibogaine Might Help People With Traumatic Brain Injuries – 5 gennaio 2024
Trattamento sperimentale
Prima della loro partenza per il Messico, il team di ricerca guidato da Williams ha misurato i valori dei veterani in merito al loro livello di PTSD. Quindi ha fornito loro del magnesio, per contrastare la possibilità che l’assunzione di ibogaina potesse indurre complicazioni cardiache nei loro organismi. Infine, al loro ritorno, l’equipe di ricerca ha nuovamente misurato i valori dei soldati per sondare eventuali differenze. I risultati sono stati tanto eclatanti da indurre Williams il suo team a pubblicare i risultati della ricerca sulla prestigiosa rivista Nature Medicine. I miglioramenti nella salute dei veterani sono stati concreti e prolungati nel tempo, e ciò deve far riflettere sull’opportunità di rendere possibile lo studio sistematico e rigoroso delle possibili applicazioni di questa sostanza in ambito medico.
In media, un singolo trattamento con ibogaina, combinato all’assunzione di magnesio per contrastare il rischio di insorgenza di rischi cardiaci, ha portato a miglioramenti significativi nei sintomi [di PTSD, ndr] sia nell’immediatezza del trattamento sia ad un mese di distanza. Allo stesso modo, i precedenti test cognitivi hanno dimostrato un miglioramento nella concentrazione, nell’elaborazione dell’informazione, nella memoria e nell’impulsività dei pazienti, in comparazione con il loro stato pre-trattamento. (…)
Crediamo che questi risultati giustifichino la necessità di un rigoroso processo di analisi clinica double-blind [ modalità di esperimento in cui né i ricercatori né i pazienti conoscono a priori l’esito possibile, ndr] e placebo-controlled [modalità di esperimento in cui è presente un gruppo di controllo, a cui viene somministrato senza saperlo un placebo al posto del vero trattamento, ndr] da compiersi negli Stati Uniti. Ibidem
I risultati di questo test insomma sono estremamente incoraggianti ma la normativa vigente impedisce una trattazione clinica più accurata. Speriamo che, con tutte le precauzioni del caso, queste evidenza scientifica possa indurre le autorità preposte a creare le giuste condizioni affinché la ricerca possa proseguire, date le premesse particolarmente incoraggianti che questo spericolato test ha messo sul tavolo.